Gli organi artificiali per i trapianti pongono un problema etico
La tecnologia permette di sostituire parti del corpo, ma apre molti dilemmi su rischi, identità, equità e sul nuovo confine tra vita e morte nella medicina contemporanea

Sappiamo che a causa della scarsità di organi, a volte per persone muoiono (soprattutto i bambini, ove la scarsità è ancora maggiore a causa della misura specifica degli organi). Alcuni dispositivi artificiali consentono una sostituzione provvisoria o permanente di organi naturali. Il cuore artificiale totale è un dispositivo meccanico che sostituisce completamente le funzioni del cuore umano; viene impiantato nei pazienti con insufficienza cardiaca terminale, quando non sono disponibili cuori per il trapianto. Il cuore artificiale costituire un “ponte al trapianto”. Altri dispositivi possono essere una soluzione permanente in pazienti non idonei al trapianto (es. la dialisi, come sostituzione meccanica al rene, o il rene bioartificiale impiantabile). Molte sono le ricerche in questa direzione grazie agli sviluppi della bioingegneria, della convergenza tra ingegneria e biomedicina, ancora sperimentale. Ecmo (Ossigenazione extracorporea a membrana) è un sistema che ossigena il sangue esternamente al corpo, usato in pazienti con insufficienza respiratoria grave, spesso usato in terapia intensiva come sostituto temporaneo in attesa di trapianto o recupero polmonare. Esistono sistemi di supporto epatico extracorporeo, come il Mars (Molecular Adsorbent Recirculating System), che filtrano le tossine dal sangue in pazienti con insufficienza epatica acuta, come supporto temporaneo fino al trapianto o alla rigenerazione epatica e non sostituiscono tutte le funzioni del fegato (es. sintesi proteica). Il pancreas artificiale è un dispositivo con sistemi di infusione automatica di insulina, con sensori continui di glucosio e pompe di insulina per mimare la funzione pancreatica. La cornea artificiale o cheratoprotesi, una protesi per sostituire la cornea danneggiata, per pazienti che non rispondono ai trapianti di cornea tradizionali. L’utilizzo di dispositivi artificiali come alternativa al trapianto d’organo solleva numerose considerazioni etiche. Di seguito elenchiamo le principali.
1. La proporzionalità nella valutazione benefici/rischi
(secondo il principio di beneficenza e non maleficenza). Per ogni uso vanno verificati i benefici attesi per il paziente (in termini di prolungamento della vita e di miglioramento della qualità) a fronte dei rischi di rigetto, di infezione, di complicazioni a lungo termine.
2. L’autonomia
Ogni paziente deve ricercare adeguate informazioni complete e aggiornate, con linguaggio comprensibile, sui benefici, sui rischi (con riferimento al dolore e alla sofferenza, oltre che al disagio), sull’esistenza o non esistenza di alternative e sulle conseguenza delle scelte dell’uso o del rifiuto dei dispositivi, per consentire una scelta consapevole e responsabile per la propria salute (ad esempio un paziente con cuore artificiale può sopravvivere dipendendo da una macchina con mobilità limitata, continue applicazioni, in condizioni spesso di sofferenza e disagio). Nell’ambito dei rischi va sempre identificato il rischio di dispositivi già sperimentati dai dispositivi in corso di sperimentazione, data la incertezza di questi ultimi.
3. L’identità personale e integrità del corpo
Alcuni pazienti possono sentirsi “meno umani” o alterati a livello identitario con dispositivi artificiali impiantati; altri pazienti possono percepire i dispositivi come invasivi della integrità del corpo.
4. L’accesso equo
I dispositivi artificiali avanzati (come cuori artificiali o reni bioingegnerizzati) spesso hanno costi elevati. Ciò ha un impatto sulla disuguaglianza nell’accesso alle cure, distinguendo i pazienti che possono permettersi l’organo meccanico o dispositivo artificiale di ultima generazione, e coloro che sono costretti ad aspettare in lista il trapianto, senza alternative economicamente sostenibili, data l’impossibilità del servizio sanitario nazionale di farsene carico (se non in limitate situazioni e circostanze, oltre che tipologie). L’equità è garantita solo se è assicurato l’uguale accesso alle cure sanitarie indipendentemente dallo stato economico (capacità di pagare) e dalla condizione sociale o culturale. Molti di questi dispositivi (es. cuori artificiali, reni bioartificiali, pancreas automatizzati) hanno costi elevatissimi, spesso superiori ai trapianti stessi, almeno nelle fasi iniziali, dato il costo di produzione, manutenzione, personale specializzato, tecnologie diagnostiche di supporto. Ciò significa che non tutti possono permetterseli, specialmente nei Paesi a basso o medio reddito, o anche in Paesi avanzati ma con sistemi sanitari non universali. Anche all’interno dei sistemi sanitari pubblici, non tutte le strutture offrono gli stessi trattamenti: pazienti in regioni più svantaggiate o in zone rurali potrebbero non avere accesso a dispositivi innovativi o centri specialistici.
5. La giustizia della distribuzione delle risorse
Nella misura in cui le strutture hanno pochi dispositivi e molte persone che ne hanno bisogno, diviene eticamente complessa la scelta di come distribuire le risorse scarse, considerando che chi è escluso perde chance di vita e di salute. L’etica libertaria favorisce l’accesso ai più ricchi o con meriti di posizione sociale; la visione utilitarista a chi ha più probabilità di un recupero di buona qualità di vita (preferenza sei giovani sugli anziani); la bioetica personalista che pone al centro la dignità della persona umana applica esclusivamente il criterio medico e clinico, riconoscendo priorità a chi ha più urgenza e bisogno, nel contesto di una valutazione clinica basata su diagnosi e prognosi.
In conclusione
Se da un lato la tecnologia apre nuove possibilità, dall’altro rischia di ampliare le disuguaglianze sanitarie se non accompagnata da una riflessione etica e da politiche pubbliche responsabili. La vera innovazione non è solo quella tecnica, ma quella socialmente sostenibile. L’evoluzione della tecnologia medica, in particolare lo sviluppo di dispositivi artificiali come alternativa al trapianto d’organo, ha modificato in modo significativo non solo le pratiche cliniche, ma anche la percezione della vita e della morte. L’introduzione di cuori artificiali, reni bioingegnerizzati, sistemi Ecmo o pancreas automatici ha reso possibile prolungare la vita in situazioni che, fino a pochi decenni fa, erano considerate inguaribili e incurabili. Questo ha trasformato la morte da evento naturale e ineluttabile a qualcosa di gestibile tecnologicamente, spesso posticipabile, con il prolungamento della vita. Lo sviluppo accelerato della tecnologia in biomedicina sta modificando il modo di concepire morte e vita: la morte viene spesso vista come un fallimento medico anziché come una fase naturale dell’esistenza, in quanto la tecnologia non apre solo speranze ma a volta crea illusioni anche di immortalità. I confini tra vita e morte diventano sfumati e la vita diviene, a volte, l’unico obiettivo anche se prolungata “a ogni costo”. In questo ambito la bioetica ha sviluppato una riflessione per la identificazione delle condizioni in cui tali dispositivi sono necessari ed eticamente giustificati in quanto proporzionati e situazioni in cui, data la sproporzione tra benefici e rischi, la decisione di non iniziarli o di sospenderli può risultare giustificata.
Laura Palazzani è Ordinario di Filosofia del diritto all'università Lumsa
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