sabato 8 ottobre 2016
Esce con l'edizione di Avvenire di domenica 9 ottobre il mensile "La Porta Aperta" dedicato ai temi del Giubileo straordinario della Misericordia. Questo numero dedicato alle Porte Sante diffuse ovunque
Don Ciotti: è un Giubileo da condividere
COMMENTA E CONDIVIDI
Esce con l'edizione di Avvenire di domenica 9 ottobre il mensile "La Porta Aperta" dedicato ai temi del Giubileo straordinario della Misericordia con articoli tra gli altri di Ernesto Olivero, Nunzio Galantino, Alessandro D'Avenia, Pierangelo Sequeri, Giacomo Poretti, Elio Guerriero, Alessandro Zaccuri, Mauro Cozzoli, Antonio Pitta, Marina Corradi e del parroco di Aleppo padre Ibrahim Alsabagh. Ecco l'editoriale firmato da don Luigi Ciotti. Il tema di questo numero di ottobre è la scelta delle Porte Sante diffuse ovunque, col mesaggio della "misericordia a portata di mano".

di Luigi Ciotti Che fosse un Giubileo straordinario non solo per il calendario, ma per come avrebbe declinato il tema della misericordia, cuore del messaggio cristiano e architrave della vita ecclesiale, Papa Francesco ce lo aveva fatto capire da subito, anticipando l’inizio dell’anno giubilare durante il viaggio in Africa, con l’apertura della porta della cattedrale di Bangui. Gesto straordinario, con cui ha voluto dirci che la vera misericordia non è una concessione ma un dono, che misericordia è andare incontro agli altri, è dirigersi alle periferie del mondo – urbane, geografiche, esistenziali – dove maggiore è il bisogno di dignità e giustizia. E che autenticamente misericordiosa è quella Chiesa capace di “decentrarsi”, di essere “Chiesa in uscita”, “Chiesa povera per i poveri”, uscio che chiunque può aprire perché uscio sempre aperto. Per questo si è parlato a ragione di “Giubileo diffuso”, di un Giubileo mosso dallo sforzo di accorciare le distanze e le disuguaglianze, di ritrovare una dimensione umana basata su un comune cammino dove fede e etica sono compagni di viaggio, perché se è vero che «il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini», è vero anche che il perdono, oltre a essere un dono prezioso, è una gravosa responsabilità. Chi viene perdonato deve essere in grado di perdonare, il che per un cristiano significa non solo accogliere il povero e l’escluso, ma sostenere chi, gravato dai peccati commessi, cerca una via di cambiamento e conversione: «Più grande è il peccato – ha detto il Papa – maggiore deve essere l’amore per coloro che si convertono». Di questa misericordia che si prende cura delle ferite dell’anima senza dimenticare quelle prodotte dalle logiche di potere, papa Francesco ci ha dato dimostrazione concreta con la sua presenza, ogni venerdì, nei luoghi della sofferenza, della malattia, della solitudine. Visite quasi “improvvisate”, ai margini del protocollo, segno che nella pratica della misericordia lo “straordinario” deve farsi ordinario. Ma soprattutto atti di una Chiesa che non dimentica gli orientamenti del Concilio Vaticano II (l’inizio ufficiale del Giubileo, l’8 dicembre 2015, ricordava il 50° anniversario della sua fine), e preferisce essere «accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade» piuttosto che «malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». Una Chiesa, va detto, che incontra non poche resistenze – anche al proprio interno – e che perciò bisogna sostenere con azioni concrete affinché il peso della sua profezia non ricada tutto sulle spalle di Papa Francesco. È questo impulso che ha ispirato la “Carta di Fondi”, documento con cui un gruppo religiose e religiosi, all’inizio di settembre, ha voluto delineare le coordinate del proprio impegno senza la presunzione di insegnare nulla a nessuno, ma nella speranza che tanti – tra sacerdoti, vescovi e laici – si riconoscano nei suoi obbiettivi e contribuiscano a realizzarli. Nel segno di una mai scontata fedeltà al Vangelo, testimoni credibili di una Chiesa che vuole guardare il Cielo senza dimenticare le responsabilità che la legano a questa terra.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: