giovedì 19 aprile 2018
Il vescovo di Molfetta, per il quale è in corso la causa di beatificazione, nel ricordo commosso dei familiari
Un manifesto annuncia la visita del Papa ad Alessano (foto Muolo)

Un manifesto annuncia la visita del Papa ad Alessano (foto Muolo)

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Molfetta e Alessano aspettano papa Francesco. Nelle due cittadine pugliesi legate al ricordo del vescovo Tonino Bello, dove Francesco giungerà domani, fervono i preparativi. Ad Alessano, in particolare, paese di 6mila abitanti in provincia di Lecce e diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, dove don Tonino nacque e dove mosse i suoi primi passi da sacerdote, è continuata anche questa mattina l'incessante processione sulla sua tomba, sita al centro di un semplice anfiteatro tufaceo nel cimitero comunale. Grandi poster, all'ingresso, ritraggono il vescovo di Molfetta e il Papa. All'olivo che si sporge sulla lastra di marmo con la semplice scritta del nome sono state applicate diverse bandiere della pace, che tappezzano anche tutte le case del paese. E le colonne del pronao hanno lunghi striscioni verticali con una stilizzazione del volto del vescovo, per il quale è in corso la causa di beatificazione.

A poche centinaia di metri di distanza, infine, in un campo antistante il cimitero, si lavora alacremente per allestire il palco dove papa Francesco, domani mattina, dopo la visita in forma privata alla tomba di di don Tonino, rivolgerà il suo saluto ai fedeli, prima di ripartire per Molfetta, dove celebrerà la Messa nel porto, sullo stesso luogo ove si svolsero, 25 anni fa i funerali del vescovo.

Nel cimitero incontriamo uno dei due fratelli di don Tonino, Marcello Bello, 78 anni, tre nipoti, Stefano, Francesca e Raffaella e un pronipote, Tonino Bello, di quasi 7 anni, che è figlio di Stefano ed è orgoglioso di portare il nome del prozio.

È un ricordo commosso e corale quello che viene dai familiari. «Nostro zio – rivela Raffaella – aveva un sogno. Diventare santo. Lo aveva scritto anche in un articolo per il bollettino parrocchiale che abbiamo ritrovato da poco. E la ha realizzato». «È diventato santo abbracciando la gente – aggiunge Marcello -, amando gli altri come Gesù Cristo. La sua era una santità dell'ordinario, della vita di tutti i giorni. Sempre coerente con gli insegnamenti del Vangelo». Francesca rivela a questo proposito un episodio illuminante. «Un giorno mio padre, sapendo che la Ritmo di zio Tonino non andava più bene, si recò dal concessionario e gli ordinò una Tipo. Non certo un macchinone, dunque. Poi la sera, nella telefonata quotidiana che sempre i due fratelli si scambiavano, gli disse della “sorpresa” che gli aveva fatto. Zio Tonino gli rispose: “Sai dove vado io domani? A un convegno a Bari a parlare della povertà. E ti sembra che possa presentarmi con la macchina nuova di zecca?”. Niente, non ci fu verso di fargli accettare il dono. Si tenne la sua Ritmo scassata».

Non bisogna però immaginare don Tonino Bello come un musone o un uomo triste. Anzi. Sempre Francesca racconta così il suo saper essere animatore della famiglia.

Conclude Stefano: «Anche noi familiari stiamo riscoprendo a 25 anni dalla morte il vero zio Tonino. Avevo 20 anni quando morì. Non sempre a quell'età si è in grado di comprendere fino in fondo certe cose».

La famiglia darà domani al Papa due doni simbolici. Una stola dello zio, che gli fu regalata durante un viaggio a El Salvador, nel decennale dell'assassinio di monsignor Romero. E un grembiule ricamato dalle donne di Alessano. Simbolo di quella Chiesa del grembiule che era così cara al vescovo di Molfetta e che ora ha in Francesco il suo principale propugnatore.

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