mercoledì 11 giugno 2025
Tra fondamenta, calli e canali le comunità cristiane di San Pantaleone, San Nicola da Tolentino, Santa Maria Gloriosa rispondono alle tante sfide ripensandosi e dando spazio agli studenti
Gli studentiche frequentanoil Centro Scalzi a Venezia

Gli studentiche frequentanoil Centro Scalzi a Venezia - .

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Gesù non ha solo camminato sulle acque, ma sulle acque ha soprattutto predicato. Dal lago di Tiberiade «insegnava alle folle dalla barca» (Luca 5,3). Nella città sull’acqua per eccellenza, Venezia, tre parrocchie del centro storico cercano oggi di imitare il Maestro e trasmettere il messaggio evangelico tra canali, calli e fondamenta.

Ciascuna ha un nome ufficiale: San Pantaleone, San Nicola da Tolentino, Santa Maria Gloriosa. Sono però note ai veneziani con dei diminutivi: San Pantalon, i Tolentini e i Frari. Le tre comunità hanno in comune un unico parroco, il frate minore conventuale padre Giuseppe Magrino, e condividono le stesse sfide pastorali.

Padre Giuseppe Magrino,il responsabile delle tre comunità parrocchiali veneziani del centro storico

Padre Giuseppe Magrino,il responsabile delle tre comunità parrocchiali veneziani del centro storico - .

La Serenissima vive un cambiamento continuo dovuto all’innalzamento del livello del mare, all’intervento umano sulla laguna, ma soprattutto al mutamento del tessuto sociale.

«Lo spopolamento è la preoccupazione principale, ed è in atto da decenni» dice il parroco. Le isole principali e la Giudecca sono scese sotto la soglia dei cinquantamila abitanti, ed «è sempre più raro trovare giovani famiglie con bambini. Venezia sembra essere una città di studenti universitari e anziani. Oltre che di turisti».

Non tutto il male viene per nuocere: i giovani ci sono, e sono una ricchezza. Ne è convinto don Gilberto Sabbadin, per anni amministratore parrocchiale dei Tolentini e ora responsabile della Pastorale universitaria diocesana. «La realtà universitaria –dice don Sabbadin – qualifica la città. I tanti fuorisede contribuiscono a formare il volto autentico di Venezia». Dal 2021 il mondo degli studenti ruota intorno al Centro scalzi. Immerso nel caratteristico “giardino mistico” dei carmelitani, accanto alla stazione ferroviaria Santa Lucia, dispone di aule studio a disposizione degli universitari e di spazi in cui prendono vita diverse attività. Don Sabbadin ne parla come di «un luogo familiare e di incontro, che promuove le relazioni e il confronto fuori dalle dinamiche e dai ruoli di ateneo, tenendo al centro la persona e la ricerca del vero».

I parrocchiani, soprattutto anziani, osservano l’andirivieni dei giovani dal Centro, e sono affascinati - quasi contagiati - dal clima di condivisione che vivono. Si sentono incoraggiati a non isolarsi, ma ad avere un ruolo nella vita fraterna, che non si vive unicamente nella sede della Pastorale universitaria, ma anche nelle tre Case studentesche che ospitano quasi 250 giovani. «Le strutture diocesane di Casa Catecumeni, Santa Fosca e San Michele – prosegue il responsabile della pastorale universitaria diocesana – offrono la possibilità di evitare l’individualismo e di percepirsi in relazione ad altri. I ragazzi si incamminano verso la vita adulta a partire dal registro comunitario e fraterno».

La chiesa dei Frari

La chiesa dei Frari - .

La Pastorale universitaria ha portato in laguna un vento di novità, vivacizzando la fede dei credenti. Quel vento continua a soffiare e porta le parrocchie del centro a vivere una fase di ridefinizione, territoriale e pastorale.

«Le comunità di San Pantalon, dei Tolentini e dei Frari stanno cambiando volto – spiega il “triparroco” padre Magrino – a partire dalla programmazione delle celebrazioni». É impensabile che ogni parrocchia abbia un identico calendario di attività. La diminuzione dei sacerdoti in attività e il calo della partecipazione dei fedeli richiede una nuova visione, che guardi il mondo con gli occhi di una fede matura. Così «pur in un cammino unitario, ciascuna delle tre comunità acquisisce una fisionomia specifica». I fedeli lo hanno sperimentato nella Quaresima appena trascorsa. Le liturgie penitenziali e l’Unzione degli infermi si sono tenute a San Pantalòn, e hanno richiamato anche i parrocchiani dei Frari e dei Tolentini. Padre Giuseppe assicura che «l’identità delle singole parrocchie non viene appiattita, ma è anzi rivitalizzata nell’ottica dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco». Gli orizzonti di ciascuna delle tre comunità si sono ampliati e i confini si sono dilatati. Questo ha portato a una «condivisione delle responsabilità, non esente da sforzi». La Chiesa universale è pellegrina nel mondo, e lo sono anche le tre parrocchie veneziane. Il sacerdote francescano non va tanto per il sottile e riconosce che «peregrinare costa fatica, richiede determinazione e impone sacrifici, anche fisici: per una persona anziana raggiungere una chiesa più distante rispetto alla propria può non essere immediato». La parrocchia però «non è la chiesa dove si assiste alla Messa. Né tantomeno un club. É una famiglia nata per essere significativa per il territorio». Se questo cambia, deve mutare anche l’approccio di tutti coloro che ne fanno parte.

Ricco della sua esperienza parrocchiale nel centro storico e ora di quella della Pastorale universitaria, don Gilberto Sabbadin fa eco al confratello e riconosce l’importanza del ridisegno della geografia parrocchiale veneziana. «C’è parrocchia se c’è vita comunitaria. Questa o quella parrocchia – si interroga don Sabbadin – riesce a offrire una vita di comunità? Ha lo sguardo attento a chi vive il territorio?. Se questo è il criterio, i nuclei parrocchiali devono essere pronti a un ripensamento, che non è soppressione, ma rilancio e attualizzazione».

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