sabato 2 novembre 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
L’ultimo Pontefice a celebrare una Messa per i defunti al Verano, il 1° novembre 1993, era stato Giovanni Paolo II. Vent’anni dopo, il rito è stato ripetuto da papa Francesco, che ieri è arrivato poco prima delle 16 nel più grande complesso funerario di Roma, memoria storica degli ultimi 200 anni della città, atteso da migliaia di fedeli. Insieme al cardinale vicario di Roma Agostino Vallini e ai vescovi ausiliari, che hanno concelebrato, ha raggiunto l’altare, su cui era collocata una statua della Madonna conservata nella chiesa di San Lorenzo Fuori le Mura, dove riposa Pio IX. Nella mano destra stringeva una ferula con un Cristo crocifisso raffigurato già nella gloria: un’opera realizzata dallo scultore e orafo Maurizio Lauri, su ispirazione del cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, e che gli è stata donata lo scorso 3 ottobre. «A quest’ora prima del tramonto – ha detto Bergoglio nell’omelia pronunciata a braccio – in questo cimitero ci raccogliamo e pensiamo al nostro futuro... a tutti quelli che ci hanno preceduto nella vita e sono nel Signore». Ha fatto riferimento alla prima Lettura, tratta dall’Apocalisse, alla moltitudine dei salvati in piedi davanti al trono e all’Agnello: «Il Signore Dio, la bellezza, la bontà, la verità, tenerezza, l’amore pieno… ci aspetta quello... quelli che ci hanno preceduti e sono morti nel Signore sono là. E proclamano che sono stati salvati non per le opere – hanno fatto opere buone – ma sono stati salvati dal Signore». Ha sottolineato quindi che «la salvezza appartiene al nostro Dio... è lui che ci salva» e ha usato una delle sue usuali immagini “calde”, pastorali: «è lui che ci porta come un papà, ci dà la mano alla fine della nostra vita, proprio in quel Cielo dove sono i nostri antenati».«Possiamo entrare nel Cielo soltanto grazie al sangue dell’Agnello» ha continuato il Papa, richiamando una parola, una delle tre virtù teologali, che ha ripetuto in seguito oltre dieci volte: «Questa è la nostra speranza: la speranza del sangue di Cristo! Una speranza che non delude. Se camminiamo nella vita con il Signore, Lui non delude mai!». E poi un’altra immagine: «I primi cristiani dipingevano la speranza con un’ancora, come se la vita fosse l’ancora gettata nella riva del Cielo e tutti noi incamminati verso quella riva, aggrappati alla corda dell’ancora... avere il cuore ancorato là dove sono i nostri antenati, dove sono i santi, dove è Gesù, dove è Dio. Questa è la speranza che non delude». Per cui il giorno dei defunti e quello dei santi sono essenzialmente «giorni di speranza», di una speranza che «è un po’ come il lievito, che ti fa allargare l’anima: ci sono momenti difficili nella vita, ma con la speranza l’anima va avanti e guarda a ciò che ci aspetta... I nostri fratelli e sorelle sono alla presenza di Dio e anche noi saremo lì, per pura grazia del Signore, se cammineremo sulla strada di Gesù». Bergoglio ha rivolto gli occhi al cielo mite di Roma e ha aggiunto: «In questo pre-tramonto d’oggi, ognuno di noi può pensare al tramonto della sua vita: “Come sarà il mio tramonto?”. Tutti noi avremo un tramonto, tutti! Lo guardo con speranza? Lo guardo con quella gioia di essere accolto dal Signore? Questo è un pensiero cristiano, che ci dà pace. Oggi è un giorno di gioia, ma di una gioia serena, tranquilla, della gioia della pace... pensiamo al nostro tramonto, quando verrà. E pensiamo al nostro cuore e domandiamoci: “Dove è ancorato il mio cuore?”. Se non fosse ancorato bene, ancoriamolo là, in quella riva, sapendo che la speranza non delude perché il Signore Gesù non delude».Alla fine della Messa, dopo la benedizione delle tombe, il Papa ha voluto pregare anche per i «fratelli e sorelle nostri che in questi giorni sono morti mentre cercavano una liberazione, una vita più degna». È quindi partito in auto, per una volta senza concedersi alla gente che lo aspettava. Ha lasciato dietro di sé solo una rosa, che avevo deposto in precedenza sul piazzale del cimitero.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: