giovedì 12 marzo 2009
Dopo la lettera del pontefice sul caso dei lefebvriani la Chiesa si stringe attorno a Benedetto XVI. Il segretario di Stato Bertone assicura il sostegno della Curia, nonostante alcune «note stonate». Sostegno dagli episcopati di Germania, Svizzera, Austria, Francia, Belgio e Inghilterra.
  • IL COMMENTO di Dino Boffo  I  La lettera del Papa (versione integrale)
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    "Il Papa non è solo, tutti i suoi più vicini collaboratori sono lealmente fedeli al pontefice e profondamente uniti a lui". È quanto ha affermato il segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone. Riferendosi a quanto scritto oggi sui principali giornali italiani circa la solitudine del Papa, il porporato ha parlato di "comunione" e "amore" della Chiesa nei suoi confronti, e ha aggiunto: "Benedetto XVI in questi momenti ha sentito anche la comunione di molti vescovi, nonostante qualche voce stonata"."Tutti i suoi più vicini collaboratori sono lealmente fedeli al pontefice e profondamente uniti a lui - ha detto Bertone prima di cominciare il suo discorso a conclusione di un seminario di tre giorni sulle comunicazioni sociali per i vescovi responsabili - a partire dai capi di dicastero e dal segretario di Stato, anche per la familiarità dei rapporti". Il segretario di Stato ha poi affermato che il Papa ha sentito "anche la comunione di tanti vescovi del mondo, nonostante qualche voce stonata, forse dovuta proprio a mancanza di fiducia nel Papa e nelle decisioni che compie, profondamente consapevole della sua missione che compie davanti a Dio, di essere pastore della Chiesa universale, pastore di tutti".Solidarietà da vescovi Germania, Svizzera e Francia. Piena solidarietà a Benedetto XVI è arrivata oggi dagli  episcopati tedesco, francese e svizzero; "il Papa non è solo", affermano - in interviste alla Radio Vaticana - i rappresentanti dei presuli dei tre paesi, da cui si sono levate nelle scorse settimane forti riserve sulla revoca della scomunica ai lefebvriani. ''"Non mi è mai capitato di leggere uno scritto di un Papa così personale e così aperto. E questo mi piace molto", ha detto  il presidente dei vescovi tedeschi, Mons, Robert Zollitsch, che stamani ha incontrato Benedetto XVI. È "un segno - ha sottolineato - della comunicazione, un segno del fatto che il Papa stesso desidera entrare in colloquio con i vescovi e spiegare a tutto il collegio episcopale quali sono state le ragioni che lo hanno spinto e come lui ha percepito tutta la situazione". Sulla stessa lunghezza d'onda il cardinale di Parigi, Andrè Vingt-Trois, e il vescovo di Lugano, mons. Pier Giacomo Grampa.Il "grazie" da Austria, Belgio e Inghilterra. È arrivato anche il "grazie" dei vescovi belgi e inglesi al Papa per la lettera scritta riguardo alla remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani. Lettera riproposta oggi sui siti ufficiali delle Conferenze episcopali europee nelle diverse lingue. In una breve nota scritta, i vescovi del Belgio parlano di unalettera "al tempo stesso umile e forte". Ed aggiungono: "Il suo contenuto mostra chiaramente che la remissione delle scomuniche dei 4 vescovi tradizionalisti vuole essere un gesto di riconciliazione e non una rimessa in discussione del Concilio Vaticano II". In una dichiarazione, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles parla di "un atto collegiale" e di una lettera "profondamente umile". I vescovi inglesi sottolineano il "forte" impegno del Papa "per il dialogo interreligioso, soprattutto con gli ebrei, e per il dialogo ecumenico con gli altri cristiani. Egli rivela la sua passione per la riconciliazione e invitando tutti nella Chiesa a dare una migliore testimonianza, il Papa sottolinea che la priorità fondamentale della Chiesa è quello di condurre gli uomini e le donne a Dio". "Essenziale a questo compito - aggiungono i vescovi - è la necessità di unità e l'ufficio petrino è il centro e il promotore dell'unità della Chiesa e, come tale, una voce profetica".Gratitudine viene espressa al Papa anche dall'episcopato austriaco, riunito in questi giorni nell'assemblea di primavera. In una nota, i vescovi dell'Austria sottolineano l'attenzione pastorale diBenedetto XVI, che ha voluto spiegare con ampiezza le ragioni che lo hanno portato a revocare la scomunica ai presuli lefebvriani. Le altre reazioni. Il card. Antonio Canizares, prefetto della Congregazione per il Culto divino, ha espresso "amarezza" per la "sofferenza" arrecata a papa Benedetto XVI dalle polemiche sul caso della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. "Abbiamo ricevuto, letto e approfondito la lettera che ha inviato a tutto l'episcopato cattolico circa la remissione della scomunica", ha detto Canizares, salutando il papa in occasione dell'udienza che questi ha concesso ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Culto. "Condividiamo l'amarezza della sofferenza recata a vostra Santità - ha proseguito - e mi faccio portavoce dell'unanime adesione di tutti i membri della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, a quanto espresso con chiarezza e fermezza dalla Santità vostra. Il cardinale ha concluso esprimendo "la più sincera e profonda vicinanza e amorevole solidarietà soprattutto in questo particolare momento".La Lettera di Benedetto XVI ai vescovi di tutto il mondo sulla revoca delle scomuniche ai lefebvriani,"non nasconde certo le difficoltà del momento e le loro cause immediate, anzi le sottolinea, ma per andare più in profondità, alle radici spirituali, culturali ed ecclesiali di quegli ostacoli che rendono faticoso il cammino della Chiesa e che richiedono a ciascuno di noi conversione e rinnovamento". Lo afferma il card. Camillo Ruini che firma l'editoriale dell'Osservatore Romano. La Lettera, scrive il cardinale, rappresenta "un'autentica novità" che "si manifesta anzitutto nel carattere fortemente personale di questa lettera, che pure è rivolta a tutti i vescovi della Chiesa cattolica e di fatto, essendo stata resa pubblica, anche a tutti i fedeli: una comunicazione personale che supera i limiti dell'ufficialità e si offre al lettore in maniera trasparente, consentendogli di entrare, per così dire, nell'animo del Papa e di prender parte dal di dentro alla sua sollecitudine pastorale, alle motivazioni fondamentali che guidano le sue scelte e anche all'atteggiamento interiore con cui egli vive il suo ministero".
    La lettera ai vescovi cattolici resa nota ieri. «Una parola chiarificatrice, che deve aiutare a comprendere le intenzioni che in questo passo hanno guidato me e gli organi competenti della Santa Sede. Spero di contribuire in questo modo alla pace nella Chiesa». Con queste parole Benedetto XVI spiega il senso della «lettera ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre». I quattro vescovi – Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso del Gallareta – erano stati consacrati il 30 giugno 1988 senza mandato pontificio ed erano quindi incorsi nella scomunica latae sententiae, cioè automatica, dichiarata formalmente dalla Congregazione per i vescovi il 1° luglio 1988. La remissione della scomunica è giunta con un Decreto della medesima Congregazione, firmato il 21 gennaio 2009 dal cardinale prefetto Giovanni Battista Re. Questo atto, scrive il Papa nella lettera resa nota oggi, «per molteplici ragioni ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata».
    «Una disavventura per me imprevedibile – scrive Benedetto XVI – è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica». All’improvviso, spiega, «il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi è apparso come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei». A tal riguardo il Pontefice precisa che "la condivisione” e la promozione fin dall'inizio dei «passi di riconciliazione tra cristiani ed ebrei fatti a partire dal Concilio» erano state «un obiettivo del mio personale lavoro teologico». Il fatto che si siano sovrapposti «due processi contrapposti», prosegue il Papa, «è cosa che posso soltanto deplorare profondamente». Ed aggiunge: «Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie». Benedetto XVI si dice «rattristato» dal fatto che «anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco». Proprio per questo ringrazia «tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia», che «continua ad esistere» come «nel tempo» di Giovanni Paolo II. La risposta dei lefebvriani. "Ringraziamo profondamente il Santo Padre di aver riportato il dibattito al livello al quale deve svolgersi, quello della fede": lo scrive, in un comunicato, il Superiore generale della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay, in seguito alla diffusione della lettera di papa Benedetto XVI ai vescovi cattolici per spiegare il senso della revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani."Condividiamo pienamente - scrive Fellay - la sua preoccupazione prioritaria della predicazione 'nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimentò". "La Chiesa - osserva ancora Fellay - attraversa una grande crisi, che non potrà essere risolta se non con il ritorno integrale alla purezza della fede". Il superiore dei lefebvriani spiega che la sua comunità è "ben lontana dal voler arrestare la Tradizione al 1962" - come detto dal pontefice nella sua lettera - ma vuole "considerare il Concilio Vaticano II e l'insegnamento post-conciliare alla luce di questa Tradizione, senza rottura e all'interno di uno sviluppo perfettamente omogeneo. La Fraternità - conclude Fellay - assicura al pontefice la sua "volontà di affrontare i colloqui dottrinali riconosciuti come 'necessarì" dal decreto di revoca della scomunica, "con il desiderio di servire la Verità rivelata, il che è la prima carità da manifestare verso tutti gli uomini, cristiani e non".
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