giovedì 16 maggio 2013
Il Papa alla Caritas Internationalis: aiutare i poveri, è in pericolo la persona umana: “Una Chiesa senza la carità non esiste”. 
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Il Papa alla Caritas Internationalis: aiutare i poveri, è in pericolo la persona umana: “Una Chiesa senza la carità non esiste”. Con queste parole Papa Francesco ha accolto questa mattina in udienza il Comitato esecutivo di Caritas Internationalis, riunito in questi giorni a Roma per la riunione annuale sotto la presidenza del cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga. Il Pontefice ha messo in ampio risalto il lavoro svolto dall’organismo caritativo della Chiesa, in particolare in un momento in cui – ha affermato – la crisi mette in pericolo l’uomo, “carne di Cristo”. Quando lo studio della verità cristiana si rimbocca le maniche, quello è il momento in cui la verità diventa carità, una carezza data a chi è nella sventura. E questo è esattamente ciò che Papa Francesco si aspetta dal lavoro svolto da Caritas Internationalis. Voi siete – ha detto riconfermando la Caritas nel suo impegno – “parte essenziale della Chiesa”. Meglio, “l’istituzione dell’amore della Chiesa” giacché, ha soggiunto, “una Chiesa senza la carità non esiste”. Per questo, il Papa ha espresso profonda gratitudine, sottolineando come il lavoro della Caritas rivesta “una doppia dimensione”: di “azione sociale nel significato più ampio del termine” e una “dimensione mistica, cioè a dire posta nel cuore della Chiesa”: “La Caritas è la carezza della Chiesa al suo popolo; la carezza della Madre Chiesa ai suoi figli; la tenerezza, la vicinanza. La ricerca della verità e lo studio della verità cattolica sono altre dimensioni importanti della Chiesa, se la facciano i teologi… Poi si trasforma in catechesi e in esegesi. La Caritas è l’amore nella Madre Chiesa, che si avvicina, accarezza, ama”. Dopo questo primo intervento iniziale, Papa Francesco ha dato spazio ad alcune domande dei presenti, ma prima ha spiegato in che modo vada inteso l’amore cristiano, gratuito, simboleggiato dai pochi pani e pesci del Vangelo che sfamarono una folla: “Non si moltiplicarono. No, non è la verità: semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Non finirono. Quando uno dice ‘moltiplicare’ può confondersi e credere che faccia una magia… No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina”. La prima delle quattro risposte ha riguardato la crisi “molto grave” che da anni morde il pianeta, spesso in modo davvero duro: “Non è solo una crisi economica – è un aspetto – non è solamente una crisi culturale – altro aspetto – non è solamente una crisi di fede. È una crisi in cui l’uomo è colui che soffre le conseguenze di questa instabilità. Oggi è in pericolo l’uomo, la persona umana. È in pericolo la carne di Cristo. Attenzione, eh! Che per noi tutta la persona, e maggiormente se è emarginata, malata, è la carne di Cristo. Il lavoro della Caritas è soprattutto rendersi conto di questo”. Citando un midrash ebraico medievale che descrive la costruzione della Torre di Babele, Papa Francesco ha notato come nel racconto il valore dei mattoni – faticosamente prodotti uno ad uno – finisse per contare più degli operai che li fabbricavano, che rischiavano serie conseguenze in caso di spreco. Questo midrash – è stata la sua considerazione – “esprime quello che sta succedendo adesso”, l’esistenza cioè di “uno squilibrio negli investimenti finanziari”, per cui a fronte di “grandi riunioni internazionali”, “si muore di fame”: “La nostra civiltà si è confusa e invece di far crescere la creazione perché l’uomo sia più felice e sia la migliore immagine di Dio – è questo il mandato che abbiamo, far crescere la creazione - e instaura, la parola è dura, ma credo sia esatta, la cultura dell’usa e getta: quello che non serve si getta nella spazzatura, i bambini, gli anziani, con questa eutanasia nascosta che si sta praticando … i più emarginati. Questa è la crisi che stiamo vivendo”. La seconda risposta di Papa Francesco ha riguardato la sollecitudine con cui è tenuta a muoversi la Chiesa in un qualsiasi caso di necessità, simboleggiata dal gesto della “carezza”. Prendendo ad esempio situazioni di povertà o di guerra, il Papa ha ribadito che ci sono momenti in cui “semplicemente bisogna neutralizzare il male” “C’è fame – ha detto – bisogna dare da mangiare”, “ci sono dei feriti, vanno curati”. E curare, ha indicato, “è la carezza della Madre Chiesa”. Ma per fare ciò è necessario molto denaro e cita San Giovanni Crisostomo, laddove dice che la Chiesa potrebbe dover vendere i suoi beni per dar da mangiare ai poveri: “San Giovanni Crisostomo lo diceva chiaramente: ‘Ti preoccupi di adornare la Chiesa e non il corpo di Cristo che ha fame’. La carezza, questa carezza. Per me l’espressione più bella della carezza di fronte a una necessità è quella del Buon Samaritano, che non dice: ‘lo alzò, lo portò alla locanda, pagò e se ne andò’. No, gli lavò le ferite, gli curò le ferite, poi lo alzò, lo prese e affermò: ‘Pagherò per quello che manca’”. Terzo punto, la promozione del Vangelo. Il pensiero di Papa Francesco è andato in questo caso al genio formativo di uno dei grandi Santi della carità: “Penso però a don Bosco che aveva incontrato nella sua parrocchia, nella sua terra, in un momento di crisi, di grande povertà, molti ragazzi che vivevano sulla strada, affamati, imparando i vizi e finivano nella delinquenza... Egli vide tutto questo e disse: ‘No, i ragazzi!’ E cominciò con l’idea della scuola di arti e mestieri e così via. La visione della promozione dà uno strumento per potersi guadagnare da vivere”. La quarta risposta ha riguardato la spiritualità della Caritas. Il suo “fondamento”, ha asserito il Papa, “è donarsi, uscire da se stessi e stare al servizio continuo delle persone che vivono in situazioni estreme”. Da qui discende, ha osservato il Pontefice, una duplice funzione: “Da un lato, andare alle periferie esistenziali, aiutare, curare” e dall’altro portare nella Chiesa questo sentimento di tenerezza, che è più che un sentimento, è un valore” che “la Chiesa Madre non può perdere”: “La spiritualità della Caritas è la spiritualità della tenerezza e noi abbiamo escluso dalla Chiesa la categoria della tenerezza. A volte la nostra ‘serietà’, tra virgolette, di fronte alla pastorale, ci porta a perdere questa categoria, che è la maternità della Chiesa! La Chiesa è madre, fondamentalmente madre. E questa caratteristica della tenerezza è per me il nucleo al quale deve riferirsi la spiritualità della Caritas: recuperare per la Chiesa la tenerezza". La Chiesa - ha proseguito - è entrata nelle deviazioni "quando si è dimenticata della carezza e della tenerezza”. Infine, i rifugiati, che Papa Francesco ha definito con preoccupazione “un dramma”. “Bisogna accompagnarli”, ha esortato, ricordando il milione e oltre di sfollati dalla Siria verso il Libano, come un tempo avvenne per coloro che dall’Iran approdarono sempre il Libano transitando dalla Siria. E assieme a loro, Papa Francesco ha ricordato anche le condizioni della gente sfruttata alla quale, ha detto “tolgono loro il passaporto e li fanno lavorare come schiavi”. Su tutto questo, ha concluso, vi sia “una grande presenza di tenerezza nella Chiesa”.
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