sabato 22 settembre 2018
La vicinanza a una comunità segnata dalle sofferenze e dal silenzio. Nel 2007 la lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi che istituisce la Giornata di preghiera
Un impegno che ha unito gli ultimi tre Papi
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«Papa Francesco, come già i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, conosce bene il bagaglio di sofferenze, di incomprensioni, spesso di silenzioso martirio che la comunità cattolica in Cina porta sulle proprie spalle. Ma conosce pure quanto è vivo l’anelito alla piena comunione con il successore di Pietro». In questo passaggio di una conferenza tenuta dal cardinale Pietro Parolin, tenuta a Pordenone il 27 agosto 2016, troviamo un’efficace sintesi dell’impegno tenace degli ultimi Papi sul complesso dossier-Cina che, in forme diverse, è sempre stato una delle principali preoccupazioni della Santa Sede negli scorsi decenni.

Eletto nel 1978 (proprio mentre Deng Xiaoping stava inaugurando la “politica dell’apertura”) il Papa polacco, fin dal 19 agosto 1979, promette: «La nostra preghiera s’indirizzerà costantemente a Dio per il grande popolo cinese». Trentacinque anni dopo, il 13 marzo 2013, Francesco, appena eletto Papa, si rivolge al cardinale John Tong, vescovo di Hong Kong dicendogli: «La Cina è nel mio cuore». In mezzo – tra il Pontefice polacco che ha contribuito ad abbattere il comunismo e il Papa “venuto dalla fine del mondo” – ecco Benedetto XVI, il quale istituì un’apposita commissione di vescovi per studiare il dossier-Cina. Si deve proprio a papa Ratzinger, nel 2007, la coraggiosa “Lettera ai cattolici cinesi”, un articolato documento che in questi anni è stato la bussola di riferimento per la vita della Chiesa in Cina. Al Papa emerito va riconosciuto un altro grande merito: istituendo la Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina (che si celebra ogni anno il 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice), ha portato la preoccupazione dei Papi per la Chiesa cinese all'attenzione della cattolicità intera, invitando in maniera forte a un’autentica e convinta solidarietà spirituale con una Chiesa da decenni nella prova: un appello che, purtroppo, a giudizio di chi scrive, non è stato sin qui adeguatamente raccolto.

Se c’è un comune denominatore tra gli Papi, è anzitutto l’immensa stima per il popolo cinese, la sua storia e la sua cultura. «Siamo vicini alla Cina. È un popolo grande al quale voglio bene», dirà papa Francesco nell’intervista al Corriere della sera, dopo un anno esatto di pontificato. Parole che riecheggiano quelle pronunciate da Giovanni Paolo II il 18 febbraio 1981 quando, durante l’incontro con le comunità cattoliche cinesi in Asia, disse: «Il vostro Paese è grande specialmente a motivo della sua storia, per la ricchezza della sua cultura, e per i valori morali che il suo popolo ha coltivato attraverso i secoli».

A Giovanni Paolo II, però, toccò digerire un boccone amaro: nel 2000, durante il Giubileo, la canonizzazione dei 120 martiri, fissata per il 1 ottobre, festa di santa Teresa di Lisiex patrona delle missioni, venne considerata un gesto ostile (il 1 ottobre ricorre anche la data ufficiale dell’inizio della Repubblica popolare cinese), al quale seguì una serie di ordinazioni episcopali illecite. L’anno dopo, Wojtyla rispose alle umiliazioni con una coraggiosa richiesta di perdono in un indimenticabile messaggio ai partecipanti al convegno su Matteo Ricci del 24 ottobre 2001.

Proprio la figura di Ricci, molto stimato in Cina (anche in ambienti non cattolici), proposta come modello dell’evangelizzazione è un altro elemento comune sui quali i tre Papi citati hanno molto insistito. Con l’obiettivo di far comprendere alle autorità cinesi che non v’è contraddizione tra l’appartenenza alla Chiesa e l’atteggiamento di servizio al bene comune. A padre Ricci Benedetto XVI ha dedicato due mirabili testi. In uno di essi, nel maggio 2009, in occasione delle celebrazioni per il IV centenario della morte del grande gesuita, definì «profetico» l’apostolato di Ricci, volto a «ricercare la possibile armonia fra la nobile e millenaria civiltà cinese e la novità cristiana». Un apprezzamento che papa Francesco ha ripreso e rilanciato, in numerose occasioni, a partire dalla prima intervista a La Civiltà Cattolica del settembre 2013.


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