lunedì 22 gennaio 2024
La riflessione del sacerdote statunitense Vincent Nagle su una forma di preghiera capace di cambiare la vita
Adorazione eucaristica

Adorazione eucaristica - Didgeman (pixabay.com)

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È famoso l’episodio narrato da san Giovanni Maria Vianney, il suo scambio di battute con un contadino analfabeta che regolarmente entrava in chiesa, si sedeva nell’ultimo banco e lì passava un po’ di tempo guardando il tabernacolo. Non sgranava il Rosario, ovviamente non leggeva alcun libro devoto, non sembrava nemmeno pregare. E un giorno, alla domanda del Curato d’Ars su cosa mai facesse durante quelle visite silenziose, il contadino, distogliendo gli occhi dal tabernacolo, rispose: «Nulla. Io guardo Lui e Lui guarda me». Una descrizione di cosa sia l’adorazione eucaristica che vale un trattato di teologia.

Don Vincent Nagle, statunitense ma di stanza a Milano, della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, nel suo ultimo, affascinante libro dedicato all’adorazione eucaristica (Davanti al Re. Sotto lo sguardo di Cristo, Ares, pagine 160, euro 15) descrive un episodio capitatogli in gioventù, che ricorda l’intuizione del contadino francese.

«Lavoravo nella grande foresta della California del nord – scrive don Nagle – dovevo trascorrere alcuni giorni da solo, molto lontano dalle altre persone. Avevo stabilito il mio piccolo accampamento presso un fiume il cui affluente proviene da una grande sorgente di acqua limpida e fredda. Cercando di immedesimarmi con il grande silenzio in cui ero immerso, stavo nel fiume, al tramonto, e guardavo attorno “assorbendo” attraverso i miei sensi l’ambiente che mi circondava: quello che vedevo con i miei occhi, ciò che sentivo con gli orecchi, tutto quello che toccava la mia pelle come la fredda corrente dell’acqua e la fresca brezza della sera. Il mio sguardo si posò su un folto gruppo di canne sulla riva del fiume. Rimasi lì per venti o trenta minuti con lo sguardo fisso su quella piccola “foresta” quando, improvvisamente, notai un paio di grandi occhi che mi stavano fissando dal canneto. Si trattava di un cervo che, immobile, stava fermo lì nella speranza di non essere notato da me. Era stato necessario molto tempo prima di individuare la presenza di un altro essere che mi guardava». L’adorazione, spiega don Nagle, è qualcosa di simile: «Spesso ho fatto l’esperienza di percepire il Suo sguardo su di me mentre trascorrevo del tempo, in silenzio, davanti a Lui... Egli è qui, realmente. Eccolo davanti a me, che mi guarda mentre pongo il mio sguardo su di Lui».

Una scoperta e una sorpresa che cambiano la vita.

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