mercoledì 26 giugno 2019
Enrichetta Onorante moglie di Aldo, fu per anni impiegata dell’Ufficio Terzo Mondo della Cei e punto di riferimento per tanti vescovi tra cui Bergoglio
I coniugi romani Aldo Michisanti e Enrichetta Onorante

I coniugi romani Aldo Michisanti e Enrichetta Onorante

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Ancora due sposi verso gli altari. Per Aldo Michisanti ed Enrichetta Onorante, genitori di tre figlie, si è appena aperta a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione. Il rito, lunedì scorso al Palazzo Lateranense, è stato presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, che ha ripercorso la profondità della vita di preghiera, le coraggiose scelte quotidiane e il servizio ai poveri posti a fondamento di una vita matrimoniale di gioie e incognite, nascondimento e misericordia, anche come ministri straordinari dell’Eucaristia.

Lui, nato nel 1937, ragazzino vivace del rione Monti, con la serenità della fede supera gravi malattie, riuscendo a proseguire gli studi fino alla laurea in Scienze politiche e al lavoro al ministero del Tesoro. Lei, classe 1945, all’ombra di un padre che abbandonata la famiglia poi si toglierà a vita, affetta da una malformazione cardiaca congenita e consacrata per questo dalla madre all’Immacolata, si diploma in ragioneria. Si sposano nel 1967. «Egli vi unisca e adempia in voi la sua benedizione »: come nella Bibbia per Tobia e Sara, così la vicenda matrimoniale di Aldo e Enrichetta è approdo e avvio di un cammino spirituale tenace. Nascono tre figlie, una delle quali voluta contro una diagnosi senza appello dei medici. «Quando chiedevo a mia madre come avessero superato le incognite e l’angoscia per farmi nascere – ricorda oggi Chiara – diceva: sapevamo che l’amore di Dio si sarebbe manifestato, in ogni caso. Non perdevano mai la Messa quotidiana, neppure d’estate. Ci hanno trasmesso una fede a portata di mano, perché Dio salva la nostra vita ogni momento. Mamma ripeteva: sciogliamo le mani a Dio. Solo se gli diamo piena fiducia, Lui potrà agire». Poi discernimento ed umiltà.

Negli ultimi anni, mentre pregano insieme dopo una diagnosi severa per la vista di Aldo, Enrichetta annota di aver implorato: «Dio mio aiutami, non sono capace di offrirti questa sofferenza». Nasce pace dalla confessione della sua povertà, del suo limite, l’abbandono al Signore cresce. In pochi mesi la malattia si arrestò.

Aldo muore nel 1997. Del suo decennio di vedovanza Enrichetta farà dono a Dio. Diventerà una colonna del Servizio nazionale Cei per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo, che assegna fondi 8xmille. Era nonna, ma viaggiava da Timor Est da ricostruire dopo la guerra civile, all’Asia e all’Africa. «In Honduras, il villaggio di 5mila abitanti di Divina Providencia, raso al suolo dall’uragano Mitch nel 1998, fu ricostruito grazie a lei, ne era la mamma – ha ricordato il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, presente in Laterano, che la incontrò allora –. Oggi è un giorno di festa che aspettavamo da anni. Sono convinto questo processo camminerà rapidamente. Abbiamo bisogno di santi nell’ordinario della vita e della famiglia». Così Enrichetta incontrò anche papa Francesco, allora arcivescovo di Buenos Aires, che in lei scoprì sensibilità caritativa e dedizione alla Chiesa. «Ringrazio Dio del dono dei vostri amati genitori e del bene che hanno fatto – ha scritto il Pontefice nel messaggio letto in aula –. I poveri del mondo lodano Dio per la luce del loro amore coniugale». «Nelle famiglie Gesù può essere trovato sempre – ha scandito De Donatis – perché lì dimora in semplicità». E il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti ha aggiunto: «La santità è personale, ma quando coinvolge la famiglia si irradia ancora di più».

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