"Dei Verbum": e il popolo di Dio ritrovò la Parola

Il biblista Pietro Bovati: il documento chiama a dare alla Sacra Scrittura un’influenza determinante in ogni settore della vita ecclesiale
December 11, 2025
"Dei Verbum": e il popolo di Dio ritrovò la Parola
La Costituzione dogmatica Dei Verbum, a sessant’anni dalla sua promulgazione, non solo non ha perso il suo vigore e la sua freschezza, ma continua ad essere uno dei pilastri per comprendere l’attualità del Concilio Vaticano II e rappresenta un riferimento essenziale per chi fa il biblista. Di tutto questo è convinto il gesuita Pietro Bovati. Classe 1940, discepolo del cardinale Carlo Maria Martini, è stato segretario della Pontificia commissione biblica dal 2014 al 2020, succedendo in questo prestigioso incarico a due grandi studiosi della Parola, gesuiti come lui, Klemens Stock e il cardinale Albert Vanhoye.
Per anni il religioso ignaziano è stato docente al Pontificio Istituto Biblico di Roma di esegesi e teologia dell’Antico Testamento e di ermeneutica biblica. E ha avuto il privilegio di aver predicato nel marzo del 2020 gli Esercizi Spirituali (gli ultimi in presenza) alla Curia Romana e a papa Francesco ad Ariccia, dal titolo “Il roveto ardeva per il fuoco: l’incontro tra Dio e l’uomo”. «
La Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla Divina Rivelazione del 1965 – è l’argomentazione dello studioso – è senza dubbio uno dei contributi più rilevanti del Concilio Vaticano II; pur nella sua forma breve e sintetica, ha infatti avuto uno straordinario impatto innovativo sulla vita della Chiesa. La sua promulgazione era stata comunque preparata sia dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium del 1963 sulla Sacra Liturgia – che in diversi punti (i numeri 24, 35, 51) auspicava una più ampia e accessibile lettura dei testi sacri nelle diverse modalità della preghiera ecclesiastica, sia dalla Lumen Gentium del 1964, che proponeva una visione della Chiesa come popolo di Dio, ancorando esplicitamente la sua trattazione alla tradizione biblica».
Un documento che è stato “vissuto” dagli esegeti di allora come un testo unico che apriva nuovi orizzonti nel campo della ricerca. Ci può spiegare il perché?
Per i biblisti, la Dei Verbum continua a essere ancora oggi un riferimento essenziale per diversi motivi. Innanzi tutto, perché con essa viene dato un rilievo basilare alla Parola di Dio consegnata nelle Sacre Scritture. Rispetto a un precedente insegnamento teologico e catechetico impostato su una dottrina statica e uniforme, venne aperto l’orizzonte storico, complesso e dinamico della Bibbia, con i suoi racconti, i suoi simbolismi e una carica spirituale che scaturisce proprio dall’accesso personale e comunitario con la Parola di Dio. L’autorevolezza del documento conciliare portava a compimento un processo riflessivo che, a partire dalla enciclica Divino Afflante Spiritu del 1943 di Pio XII era stato promosso dal lavoro degli esegeti in accordo con diversi pronunciamenti del Magistero ecclesiale; ne è così scaturito il frutto benefico di un incoraggiamento significativo degli studi biblici e una diffusa pastorale basata sulla Bibbia. La Dei Verbum ha favorito il movimento ecumenico, specialmente nel rapporto con le Confessioni evangeliche; scambi e collaborazioni di studio hanno migliorato l’interpretazione delle Scritture. Infine, proprio dalla Dei Verbum è stato richiesto agli esegeti di non limitarsi alle questioni filologiche, storiche e archeologiche del testo sacro, ma di promuovere una lettura credente che fosse di utilità spirituale per tutto il popolo cristiano.
Il gesuita e biblista Pietro Bovati
Il gesuita e biblista Pietro Bovati
Che ricordi custodisce degli anni del Concilio e del dibattito molto acceso attorno alla Dei Verbum che si sviluppò tra gli specialisti?
Prima del Vaticano II, lo studio scientifico della Scrittura era stato motivo di sospetto e di critica da parte del Magistero. La stessa conoscenza della Bibbia era d’altronde considerata quasi secondaria nella trasmissione della fede. Benché la Dei Verbum affermi che «la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture» come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo (n. 21), bisogna con franchezza riconoscere che, dopo l’epoca patristica è prevalso nella Chiesa in modo dominante l’approccio sistematico della dottrina (scolastica), sia in teologia, sia nella catechesi, dove la Scrittura aveva una funzione marginale. Inoltre, prima del Vaticano II, nella liturgia eucaristica, universalmente praticata in latino e quindi non accessibile alla maggior parte dei fedeli, la lettura della Sacra Scrittura era assai limitata, e quasi assenti erano i testi dell’Antico Testamento; la predicazione poi raramente commentava il testo biblico. Ora, proprio con le decisioni normative del Vaticano II, la situazione è radicalmente e felicemente mutata. Molti esegeti in quegli anni difficili hanno sofferto per il loro amore della verità scientifica, unito a un reale attaccamento alla fede cristiana. Ciò ha prodotto come frutto squisito il meglio del Vaticano II.
Un contributo particolare attorno a questa Costituzione arrivò proprio dai padri del Biblico di Roma…
Va al proposito ricordato e onorato il contributo dei biblisti che, durante le sedute del Concilio hanno dispiegato iniziative importanti per aiutare i padri conciliari a produrre un documento di valore sulla Divina Rivelazione. Ricordo che il cardinale Carlo Maria Martini diceva che gli anni del Concilio furono i più intensi e i più proficui nella storia dell’Istituto Biblico, per l’apporto di esperti di grande valore, come il cardinale Agostino Bea, Ignace de La Potterie, Albert Vanhoye, Luis Alonso Schökel, Norbert Lohfink e diversi altri meno noti, che però hanno nel loro campo favorito un dialogo costruttivo con i vescovi e hanno lasciato, a noi, giovani discepoli, l’esempio luminoso di una consolante e proficua collaborazione ecclesiale.
Il capitolo VI della Dei Verbum invita clero e laici a dedicarsi alla lettura della Sacra Scrittura e a promuovere una maggiore familiarità con il testo biblico. Quasi un programma pastorale, direbbe il cardinale Martini. Qual è il suo giudizio a questo proposito?
L’incipit della Dei Verbum parla del «religioso ascolto della Parola di Dio», quale indispensabile condizione di una «sua proclamazione fiduciosa» fonte di salvezza dei credenti e di comunione con la Chiesa. La stessa Costituzione insiste perciò ripetutamente sul fatto che la Sacra Scrittura deve avere un’influenza determinante in ogni settore della vita ecclesiale. Anche la preghiera personale, che dovrebbe essere alimentata dalla Parola, non è ancora prassi abituale e feconda. Sono però in atto iniziative di formazione (come la “Scuola della Parola” ideata dal cardinale Martini, durante il suo episcopato milanese), e la pratica della Lectio divina viene proposta diffusamente in molte parrocchie e associazioni. Tutte queste proposte vedono con tempi, metodi e risultati disparati. Negli anni il magistero della Chiesa – basti pensare all’esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI Verbum Domini del 2010 – ha suggerito e incoraggiato i fedeli a “imparare” a pregare attraverso la Scrittura. L’ascolto della Parola di Dio è infatti la base essenziale per cercare la volontà di Dio e aderire a ciò che essa indica come via di perfezione spirituale. Tutti devono sentirsi responsabili di un tale progetto spirituale.

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