giovedì 11 aprile 2013
​Il segretario particolare ricorda come Giovanni XXIII «promosse, senza alcun dubbio, un’azione capillare per sostenere contro l’istinto bellicoso la possibilità della pace. Si direbbe l’ineluttabilità della pace». «L'11 aprile del 1963 fu un grande giorno per la Chiesa e per tutta l'umanità»
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Un «grande giorno» per la Chiesa e per tutta l’umanità. Così, monsignor Loris Capovilla, definisce l’11 aprile del 1963, giorno in cui Giovanni XXIII firmò la Pacem in Terris, l’Enciclica che ha chiamato tutta l’umanità ad impegnarsi per la pace e la collaborazione dei popoli. In un'intervista rilasciata alla Radio Vaticana il segretario particolare di papa Roncalli ha ricordato lo spirito con cui nacque quell'Enciclica.«Fu un grande giorno per la Chiesa cattolica e per tutta l’umanità, perché fu il primo documento che - per ispirazione del Signore - Papa Giovanni inviò non solo ai cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, ma - per la prima volta - a tutti gli uomini e donne di buona volontà! Pacem in Terris, l’ultima Enciclica di Giovanni XXIII, è l’estremo servizio e l’estrema testimonianza di un padre che si rivolge alla famiglia umana, invitando tutti gli uomini a riconoscersi figli di Dio». «Quell’insegnamento - ha proseguito monsignor Loris Capovilla - suscitò enorme impressione e venne accolto come il testamento che il padre saggio e illuminato, destinava alla famiglia umana lacerata da interessi contrastanti e da avversioni insensate e talvolta implacabili. Papa Giovanni disse in questa Enciclica: “Di mio, c’è innanzi tutto l’esempio che volli dare nel corso della mia vita su indicazione del piccolo libro della mia giovinezza, L'imitazione di Cristo; l’uomo pacifico fa più bene che l'uomo istruito”. Egli non si arrogava titoli quali maestro, riformatore, "magico risolutore" dei problemi sollevati dalla drammatica situazione del mondo, pago di assolvere il suo primo dovere di catechizzare con amore di camminare accanto a tutti i suoi simili che ascoltava ed ammoniva. Promosse, senza alcun dubbio, un’azione capillare per sostenere contro l’istinto bellicoso la possibilità della pace. Si direbbe l’ineluttabilità della pace». «Ci vorranno anni, secoli se volete, ma questo non ha importanza, il tempo non è nostro! L’importante è che noi non coltiviamo un’utopia, ma una sicurezza, una speranza; la speranza evangelica che un bel giorno gli uomini aboliranno la violenza e insieme collaboreranno! Penso ad alcune espressioni del Pontificato di Papa Francesco: cammineranno insieme, costruiranno insieme e insieme confesseranno l’onnipotenza, la bontà, la misericordia e l’amore di Dio». «Uno dei tre segni dei tempi segnalato in apertura dell’Enciclica è l’aspirazione ardente di tutti i popoli, dei piccoli o dei grandi, di tutti, alla collaborazione, all’integrazione». E ricorda Capovillo «all’inizio del suo Pontificato lo stesso Roncalli quando gli hanno chiesto: “Ma lei è italiano? Ha girato tutta l’Italia, poi è stato in Bulgaria, in Grecia, in Francia… Lei ha girato l’Africa settentrionale, ha visitato tutta l’Europa. Dove si è trovato meglio?” E lui: “Prima di tutto, nel mio piccolo paese natale, di contadini, di lavoratori della terra, ma poi nella mia vita, dovunque ho messo piede, ho messo anche il mio cuore, perché tutto il mondo è la mia famiglia!"»
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