venerdì 14 luglio 2023
Parla il direttore dell'area formazione e cultura dell'Ucei: «In Israele garantita la totale libertà religiosa»
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La presa di distanza, certo. Ma anche il dovere della chiarezza. E la messa in guardia dal rischio che i comportamenti di una minoranza vengano usati per condannare un’intera comunità. Per rav Roberto Della Rocca «vanno fatti i dovuti distinguo tra la politica di uno stato, quello di Israele, – che ha garantito fin dalla sua nascita il rispetto della libertà religiosa di tutti i culti presenti - e i gesti deprecabili di alcuni estremisti che ignorano i principi fondamentali della tradizione ebraica tra cui il “kevod haberiot”, “il rispetto della dignità di ogni persona”. Perché – spiega il direttore dell’area di formazione e cultura dell’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) – come afferma la Tradizione rabbinica “ogni individuo è stato creato a immagine di Dio”, indipendentemente dal suo credo religioso».

A suo modo di vedere in quale ambiente culturale maturano questi atteggiamenti?

Non si può ignorare un dato fondamentale. Nell’immaginario collettivo quei frati rappresentano per alcuni il volto di una Chiesa da sempre antigiudaica e antisraeliana. Mentre in molti luoghi del mondo dove risiedono comunità ebraiche sono stati fatti grandissimi passi di riconciliazione e sul piano del dialogo, in Israele la Chiesa e i francescani in particolare si sono schierati spesso a senso unico dalla parte araba e palestinese nel conflitto e non perdono occasione per sottolinearlo. Questo mix religioso e politico crea un composto micidiale.

Alcuni studiosi chiamano in causa il tempo della crociate.

Anche questa narrativa delle crociate è confusa e raccontata male. Si omette di dire che con le crociate gli ebrei furono massacrati dai cristiani. Gli ebrei però non reagirono sputando sui cristiani e mai avrebbero potuto farlo. Alcuni, nel momento del martirio recitando la preghiera dell’Alenu Leshabeach (inno di lode al Dio unico a cui un giorno tutti gli uomini faranno riferimento), emettevano uno sputo come dimostrazione di resistenza e resilienza durante il massacro. Chi usa strumentalmente queste informazioni dovrebbe documentarsi meglio.

Sulla vicenda, è intervenuto condannando questi gesti anche il presidente di Israele, Herzog.

Bene ha fatto il presidente dello stato d’Israele a condannare fermamente questi gravi episodi di intolleranza per i quali le istituzioni competenti dovranno fare la massima chiarezza e prendere i necessari provvedimenti previsti dalla legge per prevenire e mettere fine a questi inaccettabili comportamenti.

Vede il pericolo che si finisca per considerare intollerante l’intera comunità ebraica?

In generale , le vicende di Israele si debbono collocare in un orizzonte più ampio e profondo. È difficile cogliere la realtà di Israele in un’ottica statica e contingente. Israele è uno stato plurietnico, che ha raccolto, nel corso di più di cento anni di evoluzione, persone, storie, culture e identità diversificate da traiettorie di origine e di vita a tratti quasi incolmabili. In pochi migliaia di chilometri di territorio, una società complessa, stratificata, pluralista sa offrire un campionario di situazioni, relazioni e rapporti, così come di volti, di idiomi, di comportamenti che sembrano racchiudere il caleidoscopio del mondo. Come tale, vive le frizioni, le difficoltà, le tensioni, le speranze come anche le delusioni di una società pluralista ma in costante trasformazione. Anche lo stesso mondo ebraico cosiddetto “ortodosso” non è un monolite ma una realtà molto variegata. Non esiste un mitico Stato d’Israele ideale. Esiste Israele con le sue potenzialità e con i suoi limiti, alle prese con problemi tra i quali primeggia quello della sua legittimazione internazionale.

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