giovedì 2 novembre 2023
«La guerra, sconfitta per tutti. In Terra Santa perseguire la soluzione dei due Stati. Ucraini, popolo martire. I migranti vanno accolti e integrati. Le donne nella Chiesa hanno un ruolo fondamentale»
Papa Francesco intervistato dal Tg1

Papa Francesco intervistato dal Tg1 - Ansa

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Il Papa è sempre più preoccupato per le guerre in corso. Quella in Israele e a Gaza (si tiene costantemente in contatto con la parrocchia della Striscia), come pure quella in Ucraina. Senza dimenticare gli altri conflitti. «La guerra - ha ribadito ieri sera in un’intervista al direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci - è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Niente. Tutto si guadagna con la pace, il dialogo». Francesco di fronte alle immagini del 7 ottobre e a quelle che arrivano dal territorio palestinese sotto il tacco di Hamas ha fatto notare: «Nella guerra uno schiaffo provoca l’altro. Uno forte e l’altro più forte ancora e così si va avanti». La soluzione sarebbe invece «due popoli che devono vivere insieme, due popoli due Stati. L’accordo di Oslo: due Stati ben limitati e Gerusalemme con uno status speciale».

Lo sguardo dell’intervista è a 360 gradi. Con la rassicurazione sulla sua salute: «Sto ancora vivo». E anche con qualche domanda sui gusti calcistici (tra Maradona e Messi, il Pontefice preferisce un po’ a sorpresa Pelè) e sul suo amore per il mare (ma non ci va dal 1975). E poi i rigurgiti di antisemitismo, il bilancio del Sinodo (positivo), le preoccupazioni per il clima (Francesco andrà a Dubai dal 1° al 3 dicembre per la Cop 28) e la denuncia del commercio delle armi: «Una persona che capisce di investimenti mi ha detto che oggi gli investimenti che rendono danno più reddito sono le fabbriche delle armi».

Il Papa si tiene in contatto con la parrocchia di Gaza. « Li chiamo tutti i giorni - rivela - e c’è anche una suora argentina lì e il parroco era a Betlemme nel momento che è scoppiato tutto questo e non è riuscito a tornare perché era andato a Betlemme ad acquistare medicine. Adesso è a Gerusalemme ma non può entrare». Francesco chiama il viceparroco egiziano, padre Yussuf. Fortunatamente anche le forze israeliane rispettano quella parrocchia dove ci sono 563 persone, «tutti cristiani e anche qualche musulmano. Bambini ammalati dei quali si prendono cura le suore di Madre Teresa».

Il Pontefice invita anche a non abituarsi alla guerra e sull’ipotesi di un’escalation mondiale, osserva: «Sarebbe la fine di tante cose e di tante vite». Dunque la speranza è che la saggezza umana fermi queste cose. In Ucraina, in Terra Santa ma anche in Kivu (una regione del Congo), nello Yemen e nel Myanmar «con i Rohingya che sono dei martiri».

Quanto all’antisemitismo, «rimane nascosto. Lo si vede, giovani per esempio, di qua e di là che fanno qualche cosa. È vero che in questo caso è molto grande, ma c'è qualche cosa sempre di antisemitismo e non è sempre sufficiente vedere l'Olocausto che hanno fatto nella seconda guerra mondiale, questi 6 milioni uccisi, schiavizzati e non è passato. Purtroppo, non è passato. Non saprò spiegarlo e non ho spiegazioni è un dato di fatto che io lo vedo e non mi piace».

Sul conflitto in Ucraina, il Papa parla del popolo ucraino come di «un popolo martire», che ha avuto persecuzioni fin da i tempi di Stalin. Dopo aver ricordato il suo desiderio di andare sia a Kiev che a Mosca, e che ha ha fatto liberare dei prigionieri, e dopo aver menzionato l’udienza a Zelensky, Francesco ha aggiunto: «Capisco, ma ci vuole la pace: Fermatevi, un po’ e cercate un accordo di pace, gli accordi sono la vera soluzione di questo. Per ambedue».

Una domanda ha riguardato la Cop 28. Il Pontefice ha annunciato: «Sì, andrò a Dubai. Credo che partirò il primo dicembre fino al 3 dicembre. Starò tre giorni lì».

Si è parlato quindi di migranti. E Francesco, da un lato ha ricordato la «crudeltà dei lager libici», dall’altro ha ribadito i capisaldi del suo magistero ormai decennale in materia. «Riceverli, accompagnarli, promuoverli e inserirli nel lavoro». In particolare non vanno lasciati soli i Paesi come l’Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna, dove in maggior numero approdano. Ci vuole una politica paneuropea. Inoltre se uno non integra il migrante, c’è un problema. E qui Francesco ha citato l’attacco terroristico di Zaventem in Belgio. «I ragazzi erano tutti migranti ma migranti in inseriti».

Sul futuro della donne nella Chiesa, il Papa ha distinto tra ruoli di governo, ricordando che oggi ad esempio in Vaticano diverse le donne che occupano posizioni apicali, e la questione del sacerdozio femminile. «Lì c’è un problema teologico, non amministrativo. Sono cose diverse. «Il principio petrino, che è quello della giurisdizione - ha spiegato - e il principio mariano che è quello più importante perché la Chiesa è donna, la Chiesa è sposa non è maschio. Ci vuole una teologia per capire questo e il potere della Chiesa donna e delle donne nella Chiesa è più forte e più importante di quello dei maschi ministri. È più importante Maria che Pietro, perché la Chiesa è donna. Ma se noi vogliamo ridurre questo al funzionalismo, perdiamo». Il celibato dei sacerdoti invece «è una legge che può essere tolta, non c’è problema. Non credo che aiuti. Perché il problema è un altro. Non aiuta». Sull’accoglienza degli omosessuali nella Chiesa, «quando dico tutti, tutti sono le persone». Diverso è per le organizzazioni che vogliono entrare (un riferimento alle lobby?, ndr). E quanto alla pedofilia «è stato fatto molto , ma molto c’è ancora da fare. L’abuso, sia sessuale, sia di coscienza non va tollerato». Il bilancio del Sinodo è comunque positivo. «Si è parlato di tutto con tutta libertà».

Infine in chiave personale, il Papa rifiuta l’etichetta di essere un Papa di sinistra. Le vere qualifiche sono “coerente, non è coerente?». Ha poi parlato della sua famiglia, di quando la mamma gli insegnava la musica, della sua fidanzata che lavorava nel cinema «una ragazza molto buona», della fede mai persa, anche se qualche si è camminato in sentieri bui». E infine del calcio: «Maradona, giocatore grande ma come uomo un fallito, poveretto è scivolato con la corte di quelli che lo lodavano e non lo aiutavano». Messi invece correttissimo, bravo in questo momento, ma al primo posto c’è Pelè, «il grande signore, un uomo di cuore». Il suo preferito.




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