Si fa strada un Capodanno alternativo. È giovane, impegnato e solidale

Ci sono tanti modi per entrare nel 2026: su tutti è l'esempio del Buon samaritano a guidare i progetti in diocesi, città e territori. C'è chi sceglie il modo del Vangelo, chi intreccia festa e preghiera. Invocando la pace. E costruendola fra piazze, mense per i poveri, centri di accoglienza. E luoghi di culto
December 17, 2025
Si fa strada un Capodanno alternativo. È giovane, impegnato e solidale
I giovani di uno dei passati ritiri di Capodanno al santuario della Verna / Vieni e vedi
Ho fame. Ho sete. Sono straniero. Nudo. Malato. Carcerato. E ti prendi cura di me. Anche a Capodanno. Quando tutti hanno lo sguardo e il cuore altrove, ad altro, ad altri. Ma non tu, che hai preso sul serio la mia Parola. Quella che si offre a tutti dalle pagine del Vangelo di Matteo (25, 31-46). A ricordare che quello che fai ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a me. E mi hai preso sul serio anche quando chiamavo beati gli operatori di pace, «perché saranno chiamati figli di Dio». E anche quando il rumore della festa cancella l’urlo delle vittime delle guerre che straziano il mondo e delle violenze che abitano le nostre case, ti fai operatore di pace. Ecco: ci sono tanti modi per vivere il passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo. E ci sono giovani che scelgono di viverlo come donne e uomini resi nuovi dall’incontro con Cristo, per rendere nuovo e migliore il mondo. Fosse anche solo il pezzetto di mondo attorno a loro. In questo servizio a più voci parliamo di quei giovani e di quello che faranno e vivranno. Tra festa e convivialità, preghiera e servizio agli ultimi. Pronti ad approdare al 1° gennaio. Che non è solo “Capodanno”: è la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Ed è la Giornata mondiale della pace. Con il messaggio di Leone XIV che ha per tema «La pace sia con tutti voi: verso una pace “disarmata e disarmante”». Come quella attesa e costruita dai giovani che hanno preso sul serio Gesù. (Lorenzo Rosoli)

Milano, Caritas Ambrosiana / «Finire in bellezza» è donare il proprio tempo: giovani volontari, tra Refettorio e minori

di Annalisa Guglielmino
Chiudere l’anno «in bellezza». Lontano dal luccichio dei lustrini, ma vicinissimi, tanto da vederli brillare, agli occhi di uno sconosciuto. Per i giovani di Milano, anche quest’anno Caritas Ambrosiana apre le porte del Refettorio Ambrosiano – nelle serate del 24, 25 e 26 dicembre, e l’1 e il 6 gennaio 2026 – a volontari di età compresa fra i 18 e i 35 anni che vogliono offrire, a chi non ha quasi nulla, la cosa che più ha valore: il proprio tempo. Questa proposta, assieme al Capodanno solidale “Finire in bellezza”, tra Milano e Varese, e a “Not(t)e di pace” a Lecco, con Pastorale giovanile e Azione cattolica, animerà le case d’accoglienza della diocesi.
«Ci si potrebbe aspettare, forse, un festeggiamento dimesso, se non un clima di sofferenza, invece quello che ho trovato io è stata una serata divertente, piacevole, dopo un’intera giornata a preparare le attività per la sera, e la sorpresa di scoprire che stare accanto alle persone in difficoltà, anche gravi, genera affetto. Si vede l’umanità aprirsi come un fiore». Davide, 29 anni, quest’anno tornerà a servire ai tavoli della Casa della Carità. L’anno scorso ci era finito un po’ per caso, e un po’ con la volontà di mettersi alla prova in qualcosa di mai esplorato prima. «Era un periodo particolare, di riflessione, di domande sul mio futuro, di somme da tirare». A Capodanno, si è ritrovato a mettere in colonna un segno più, quando meno se lo sarebbe aspettato: «La sorpresa più grande sono state le persone che ho incontrato, dalle più estroverse e disposte a raccontarsi, a quelle le cui storie puoi solo provare a intuire». Ha capito che «basta un po’ di vicinanza per vedere una persona fiorire». Come quel papà arrivato da un Paese lontano, schiacciato alla parete con la moglie velata e i figli. «Non parlavano una parola di italiano, capivano pochissimo inglese. Non capivano il senso della tombola». Davide ha ancora davanti a sé l’immagine di quella famiglia nell’angolo, sola di una solitudine assoluta. «Mi sono limitato a stare accanto a loro. Sorridevo, chiudevo le caselle, accompagnavo i bambini al centro del salone a prendere i loro premi. Alla fine quel papà e quella mamma mi hanno sorriso. Un semplice sorriso che mi resterà per sempre nel cuore».
Oggi Davide ritrova , insieme ad altri che come lui hanno fatto la stessa esperienza e a tantissimi nuovi volontari, «quella gioia che si costruisce e si gusta a partire dalla fatica di spendersi per gli altri». Difficile trovarli, giovani così? «Affatto», assicura Irene Papagni, che in Caritas Ambrosiana si occupa del progetto: «L’iniziativa, le cui iscrizioni si sono aperte a novembre, è sold out. Ma le domande in eccesso potranno essere riformulate per la stessa attività nel periodo pasquale».
I giovani sono stati reclutati, oltre che per servire al Refettorio, anche alla Casa della Carità, nelle comunità mamme-bambini, e in quelle per minori non accompagnati. Per questi ultimi è stata organizzata una gita fuori porta, a Torino, per una giornata spensierata. Per i giovani, spiega Papagni, è un cambiamento di visione: scoprono che carità non significa solo andare a servire a una mensa o mangiare insieme a chi è nel bisogno, ma condividere momenti di svago, scoprendo i mille modi per entrare in relazione con l’altro.

Torino, Arsenale della Pace / In mille, disarmati e disarmanti. E col “cenone del digiuno” un aiuto ai poveri del mondo

di Chiara Vitali
Rinunciare al cenone di Capodanno per sostenere progetti di solidarietà. Ascoltare testimonianze dai contesti di guerra. Cercare desideri grandi per l’anno nuovo, percorrere le strade di Torino in silenzio o cantando, partecipare a una Messa di Mezzanotte. Non è difficile definire questo Capodanno “alternativo”. Negli anni, migliaia di giovani vi hanno partecipato e anche per questo dicembre mille persone parteciperanno. È l’ultimo dell’anno all’Arsenale della Pace, casa del Sermig, il Servizio missionario giovani fondato da Ernesto Olivero e sua moglie Maria Cerrato negli anni Sessanta. Oggi è una casa nel cuore di Torino con la porta sempre aperta per i giovani e per chi vive situazioni di fragilità, abitata da una fraternità di religiose, religiosi e famiglie. Tra loro c’è Annachiara Toffanin, 27 anni, che assieme ad altri si sta occupando dell’organizzazione del Capodanno: «Il tema quest’anno sarà la Pace disarmata e disarmante, a partire dal messaggio di papa Leone XIV proprio per la giornata dedicata alla Pace». Si inizierà alle 20 con il “cenone del digiuno”: «Chi partecipa devolve l’equivalente di un cenone ad alcuni progetti specifici: uno è la missione del vescovo Christian Carlassare, in Sud Sudan; altri sono legati al Patriarcato Latino di Gerusalemme, altri ancora in Libano e Siria». Perché qualcuno dovrebbe aver voglia di digiunare, a Capodanno? «È un gesto che ci aiuta a non dimenticarci degli ultimi, soprattutto in questi giorni di festa in cui chi è ai margini spesso si sente ancora più escluso – risponde Annachiara –. Vivremo insieme una Veglia fatta di musica, riflessioni e testimonianze. Per i giovani sarà l’occasione di mettere al centro la testa, il cuore, i pensieri. Spesso viviamo un po’ scollegati dal mondo e dalle notizie: paradossalmente, pur essendo molto informati, siamo poco consapevoli». Dalle 22,30 i partecipanti si muoveranno per una marcia che li porterà prima al Cottolengo e poi in Duomo per la Messa con l’arcivescovo di Torino, il cardinale Roberto Repole. Dei partecipanti, 300 giovani si fermano all’Arsenale per qualche giorno, poi altri daranno il cambio. «È il periodo dei campi invernali, arrivano giovani da tutta Italia».
In marcia e in preghiera per la pace: si rinnova, a Torino, la proposta di Capodanno del Sermig / Archivio Sermig
In marcia e in preghiera per la pace: si rinnova, a Torino, la proposta di Capodanno del Sermig / Archivio Sermig
C’è chi vive questo tipo di Capodanno da anni, come Daniele Ballarin, anche lui parte della Fraternità del Sermig: «I giovani che partecipano di solito sono persone in ricerca». Si desidera concludere l’anno dando alle cose un senso profondo. «Mi piace fare questo parallelismo: ogni giorno arriva la sera, che è uno dei momenti più affascinanti della giornata, con i suoi tramonti, la notte, e per i giovani le uscite e le feste. Allo stesso modo, il Capodanno è la sera di tutto l’anno, la conclusione di un periodo importante: e allora c’è la voglia di vivere qualcosa di particolare, in un clima di condivisione e solidarietà».
La sera del 31 dicembre sarà preceduta da un altro appuntamento importante: nel pomeriggio di domenica 29 i bambini e i giovani che frequentano l’Arsenale guideranno un’altra marcia per la pace per le strade del centro di Torino. «Vogliamo ricordarci che non siamo soli ma anche che ciascuno di noi nella vita di tutti i giorni ha tante scelte personali da compiere, che possono essere di vera pace, a partire dal proprio metro quadrato. Se non ci educhiamo a questo, è difficile sperare che il mondo cambi – concludono Annachiara e Daniele –. E invece cambiare è possibile». (La diretta della Veglia di Capodanno si potrà seguire in streaming sul canale YouTube del Sermig).

Roma, La Verna, Bologna / Da “peacemaker” e a fianco dei fragili: ecco le vacanze di chi è in cerca di senso

di Irene Funghi
Che si tratti di mettersi a servizio o rileggere in preghiera l’anno passato e fare verità su quanto vissuto, i giovani non si fanno attendere. Da luoghi vicini e lontani si organizzano anche quest’anno per vivere l’inizio del 2026 in modo non convenzionale, ritrovarsi insieme non solo come amici, ma come fratelli. Ce ne parla l’esperienza dei ragazzi e delle ragazze vicini alle suore della Carità di santa Giovanna Antida Thouret, che da diverse parti d’Italia, dalla Francia, dalla Romania, da Malta e dall’Albania si ritroveranno a Roma dal 28 dicembre al 2 gennaio, per vivere quei giorni da “Instancabili cercatori di Luce”, dice il titolo scelto per l’iniziativa.
È nella “Casa Santa Giovanna Antida”, poco più a nord del Vaticano, che alterneranno momenti di formazione e ascolto della Parola di Dio e testimonianze a quelli di servizio nella mensa Caritas di Roma in via Marsala, nei pressi della stazione Termini, dove il 31 sera ceneranno e animeranno gli ultimi momenti dell’anno con una tombolata assieme agli ospiti dell’ostello “Don Luigi Di Liegro”. È «un ambiente – quello che si crea – di scambio culturale, in cui si condividono le esperienze di fede e si scoprono somiglianze e differenze che arricchiscono il percorso spirituale e la crescita umana dei giovani», afferma suor Caterina Siciliano, responsabile della pastorale giovanile della provincia europea delle suore della Carità di santa Giovanna Antida Thouret.
Crescita di cui ha sete anche chi dal 30 dicembre al 1° gennaio sarà sul monte della Verna, dove san Francesco ha ricevuto le stimmate, per imparare ad essere “Peacemaker”, si legge nel titolo del ritiro, che continua con il Poverello: “Signore fa di me uno strumento della tua pace”. «Vogliamo pensare ai piccoli grandi conflitti dentro e fuori di noi come a delle occasioni davanti alle quali non c’è da scappare e che vanno attraversate. L’altro, così, da nemico diventa qualcuno che può aiutarci a crescere e trovare soluzioni ai problemi che si presentano», racconta fra Alessandro Martelli, frate minore tra gli organizzatori del ritiro. Conflittualità che, dentro sé stesso e con i fratelli, era stata vissuta anche dal santo di Assisi proprio sul monte delle stimmate: «Cercò in quella situazione la presenza di Dio, che ha voluto non esistesse circostanza in cui Egli non possa trovarci», commenta il frate, che aggiunge: «La pace non è assenza di conflitti, ma dono che viene da Dio: per questo la dimensione della preghiera sarà importante». Anche i giovani, quindi, vivranno lo scoccare della mezzanotte nella basilica del santuario, dove con una veglia accoglieranno l’anno nuovo, che li troverà «con qualche strumento in più», dice fra Alessandro, per proseguire il cammino.
Mentre per le ragazze che nei giorni a cavallo tra il 2025 e il 2026 proprio non fossero disponibili c’è l’esperienza di servizio e preghiera organizzata a Bologna dalle clarisse francescane missionarie del Santissimo Sacramento dal 2 al 5 gennaio. È in un’ala della loro casa provinciale di via della Torretta, infatti, che vengono ospitate mamme e bambini in difficoltà: «È come avere il mondo in casa – spiega suor Valeria Tolli, responsabile per l’Italia della pastorale giovanile e vocazione del suo ordine religioso –: le ospiti vengono da diversi Paesi e portano con loro culture, tradizioni e credo religiosi diversi». In questo contesto le giovani ragazze potranno «vivere momenti di preghiera guidati e riversare il frutto della preghiera nel servizio, dato che come clarisse prendiamo da santa Chiara lo stare con Gesù e da san Francesco l’apostolato e l’annuncio», conclude.

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