«Fede, libertà e futuro: ecco i sogni di noi detenuti»

Domenica il Giubileo dei detenuti, abbiamo raccolto le loro voci
December 12, 2025
Due mani che sporgono dalle sbarre di un carcere
La cella di un carcere italiano / ANSA
Alcune delle lettere inviate ad “Avvenire” da persone detenute in vista del Giubileo di domenica prossima
Alcune delle lettere inviate ad “Avvenire” da persone detenute in vista del Giubileo di domenica prossima
In vista del Giubileo dei detenuti che verrà celebrato domenica 14 dicembre, che porterà a Roma seimila pellegrini e che avrà il suo culmine nella Messa presieduta alle 10 da Leone XIV nella Basilica di San Pietro, molti messaggi sono arrivati alla redazione di Avvenire. Vengono sia da parte di chi potrà recarsi nell’Urbe, sia da quanti, pur dovendo restare in carcere, hanno voluto testimoniare come stanno vivendo questo “tempo forte”. Alcuni nomi delle testimonianza che seguono sono di fantasia. Sul sito www.avvenire.it in questi giorni continueremo la pubblicazione dei loro messaggi, che restituiscono uno spaccato significativo e sorprendente dell’umanità che vibra in quei luoghi. 

Dietro le sbarre ho scoperto la libertà

Intendo sfruttare questa occasione per portare la testimonianza di quanto sia opprimente l’idea di essere carcerato. Ho bisogno di rompere queste catene che mi tengono dentro, di essere salvato, ma mi rendo conto che non è il “fine pena” che può salvarmi e liberarmi, ma la mia conversione, ovvero la diversa visione dell’idea di prigione. Tutto conduce al bene, tutto volge al bene e da questo voglio partire per poter vivere con gli occhi sgranati di un bambino questo grande paradosso: la libertà nello stato di prigioniero. Da questa idea nasce la mia speranza che mi porta a dipendere da Dio. Il legame con Dio è l’unico che non delude mai, perché non avrà una fine. Questa conversione donatami, senza meritarla, trasforma il carcere in casa e il carcerato in uomo libero, perché nessuno mi potrà togliere l’unica cosa da cui voglio dipendere. Io, che non ho neanche la possibilità di recarmi a Roma per partecipare a questo evento, ho scoperto la libertà che da libero non conoscevo. Il Giubileo dei detenuti è per me occasione di donare la mia testimonianza di felicità, non meritata, per la quale io come Maria ho solamente detto “sì”.
M., Sulmona

Quella carezza di Dio quando volevo farla finita

Fino a tre anni fa non credevo, il cambiamento che ho avuto è grazie alla fede. Quando ero nel momento più buio e vedevo come unica soluzione la morte, Dio si è manifestato attraverso dei segni: il primo è stato quando non avevo più nessuno e avevo toccato il fondo, stavo sempre chiuso in cella, e una farfallina si è posata sulla mia gamba, io l’ho presa e l’ho liberata fuori dalla finestra. In quel momento ho sentito che Dio voleva liberarmi dalla sofferenza che avevo dentro e dalla solitudine. Ho cominciato ad incontrare persone che mi volevano bene (la criminologa, l’educatrice, il direttore, le suore di Madre Teresa, il cappellano, i volontari) ed è iniziato un percorso con alti e bassi, fra cui anche un tentativo di suicidio. Dio ha avuto pazienza e mi ha mandato un angelo: ho conosciuto la storia di Eva, una ragazzina malata fin dalla nascita, apparentemente rinchiusa nel suo corpo, ma che spiritualmente aiuta tante persone. Nel momento in cui stavo per perdere la vita con il suicidio ho sentito la carezza di Dio su di me attraverso la mano di Eva. Ho ricominciato a vivere. Oggi vivo appieno la fede, anche se ho tanti problemi sono libero dentro.
D., Bologna

Il messaggio del Giubileo? Io non sono un “errore”

Nelle carceri ci sono suore e don che stanno vicino a ognuno di noi, io le chiamo “anime belle”. Ti aiutano ad affrontare quel percorso senza rischiare di perderti nel nulla, persone che guardano oltre il perché tu sia lì. Questo è per me il significato del Giubileo: poter aggiungere un tassello di speranza che non mi faccia sentire solo un “errore” e provare la gioia nel sentire che c’è chi lascia una porta aperta per te, una seconda possibilità per dimostrare che non si è solo detenuti ma persone, con sentimenti, con vite più o meno belle, ma pur sempre vite. Quando sono uscita per andare in misura alternativa, ho provato la vergogna, pensavo “non esco perché se mi vedono chissà cosa penseranno di me”. Ma con l’aiuto della famiglia, di amici e di una suora che per me è stata un faro — e lo è ancora — ho ritrovato la forza. Ecco cos’è il Giubileo: un faro di persone che vanno oltre i pregiudizi e che hanno la forza di vedere con altri occhi persone che non sono solo uno sbaglio. Il viaggio a Roma può esser l’inizio della speranza.
A., Bergamo

Ergastolano e pellegrino in cerca di perdono

Sono ergastolano, dopo qualche anno di carcere sono pronto a iniziare un nuovo percorso all’esterno del penitenziario con un lavoro e nuove opportunità. Mi piace pensare che ho anche una data di inizio per questo: proprio il 14 dicembre 2025, l’anno zero, quando sarò presente in San Pietro in occasione del Giubileo su invito dei volontari di Incontro e Presenza. Arriva in un periodo segnato da profonda riflessione e dal desiderio di compiere un atto concreto di ricerca interiore e riconciliazione. Sarò un pellegrino in cerca di perdono che ha sete di conoscenza, trasformando il passato in una lezione e il futuro in una promessa.
Claudio Lamponi, Opera (Milano)

Vogliamo rialzarci, ricordatevi di noi

La decisione di partecipare al Giubileo nasce dalla proposta fatta dal cappellano: è per me una gratificazione profonda e la conferma che il percorso che sto compiendo è positivo e viene riconosciuto. Non sono mai stato un cattolico praticante, ma questa esperienza potrà offrirmi un motivo in più per avvicinarmi a Dio e rafforzare il mio rapporto con la fede. Vado a Roma con la speranza che questo incontro possa essere l’inizio di un cammino spirituale più profondo e consapevole. Il Giubileo rappresenta per me una speranza, ma anche un’occasione per ricordare a tutti la nostra condizione, non solo durante eventi come questo. Ci sono molte persone che desiderano rialzarsi, ma spesso mancano gli strumenti necessari per farlo. Il Giubileo è un simbolo di rinascita possibile e un messaggio di apertura verso chi cerca una seconda possibilità.
Vincenzo C., Augusta

Fra carcere e territorio, ponti per dare futuro

Il più grande miracolo è il cambiamento di un cuore che si apre all’amore di Dio. Può avvenire anche all’interno di un carcere addolcendo questo tempo di sofferenza con la gioia e la pace riconciliata con Dio che bussa alla nostra porta e attende con pazienza che noi gli apriamo. Questo è il momento più importante della vita perché dalla tua decisione potrebbe iniziare un nuovo cammino nella luce della speranza. Parlare di verità e libertà soprattutto con coloro che operano nelle carceri – cappellani, volontari e operatori – ha il sapore di una parola che riempie i cuori dei molti ristretti che hanno perso momentaneamente la loro libertà personale. Ma cosa significano le parole libertà e verità? Entrare silenziosamente nel proprio cuore per ripercorrere il vissuto e scoprire limiti e fragilità che hanno rubato dal cuore dell’uomo sia la libertà sia la verità. È difficile immaginare un mondo complicato come quello carcerario che non vedi e quindi non conosci, quindi è essenziale creare dei ponti tra carceri e territorio, unica strada per dare speranza e futuro a coloro che sono stati marchiati. Si deve coinvolgere e sensibilizzare l’opinione pubblica, le nostre comunità, la politica ad essere di aiuto verso coloro che sono privati della libertà personale. Il frutto di questo lavoro vuole essere donato nelle mani degli uomini liberi per insegnare a non puntare mai il dito sull’altro giudicandolo e condannandolo, lasciandoci guidare invece dalla parola di Chi è il nostro “avvocato” e usa per noi misericordia, amore e perdono. Questo avviene anche attraverso l’aiuto di molti credenti che entrando nelle carceri si mettono in ascolto delle sofferenze, stringendo rapporti di amicizia e indicando cammini nuovi. Papa Francesco disse: “Nessuno di voi si chiuda nel passato, la storia passata non potrà essere riscritta, ma quella che inizia oggi e che guarda al futuro è tutta da scrivere con la grazia di Dio e la vostra personale responsabilità”. Con la forza della speranza nel cuore siamo chiamati tutti a non arrenderci, ma a sanare le nostre ferite e a camminare con un cuore nuovo verso un futuro di vera libertà.
Livio Demuri, Cagliari

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