lunedì 13 agosto 2012
L'aiutante di camera del Papa, arrestato il 23 maggio con l'accusa di aver trafugato documenti riservati, è stato rinviato a giudizio. Con lui anche un esperto informatico della Segreteria di Stato, Claudio Sciarpelletti. Padre Lombardi: le indagini continuano.
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L'ex aiutante di camera del Papa, Paolo Gabriele, accusato di avere sottratto documenti riservati dall'appartamento del Pontefice, sarà processato per furto aggravato. In casa sua è stato trovato un assegno di Benedetto XVI da 100.000 euro, oltre a un'Eneide del 1581. E nell'inchiesta spunta anche un complice: il nome è quello di Claudio Sciarpelletti, informatico in servizio presso la Segreteria di Stato, rinviato a giudizio per il reato di favoreggiamento perché il suo ruolo sarebbe stato "marginale". Era stato arrestato, senza che la notizia trapelasse, il 25 maggio scorso e stato rilasciato il giorno dopo. Il maggiordomo infedele del Papa è stato sottoposto a perizia psichiatrica ed è stato dichiarato imputabile, afferma la sentenza del giudice istruttore Piero Bonnet resa nota oggi. I magistrati vaticani hanno sottolineato nella sentenza e nella requisitoria che l'indagine continua "sia nei confronti dei due imputati che per altre persone, e per una serie di altri reati".Altri nomi al momento non ne sono stati fatti, anche se compaiono diverse sigle: "Per una ragione di rispetto delle persone - ha spiegato il portavoce della Santa Sede - si è proceduto a togliere tutti i nomi che compaiono nella requisitoria e nella sentenza, alcuni dei quali però possono essere abbastanza facilmente intuiti". Piero Bonnet ha disposto dunque solo "la parziale chiusura dell'istruttoria" con la sentenza di rinvio a giudizio pubblicata oggi in cui è scritto che "le indagini, che non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione, si sono dispiegate in varie direzioni".LOMBARDI: INDAGINI CONTINUANO ANCHE SU ALTRE PERSONE"Per una ragione di rispetto delle persone, si è proceduto a togliere tutti i nomi che compaiono nella requisitoria e nella sentenza, alcuni dei quali però possono essere abbastanza facilmente intuiti". Lo ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, in merito al fatto che i nomi di alcune delle presunte fonti di documenti raccolti da Paolo Gabriele, di un giornalista che potrebbe essere coinvolto, e di altri che sono stati interrogati". Alle domande dei giornalisti su cosa accadrà ora ai possibili complici, padre Lombardi ha poi risposto: "nella sentenza e nella requisitoria è scritto con chiarezza che l'indagine continua sia nei confronti dei due imputati che per altre persone, e per una serie di altri reati". "Più in generale - ha poi aggiunto Lombardi - non si può dire che Paolo Gabriele fosse l'unico a far uscire documenti sottratti, alcuni infatti sono stati dati a giornalisti quando il maggiordomo era in arresto". Il riferimento del portavoce è probabilmente alla lettera a firma di monsignor Georg Gaenswein sbianchettata nel suo contenuto e che era stata pubblicata insieme a una dichiarazione ricattatoria di un sedicente altro "corvo".
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