martedì 1 ottobre 2013
Il colloquio con Eugenio Scalfari: no al proselitismo, la gente ci segue se testimoniamo l'umiltà. «Il clericalismo? Non ha niente a che fare con il cristianesimo». I mali del mondo? «I giovani senza lavoro e i vecchi lasciati soli». (Annalisa Guglielmino)
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Il «non credente» e il Papa. S'incontrano di primo pomeriggio in un salotto spoglio della Casa Santa Marta, si parlano senza fretta, si salutano con un abbraccio. Papa Bergoglio è fatto anche di queste rare istantanee. Ci ha abituati. Ma la chiacchierata tra il non credente Eugenio Scalfari e papa Francesco è la notizia che scalza indietro tutte le altre, oggi sulla Repubblica, che riporta a nove colonne l'intervista del suo fondatore al Pontefice, «Così cambierò la Chiesa». L'occasione è nata dalle lettere di Scalfari al Papa di luglio e agosto e dalla risposta del Papa, pubblicata dallo stesso quotidiano a settembre.Il Papa e il non credente parlano della Chiesa, dei santi, dell'anima, delle ideologie politiche. Del clericalismo, perfino. «Non dovrebbe aver niente a che fare con il cristianesimo: se incontro un clericale divento di botto anticlericale», dice il Papa ricordando l'insegnamento di san Paolo che parlava «ai Gentili, ai pagani, ai credenti in altre relgioni». È uno dei passaggi che rivelano, se ancora ce ne fosse bisogno, la tempra del Papa che parla con tutti. Meglio se faccia a faccia. E che non si schermisce quando racconta il momento dell'elezione al soglio petrino e l'«ansia» che lo invase. «Prima dell'accettazione chiesi di potermi ritirare per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il balcone sulla piazza. La mia testa era completamente vuota e una grande ansia mi aveva invaso. Per farla passare e rilassarmi chiusi gli occhi e scomparve ogni pensiero, anche quello di rifiutarmi ad accettare la carica come del resto la procedura liturgica consente. Chiusi gli occhi e non ebbi più alcuna ansia o emotività. Ad un certo punto una grande luce mi invase, durò un attimo ma a me sembrò lunghissimo. Poi la luce si dissipò io m'alzai di scatto e mi diressi nella stanza dove mi attendevano i cardinali e il tavolo su cui era l'atto di accettazione. Lo firmai, il cardinal Camerlengo lo controfirmò e poi sul balcone ci fu l'Habemus Papam». Le domande del non credente tornano spesso a concentrarsi sulla Chiesa, la sua universalità, i suoi compiti. «La Chiesa non andrà mai oltre il compito di esprimere e diffondere i suoi valori, almeno fin quando io sarò qui». Dice il Papa. «La politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d'azione che non è quello della religione. Le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti». La riflessione sull'agape, l'amore verso tutti, stimola quella sul narcisismo e il Papa non esita a puntare l'indice sulle storture storiche di cui la Chiesa è stata vittima: «I capi della Chiesa spesso sono stati narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani. La corte è la lebbra del papato». Il non credente pensa subito alla Curia vaticana, e il Papa precisa: «No, in Curia ci sono talvolta dei cortigiani, ma la Curia nel suo complesso è un'altra cosa. È quella che negli eserciti si chiama l'intendenza, gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, che sono ancora, in gran parte, interessi temporali». «Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio e i presbiteri, i parroci, i vescovi con cura d'anime, sono al servizio del popolo di Dio. La Chiesa è questo, una parola non a caso diversa dalla Santa Sede che ha una sua funzione importante ma è al servizio della Chiesa». E racconta: «Io non avrei potuto avere la piena fede in Dio e nel suo Figlio se non mi fossi formato nella Chiesa - aggiunge il Papa - e ho avuto la fortuna di trovarmi, in Argentina, in una comunità senza la quale non avrei preso coscienza di me e della mia fede». Il dialogo tocca i temi del comunismo, del liberismo, della teologia della liberazione.  Arriva al Concilio. «Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna - per  Bergoglio  - I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l'umiltà e l'ambizione di volerlo fare». Il Papa dice anche: «La Chiesa è femminile. Parleremo anche del ruolo delle donne nella Chiesa». Parla dei grandi mali del mondo: «I più gravi mali che affliggono il mondo in questi anni? la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati vecchi». Il non credente e il Papa parlano del misticismo, e dei Padri della Chiesa. Dei santi che il Pontefice sente più vicini («Agostino e Francesco»). Del Bene e della conversione. Il Papa non vuole «convertire» il non credente. «Il proselitismo è una sciocchezza, non ha senso - dice il Papa -. Bisogna conoscersi, ascoltarsi». La Chiesa, aggiunge poi, «non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per testimonianza: quando la gente, i popoli, vedono questa testimonianza di umiltà, di mitezza, di mansuetudine, sente il bisogno di voler venire con noi».Papa Francesco saluta il non credente Scalfari. Lo abbraccia, come gli aveva promesso, quando ricevuta la chiamata del Pontefice che voleva incontrarlo, il fondatore di Repubblica  gli chiese «posso abbracciarla per telefono?». Gli sorride ancora una volta come quando, all'inizio, gli ricorda che «la grazia tocca l'anima: può avercela anche chi non crede».
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