Milano, il popolo del rito ambrosiano antico celebra il Giubileo nella Basilica di Sant'Ambrogio
di Andrea Galli
Domenica 14 dicembre alle 20.30 la Messa secondo il rito precedente alla riforma del Concilio Vaticano II. Monsignor Francesco Braschi: «Un gesto di comunione con la Chiesa e di gratitudine»

Tra gli eventi di questo Giubileo che si avvicina alla conclusione ce n’è uno che si sta per svolgere a Milano e che potrebbe apparire di portata solo diocesana, ma che per le sue caratteristiche e la sua singolarità è motivo di interesse anche oltre i confini della Chiesa locale. Domenica 14 dicembre alle 20.30, presso la Basilica di Sant’Ambrogio, verrà infatti celebrata una Messa giubilare in rito ambrosiano antico, cioè secondo il Messale in uso prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, secondo l’edizione del 1954 ad opera del Cardinal Schuster. Una forma rituale oggi tenuta viva, in tutta la Chiesa, da quattro gruppi stabili di fedeli presenti a Varese, Lecco, Legnano e ovviamente Milano. Nel 2025 compie tra l’altro 40 anni il più longevo di questi gruppi, quello milanese, che si ritrova ogni domenica mattina presso la chiesa di Santa Maria della Consolazione “al Castello”, in largo Cairoli. Uno dei due sacerdoti che celebrano in Vetus Ordo per questa comunità, e colui che celebrerà la Messa di domenica 14 nella Basilica di Sant’Ambrogio, è monsignor Francesco Braschi, viceprefetto e dottore della Biblioteca Ambrosiana, direttore della Classe di Slavistica dell'Accademia Ambrosiana, docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e molto altro.
Monsignor Braschi, perché questa liturgia in rito ambrosiano antico in Sant’Ambrogio?
Il primo significato è certamente quello di poter celebrare l’Anno giubilare, che è un gesto di comunione con la Chiesa e di gratitudine per un evento che segna il riconoscimento e la celebrazione della Chiesa come luogo nel quale il Signore dispensa i suoi doni di grazia. Tra questi spicca l’indulgenza plenaria, che implica un cammino di riconciliazione, di avvicinamento a Dio e di approfondimento della propria fede. Questa è la prima motivazione. Certamente, celebrare questa Eucaristia nella Basilica di Sant’Ambrogio segna anche il rinsaldarsi e l’approfondirsi di un legame con tutta la tradizione ambrosiana, oltre a esprimere gratitudine nei confronti dell’arcivescovo di Milano, che ci ha dato questa possibilità attraverso i suoi delegati responsabili per la celebrazione in rito ambrosiano secondo i testi anteriori alla riforma del Vaticano II.
C’è stato quindi un permesso dell’arcivescovo?
Sì. Abbiamo presentato la richiesta per questa celebrazione a monsignor Claudio Fontana, delegato arcivescovile per le celebrazioni in rito ambrosiano con i testi antecedenti alla riforma del Vaticano II, e poi all’abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini, che non è solo il “padrone di casa”, ma anche il parroco del territorio su cui sorge la chiesa di Santa Maria della Consolazione. È proprio lì che normalmente celebriamo, perché è il luogo indicato dall’arcivescovo, tramite il vicario generale monsignor Franco Agnesi.
Lei celebra la Messa in rito ambrosiano antico ormai da diversi anni. Come iniziò?
Mi venne chiesto dall’incaricato diocesano se ero disponibile a celebrare per questa comunità e accettai con disponibilità e gratitudine. La liturgia della Chiesa, anzi le liturgie della Chiesa, ovvero i diversi riti liturgici, sono un tesoro particolarmente prezioso: vedevo quindi questa proposta come un’occasione importante per conoscere più a fondo una liturgia, quella precedente alla riforma, che non avevo mai celebrato prima.
Lei celebra anche nel rito bizantino, giusto?
Sì, ho l’indulto della Santa Sede per la celebrazione del rito bizantino. Quando parlo dell’amore e della gratitudine per la ricchezza che la liturgia della Chiesa offre in tutti i suoi riti, mi riferisco proprio a questo. Posso dire che tutte le occasioni avute di celebrare sia in rito bizantino sia in rito antico mi hanno aiutato ad approfondire e ad amare ancora di più l’ars celebrandi, ovvero di quel servizio liturgico al popolo di Dio che fa parte delle promesse presbiterali, e dunque della mia vocazione.
Come vive il suo multi-ritualismo?
Considero questa possibilità una grande ricchezza, per la quale sono profondamente grato. Tra l’altro, la celebrazione nel rito ambrosiano nella forma pre-Vaticano II e quella nel rito bizantino aiutano a comprendere meglio anche il modo di celebrare secondo il Messale di Paolo VI. Come ha ricordato papa Leone XIV parlando a sacerdoti e seminaristi, è fondamentale recuperare il senso del mistero nella liturgia. Questo, a mio avviso, può essere favorito anche dalla conoscenza del rito ambrosiano antico e della Divina Liturgia bizantina nelle sue diverse forme.
Nel rito ambrosiano lei trova tracce della liturgia bizantina?
Certamente. Più che di “tracce” possiamo parlare di convergenze. Basta un esempio: le preces quaresimali ambrosiane, in una delle due forme possibili, sono una fedele trasposizione di un testo antichissimo presente anche nella liturgia bizantina e detto Grande Litania di Pace. I due testi sono quasi totalmente sovrapponibili. È significativo che anche la nuova edizione del Messale Ambrosiano, promulgata circa un anno fa, abbia riproposto in appendice il testo delle preces, in latino e con la melodia tradizionale, come possibile forma della preghiera dei fedeli, soprattutto in Quaresima. Allo stesso modo, le preghiere ambrosiane dell’offertorio, per stile e ispirazione, sono molto vicine alle preghiere che il sacerdote recita durante il Grande Ingresso nella liturgia bizantina. Ciò che accomuna profondamente questi riti è anche l’attenzione al ruolo del sacerdote, inteso come autentico servizio, senza protagonismi, alla liturgia. In entrambi i casi il sacerdote è realmente a servizio del Mistero celebrato, ed è assai aiutato a pregare: questo favorisce una celebrazione più corretta e più consapevole anche nel Novus Ordo, dove il dialogo fondamentale non è tra il sacerdote e l’assemblea, ma del sacerdote e dell’assemblea con Dio.
Sono aspetti che erano presenti nella visione liturgica di Benedetto XVI.
Sì, e che ritroviamo anche nel recente magistero di papa Leone XIV, proprio nel richiamo alla riscoperta dello spirito della liturgia e al senso del mistero come dimensione fondamentale.

A proposito di rito bizantino e Oriente cristiano: nel mondo ortodosso si era manifestato negli anni scorsi un interesse crescente per sant’Ambrogio, in particolare da parte del Patriarcato di Mosca. È ancora così?
Sì. A Mosca è in corso dal 2012 la pubblicazione delle opere di Sant’Ambrogio in russo e latino, un progetto al quale partecipa fin dall’inizio anche la Biblioteca Ambrosiana. Siamo ormai oltre la metà dei volumi previsti, che stanno incontrando un notevole interesse tra i fedeli ortodossi, i quali riconoscono sant’Ambrogio come un Padre della Chiesa significativo anche per loro. Recentemente, inoltre, il metropolita di Košice della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e Slovacche ha visitato la chiesa di Santa Maria della Consolazione e ha voluto assistere a una celebrazione in rito ambrosiano antico. La sua diocesi custodisce infatti la memoria dei missionari inviati da sant’Ambrogio su richiesta della regina Fritigil, come racconta Paolino nella Vita di Ambrogio. Tradizionalmente, il territorio di queste popolazioni viene identificato con l’area tra l’attuale Cechia e Slovacchia. Proprio per questo sant’Ambrogio è uno dei patroni principali di quella diocesi. Il 7 dicembre scorso, questo metropolita ha voluto celebrare in rito ambrosiano nella sua cattedrale, scegliendo la forma pre-Vaticano II.
Gli ortodossi hanno qualche difficoltà con la figura di sant’Agostino, mentre attraverso sant’Ambrogio il dialogo sembra più facile.
La valutazione di sant’Agostino nella teologia ortodossa è molto articolata e sarebbe complesso ricostruirne tutte le posizioni. Certamente sant’Ambrogio ha conosciuto una significativa riscoperta. Esistono studiosi greci della Chiesa ortodossa che si occupano della sua opera, e non più tardi di quattro anni fa si è tenuto, presso la scuola dei dottorati del Patriarcato di Mosca, un convegno internazionale dedicato a sant’Ambrogio di Milano e alla sua eredità spirituale e teologica.
Tornando agli echi orientali nel rito ambrosiano antico: da dove hanno origine?
Un fattore importante è legato al fatto che, all’epoca di sant’Ambrogio, Milano ospitava la corte imperiale e con essa alcune consuetudini già attestate a Costantinopoli. Ambrogio stesso ebbe modo di intervenire su alcune di queste usanze: ad esempio, l’imperatore Teodosio riteneva di poter sedere nel presbiterio, come avveniva a Costantinopoli, ma Ambrogio gli spiegò che il suo posto era tra i fedeli, seppur in posizione eminente. Questo episodio mostra come Milano fosse in dialogo con le consuetudini liturgiche della Chiesa costantinopolitana. Possiamo far risalire questi rapporti alle forme più antiche del culto cristiano. Anche la Chiesa latina, del resto, ha conservato a lungo elementi provenienti dalla liturgia greca. Un esempio significativo sono gli Improperia del Venerdì Santo, che includono il Trisagion in greco: Agios ho Theós, Agios ischyrós, Agios athánatos, eléison imàs. Questa presenza, ora limitata alla liturgia del Venerdì Santo, testimonia un’osmosi profonda tra testi e tradizioni greche e latine. Milano, inoltre, ha un legame importante con la liturgia gerosolimitana, che è diventata un modello per molte altre liturgie, sia orientali sia occidentali. Il rito ambrosiano è dunque testimone di una grande ricchezza e creatività liturgica che si è sviluppata lungo tutta la storia, ricordandoci che la liturgia non è una realtà statica, ma una realtà viva.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






