mercoledì 31 luglio 2013
Continua l'eco della lunga chiacchierata di Papa Francesco con i giornalisti durante il volo che rientrava a Roma da Rio de Janeiro. Umorismo, schiettezza e libertà hanno colpitotutti. Ecco il commento del portavoce vaticano padre Federico Lombardi che traccia anche un bilancio complessivo dell’esperienza vissuta in Brasile.​
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Continua ad avere vasta eco nel mondo, la lunga chiacchierata di Papa Francesco con i giornalisti presenti con lui sul volo che rientrava a Roma da Rio de Janeiro domenica notte. Umorismo , schiettezza e libertà hanno colpito la stampa, l’opinione pubblica e non solo. Ecco il commento del portavoce vaticano padre Federico Lombardi che traccia anche un bilancio complessivo dell’esperienza vissuta in Brasile.
  Padre Lombardi: Diciamo che la prima cosa che mi ha colpito della conversazione è stata la lunghezza, anche perché un viaggio di ritorno, dopo una settimana così intensa, uno non sa mai come ci trova: se ci trova vivi, se ci trova in forze, oppure se ci trova molto stanchi…. La disponibilità del Papa si è dimostrata veramente fino in fondo, nonostante avesse detto che era un po’ stanco- lo aveva detto lui dall’inizio- ha voluto però che non ci fossero limiti posti alle domande, anche qualora fossero state domande difficili o domande impertinenti. La sua disponibilità è stata dunque totale e la chiave del suo atteggiamento era quella della sincerità e della spontaneità completa, che è una chiave molto convincente, molto credibile e di cui anche i giornalisti – come ognuno di noi – si rende conto perfettamente. Non c’è nulla da nascondere, non c’è nulla di cui uno non debba dire la verità, naturalmente parlando nel modo adatto per essere capito e per essere costruttivo. Andando proprio ai contenuti di questo lungo colloquio con la stampa: soprattutto su alcuni temi etici, qualcuno ha gridato alla novità più assoluta rispetto al magistero precedente. E’ così? Che ne pensa? Non direi. Mi pare anzi che proprio sui punti – diciamo - cruciali, lui abbia richiamato con molta nettezza la tradizione della Chiesa e il suo magistero. “Io sono un figlio della Chiesa” – ha detto - quindi sono in continuità con quello che la Chiesa ha sempre sostenuto e continua a dire. Sul tema dell’ordinazione delle donne è stato anche molto chiaro, dicendo che è una porta chiusa e per quanto riguarda l’omosessualità ha richiamato il Catechismo della Chiesa Cattolica. Quello che, diciamo, è chiaro nell’atteggiamento di Papa Francesco - e probabilmente è quello che colpisce e che, in un certo senso, attrae anche verso di lui molte persone - è una grande efficacia nel far capire il tema dell’amore di Dio per tutti. Il fatto che nessuno si debba sentire escluso dall’amore di Dio, dalla sua misericordia, che viene incontro a lenire, a curare le ferite dell’umanità. Papa Francesco si sente veramente mandato ad annunciare questo amore e questa misericordia di Dio. In fondo, anche il suo comportamento tende a manifestare questa prossimità e quest’amore di Dio per tutti. In questo Francesco è un annunciatore che ha un vero carisma di forza, di efficacia e quindi di attrazione, perché tutti noi sappiamo di avere bisogno dell’amore di Dio. Questo – a mio avviso - è forse l’aspetto più caratteristico del suo Pontificato. Nella conversazione con la stampa poi, ha aggiunto un tema – su cui credo che certamente tornerà - che è quello del perdono del peccato: ha ricordato che Dio perdona i peccati e quando perdona i peccati - con la Confessione e con il suo amore - se ne dimentica. E quindi anche noi dobbiamo imitare il Signore nel suo atteggiamento del perdono- sono parabole evangeliche note, ma che vanno però ritrovate, perché penso che il Papa si renda conto molto bene, che nella società attuale c’è - a volte - anche un certo accanimento nel rimproverare le colpe degli altri, senza un senso di misericordia o di comprensione. Questo è molto importante anche per ritrovare il senso – per esempio – del Sacramento della Confessione e della Penitenza, di cui il Papa parla più volte. Il Papa nel discorso di congedo da Rio ha affermato che “Cristo sta preparando una nuova primavera in tutto il mondo, grazie ai giovani”. Lei come la intende questa frase? C’è qualcosa quasi di profetico… Sì, ma inserendo queste parole in un contesto più ampio. Perchè se c’è una primavera o un cambiamento da aspettare grazie ai giovani, è perché loro ti danno quell’impulso, quella spinta di fare cose nuove, anche più belle, di quelle che finora siamo stati capaci di fare. Però non è il senso di una idealizzazione della gioventù, come se avesse in sé e da sola tutte le risorse per fare un mondo nuovo… No! Il Papa ci ha parlato molto chiaramente di una Chiesa comunità e di una società che, insieme con la responsabilità di tutti, cammina verso il compimento del piano di Dio e un futuro migliore più giusto per tutti. Quindi diciamo che la gioventù è un po’ come il motore del cambiamento: quando dice “fate rumore, fate chiasso”, nel senso di mettere in movimento quello che è irrigidito. Però questo dialogo, questa integrazione fra le generazioni, più ampiamente fra le diverse componenti della società, mi sembra che non vada assolutamente dimenticato da questa Giornata della gioventù, che comunque è un grande segno di speranza a camminare in avanti per la comunità umana, per la Chiesa, per la Chiesa in Brasile, ma anche per la Chiesa nel mondo. Nei vari discorsi alla Chiesa del Brasile, alla Chiesa latinoamericana, alla Chiesa del mondo, il Papa ha anche dato una cornice più ampia a quelli che erano stati gli spunti che venivano della Messe a Santa Marta, illuminando ancor di più il cammino della Chiesa. Quali sono le tappe di questo cammino che si aprono secondo lei, dopo l'esperienza in Brasile? Credo che non sia tutto compiuto con questo viaggio, anche se certamente è stato estremamente significativo in questo avvio di Pontificato. Il Papa ha parlato tanto di una Chiesa non autoreferenziale, ma aperta sul mondo e missionaria. Questa è stata un’occasione di dirlo, ma con la concretezza propria di un rapporto con i giovani e con i responsabili della comunità, come i vescovi. In più c’è stata anche, in modo molto efficace, la serie di incontri con le diverse dimensioni dell’emarginazione e della sofferenza: prospettiva da cui si deve vedere la realtà del mondo di oggi. La prospettiva dei poveri - la Chiesa per i poveri e dei poveri – è entrata molto chiaramente in questo viaggio. E, per un ultimo tocco, direi anche l’aspetto mariano, della devozione mariana, di cui lui è estremamente partecipe e che sente così feconda e così fondamentale per la Chiesa di oggi e di sempre. Ha detto: “La Chiesa che non riconosce la posizione della donna nella Chiesa e che quindi non capisce la presenza di Maria, insieme agli Apostoli, nel Cenacolo è una Chiesa che si condanna alla sterilità”. Quindi anche questo inizio mariano del viaggio è stato molto significativo di una prospettiva di speranza e di fecondità dell’impegno della Chiesa nel mondo.
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