venerdì 2 dicembre 2016
Il rito presieduto dall'attuale preposito Arturo Sosa Abascal. L'ultimo omaggio al gesuita che guidò l'Ordine per 25 anni e scomparso il 26 novembre scorso
Padre Kolvenbach in una immagine in cui ricopriva l'incarico di preposito generale della Compagnia di Gesù

Padre Kolvenbach in una immagine in cui ricopriva l'incarico di preposito generale della Compagnia di Gesù

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l generale della Compagnia di Gesù del Pontificato di Giovanni Paolo II


Venerdì 2 dicembre alle 19 nella Chiesa del Gesù a Roma, il luogo di culto in cui riposano le spoglie di sant’Ignazio di Loyola, il neo preposito della Compagnia di Gesù il venezuelano Arturo Sosa Abascal ha presieduto una Messa e il rito di suffragio per il gesuita olandese Peter Hans Kolvenbach. La celebrazione nella chiesa madre dei gesuiti, a cui ha partecipato anche il diretto successore di Kolvenbach lo spagnolo Adolfo Nicolás Pachon, è stato l’ultimo atto di omaggio e di gratitudine di tutta la Compagnia di Gesù verso il suo preposito generale emerito che resse l’ordine ignaziano per 25 anni (1983 -2008), scomparso all’età di 87 anni a Beirut il 26 novembre scorso.

Ed è stato proprio papa Francesco-Jorge Mario Bergoglio - (che fu nel lontano 1983 allora da “semplice gesuita” assieme, tra gli altri ad Arturo Sosa Abascal e Federico Lombardi, tra i grandi elettori che scelsero proprio come “generale” della Compagnia padre Kolvenbach) a ricordare in un messaggio dedicato al confratello olandese «l’integra fedeltà a Cristo e al suo Vangelo a Cristo e al suo Vangelo, congiunta a un generoso impegno nell’esercitare con spirito di servizio il proprio ufficio per il bene della Chiesa, elevo preghiere di suffragio invocando, dalla divina misericordia, la pace eterna per la sua anima».


Mercoledì 30 novembre è stato proprio l’attuale superiore dei gesuiti Arturo Sosa Abascal (accompagnato dall’attuale assistente del generale per il Medioriente padre Antoine Kerhuel) a presiedere i funerali di Kolvenbach nella cappella della Comunauté et College Notre Dame de Jamhour dei gesuiti a Beirut. Un luogo il Libano che aveva sempre rappresentato un po’ come per Gerusalemme per il gesuita Carlo Maria Martini la seconda patria di elezione per padre Kolvenbach che proprio nel Paese dei cedri era stato ordinato presbitero di rito orientale nel 1961 e dove aveva insegnato per tanti anni, dopo un lungo periodo di formazione anche negli Stati Uniti, lingua e letteratura armena alla Saint Joseph University.

Tra i vari incarichi ricoperti, padre Kolvenbach insegnò linguistica all’Aja e a Parigi: nel 1981 fu nominato rettore del Pontificio Istituto Orientale. Già superiore della provincia medio-orientale della Compagnia (che comprende le comunità di Libano, Siria ed Egitto), dopo le dimissioni di Pedro Arrupe dalla carica di preposito generale dell’ordine e un breve interregno gestito dal delegato papale e futuro cardinale Paolo Dezza (coadiuvato dal gesuita sardo ma di formazione giapponese Giuseppe Pittau), padre Kolvenbach fu eletto successore di sant’Ignazio il 13 settembre 1983.


La richiesta di rinunciare al generalato a vita nel 2006 a Benedetto XVI


Nel 2006 manifestò a papa Benedetto XVI la sua intenzione di abbandonare il generalato al raggiungimento degli ottant’anni di età. Gesto che effettivamente compì il 14 gennaio 2008, davanti alla XXXV Congregazione Generale dell’Ordine, assumendo il titolo di preposito emerito. Nella nota di cordoglio, la Curia generalizia della Compagnia di Gesù lo rievoca come un «uomo di grande mitezza e semplicità», che «aveva continuato a dormire per terra su una stuoia anche da superiore generale dei gesuiti».



Federico Lombardi e il gesuita innamorato del Medio Oriente

Indicativo è stato il ritratto su Kolvenbach «il generale del pontificato di Giovanni Paolo II » ai microfoni della Radio Vaticana del gesuita Federico Lombardi, già direttore della Sala stampa della Santa Sede:«E’ stata una persona che ci ha colpito sempre di cui abbiamo un bellissimo ricordo e che lascia alla Compagnia il lascito di una persona dedita per circa 25 anni al bene del nostro Istituto religioso e che poi, quando si sono avvicinati gli 80 anni, ha spontaneamente presentato la rinuncia, secondo le norme che noi abbiamo, anche se era stato eletto ad vitam. Lui è ritornato in Libano, all'Università di Saint Joseph, facendo un semplice lavoro di archivista-bibliotecario».



Predicò gli Esercizi Spirituali durante la Quaresima del 1987 a Karol Wojtyla


Tra i dati significativi della sua lunga esistenza vi è stato anche il caso singolare e unico per ora nella storia della Chiesa di un generale dei gesuiti il “Papa nero” chiamato a guidare, alla presenza di Giovanni Paolo II, gli Esercizi Spirituali per la Quaresima del 1987 -(questa prassi fu voluta durante il pontificato di Pio XI)- alla Curia vaticana. Nel 1990 di grande valore e fuori dai canoni dello stile di un superiore della Compagnia di Gesù fu la sua scelta veramente profetica di raccontarsi in un libro intervista scritto per le Paoline dal giornalista Renzo Giacomelli Fedeli a Dio e all’uomo: i gesuiti, un'avanguardia obbediente di fronte alle sfide della modernità; in quel frangente padre Kolvenbach raccontò in prima persona la sua vita da generale e le sfide che attendevano il suo Ordine religioso. Come di grande valore, vista con gli occhi di oggi, fu la sua ultima intervista nel 2006 da generale, concessa sempre a Giacomelli, sul futuro della Compagnia (scesa già allora sotto i 20mila religiosi):«No, non credo che alla Chiesa mancherà mai il dono della vita consacrata. Il numero delle vocazioni può preoccuparci, ma io sto con sant’Ignazio: conta la qualità più che la quantità».



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