Nel Palazzo del faro di Marsiglia i giovani che partecipano agli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
Le barche ancorate lungo i moli sono decine. Barche di pescatori e di cultori del mare. È uno scrigno di storia il porto vecchio di Marsiglia. Quello turistico e mercantile, ben più trafficato, è qualche chilometro più avanti, dove attraccano anche le navi delle ong che hanno salvato i migranti naufragati fra le onde del Mediterraneo. Non c’è la fila della “carrette del mare” (e della speranza) in cerca di un approdo sicuro, come accade a Lampedusa. Però arriva l’eco della crisi umanitaria dovuta all’emergenza sbarchi in Italia. Ed entra fin nelle aule del porto vecchio che ospitano i centoventi “testimoni” di un Mediterraneo nuovo: un Mediterraneo della fraternità e dell’incontro. Sono i vescovi e i giovani giunti dai Paesi affacciati sul grande mare e riuniti qui per gli “Incontri del Mediterraneo”, una settimana di dialogo e riflessione promossa dall’arcidiocesi di Marsiglia sulla scia di due “summit” per la pace voluti in Italia dalla Cei nel 2020 e nel 2022.
Il porto della città di Marsiglia che ospita gli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
«L’altro non è un nemico. È, invece, portatore di eredità culturali e di civiltà che costituiscono la ricchezza del nostro Mediterraneo», spiega il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi. A lui è stato affidato ieri uno degli interventi della sessione di benvenuto ai pastori che sono qui insieme ai ragazzi di nazioni e fedi differenti impegnati già da domenica scorsa in un percorso di conoscenza, ascolto e proposta. All’ordine del giorno soprattutto un tema: le sfide delle migrazioni. Sfide raccontate nella Marsiglia cosmopolita dai suoi 870mila abitanti che ne hanno fatto un “melting pot” peculiare per l’Europa dove coesistono esperienze-modello di convivenza e integrazione mancata, abbraccio fra etnie e credi ed emarginazione che si tocca con mano nei quartieri ritenuti fra i più poveri e pericolosi della Francia.
L'arcivescovo Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, a Marsiglia per gli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
«Siamo di fronte a un fenomeno globale – afferma Baturi –. Ciò che accade deve inquietarci. Non nel senso di preoccuparci ma di scuoterci le coscienze. E devono inquietarci soprattutto le cause: infatti assistiamo a spostamenti di masse enormi che provengono da contesti di disagio, povertà e guerra, crisi climatica e dentro le quali si muovono forze oscure che sfruttano le difficoltà del prossimo. In pericolo è la dignità dell’uomo. Come ha sottolineato il Papa, essendo un fenomeno globale c’è bisogno di una mobilitazione globale».
Marsiglia è porto e porta del continente. Cerniera fra Oriente e Occidente, fra Nord e Sud del Mediterraneo. Ecco perché si guarda anzitutto al ruolo dell’Europa. E vescovi e giovani la chiamano in causa. «I flussi migratori – avverte il segretario generale della Cei – hanno necessità di una risposta coordinata da parte degli Stati e delle realtà sociali e religiose. Ogni volta che un bambino, una donna o un uomo arrivano a mettere a rischio la propria vita pur di lasciare tutto perché minacciati dalla miseria o dai conflitti, tutti noi, in particolare se ci professiamo cristiani, non possiamo non sentirci chiamati a intervenire per salvare, accogliere, accompagnare ma anche per sollecitare politiche concertate in tutta Europa».
La città di Marsiglia che ospita gli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
Eccellenza, c’è chi specula sulla paura dello straniero o propone di alzare muri. Che cosa può dire la Chiesa?
Anzitutto, che il migrante ha il diritto a vedere la propria vita custodita. È uno sguardo che scaturisce dal Vangelo e che deve sollecitare anche politiche di protezione e ospitalità. Guai a considerare il profugo come un numero e non come un fratello che chiede di stabilirsi nelle nostre città.
Le migrazioni mostrano le profonde distanze fra le sponde del Mediterraneo. Quale contributo dalla comunità ecclesiale per colmare le sperequazioni?
Siamo tenuti a impegnarci per costruire relazioni di amicizia e di giustizia che tengano conto del passato e scalfiscano le diseguaglianze. Non stanchiamoci di indicare questo orizzonte anche in termini di educazione. Inoltre le Chiese possono essere per gli Stati un esempio di cooperazione che li inviti a superare qualsiasi forma di egoismo nazionale. Uno slogan coniato dalla Cei dice: “Liberi di partire, liberi di restare”. Infatti la possibilità di migrare implica anche l’opportunità di rimanere nelle terre d’origine in condizioni sicure, senza guerre, fame, sfruttamento.
Nel Palazzo del faro di Marsiglia i giovani che partecipano agli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
L’arrivo di “genti nuove” richiama la convivenza fra le fedi. In quale modo il dialogo interreligioso favorisce l’integrazione?
È una delle grandi vie che possiamo indicare alle società nel segno del bene comune. Come ricorda il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, il sentimento religioso è un antidoto all’inimicizia, alla parzialità, all’estremismo. E non si pone come fattore di divisione ma come elemento di unità intorno alla ricerca di un fondamento dell’esistenza umana.
La Cei ha aperto la strada per stimolare le Chiese del bacino a ripensare il Mediterraneo come “lago” in cui ciascuno si faccia carico dell’altro.
Nel 2020 abbiamo radunato a Bari per la prima volta i vescovi del Mediterraneo per un incontro concluso dal Papa. Nel suo discorso Francesco ha sottolineato la necessità di rapporti di fraternità fra le nazioni e l’urgenza di alimentare la cultura dell’incontro. Nel 2022, a Firenze, l’attenzione si è spostata sulla cittadinanza recuperando l’eredità di Giorgio La Pira che chiamava le città a essere protagoniste di percorsi di diplomazia e riconciliazione dal basso. Ed è stata firmata la “Carta di Firenze” con i sindaci convocati a fianco dei vescovi. Adesso è una diocesi protesa verso il Mediterraneo che ha storici rapporti con le altre rive a portare avanti l’iniziativa.
La conferenza stampa con l'arcivescovo Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, a Marsiglia per gli “Incontri del Mediterraneo” - Gambassi
Qui dialogano vescovi e giovani. Ma la Cei ha già lanciato il Consiglio dei giovani del Mediterraneo.
È un’intuizione scaturita a Firenze per dare continuità al progetto investendo sui giovani e quindi sul futuro. Del resto i ragazzi sanno trasformare la mobilità in solidarietà. A Marsiglia stanno contribuendo a tessere con il Papa e i vescovi quella rete di bene che vogliamo leghi sempre di più i Paesi del Mediterraneo. Alla Gmg di Lisbona, lo scorso agosto, il Pontefice li ha esortati a farsi protagonisti: in questi incontri sta avvenendo.