sabato 3 giugno 2023
La consacrazione del nuovo maestro delle liturgie pontificie. Gioia, grazie e dono le parole-chiave del suo messaggio. Parolin: aiutare i fedeli all’incontro con il mistero pasquale
L’arcivescovo Ravelli e il ministero di far risplendere le celebrazioni

Vatican Media

COMMENTA E CONDIVIDI

Steso per terra, davanti all’altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro, mentre ascolta in profondo raccoglimento il canto delle litanie dei santi, monsignor Diego Giovanni Ravelli avrà sicuramente meditato nel suo cuore le parole che poco prima il cardinale Pietro Parolin gli ha indirizzato nell’omelia, per indicargli il nucleo del ministero episcopale cui il maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e responsabile della Cappella Sistina è stato chiamato dal Papa, presente alla Messa, presieduta dal segretario di Stato e concelebrata da 18 cardinali e 25 tra arcivescovi e vescovi.

«Pascere Cristo, pascere per Cristo, pascere in Cristo e non voler pascere per se stessi, escludendo Cristo», ha sottolineato infatti il porporato con le parole di sant’Agostino. Il che significa, ha aggiunto, che «Cristo è presente in ognuno dei fratelli che ci sono affidati». Perciò «l’esercizio del ministero episcopale a favore del popolo di Dio e di ogni fedele è servizio a Cristo stesso». E solo «profondamente unito a lui, il ministro ordinato incarna Cristo stesso e produce frutti, come il tralcio se rimane attaccato alla vite». Di qui l’esortazione di Parolin: «Non pensare più a noi, pensare solo a Lui. Il nostro ministero è una pedagogia dell’incontro con Cristo. Prendere per mano i fratelli, condurli a incontrare Gesù unico salvatore e poi ritirarci in silenzio. La nostra persona da sé non conta niente». Il segretario di Stato ha quindi invitato il nuovo vescovo a coltivare sempre il rapporto fecondo con il Signore. «Senza questa comunicazione con Gesù e il suo Vangelo si interrompe il flusso della linfa e rischiamo di rinsecchire. Più che dell’invecchiare negli anni, dobbiamo preoccuparci di inaridirci e di ammuffire nello spirito».

Occorre quindi «saper rinnovare le motivazioni della scelta e fondare la propria fedeltà e perseveranza sul fatto che si è detto sì a qualcuno, non a qualcosa o a qualche attività o prestazione». Specie quando, «per i più svariati motivi il ministero diviene pesante, insopportabile e dal cuore sale la domanda: chi me lo fa fare?». In quei casi, ha detto il segretario di Stato, bisogna ricordare che «il Signore non ci ha scelti perché eravamo adatti a essere preti, religiosi o vescovi, ma chiamandoci ha messo in noi ciò che è necessario per realizzare questa missione». «Il tuo nuovo ministero - ha perciò augurato - sia vissuto con serenità di animo, con inalterabile fiducia nella grazia di Dio ed anche con un pizzico di buon umore». Inoltre, «all’inizio di un millennio duro e difficile, segnato da divisioni e guerre fratricide, fino all’ultima nella vicina ucraina», anche a monsignor Ravelli «è chiesto un instancabile ministero di riconciliazione e di consolazione, di conforto e di sostegno».

Il nuovo vescovo, che ha 58 anni ed è brianzolo, rimarrà nel suo incarico. «A te dunque il compito - ha concluso Parolin - di far risplendere le celebrazioni presiedute dal Pontefice, per decoro semplicità e ordine, in modo da guidare i fedeli all’incontro con il mistero pasquale». Al termine della Messa di ordinazione, monsignor Ravelli ha riassunto in tre parole - gioia, grazie e dono - il suo stato d’animo e la sua visibile emozione. Gioia che è iscritta anche nel suo motto episcopale, Evangelii gaudium, come il titolo dell’esortazione apostolica del Papa. E proprio a Francesco ha voluto dire il suo primo grazie, seguito da quelli alla madre, presente e commossa fino alle lacrime, e a tutti i parenti e gli amici. Infine Ravelli ha chiesto il regalo della preghiera, «perché io conservi fedelmente il dono inestimabile che ho ricevuto».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: