sabato 12 aprile 2014
Intervista al cardinale Rylko: da Francesco una straordinaria spinta missionaria. (Mimmo Muolo)
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Trent’anni esatti. Era la Domenica delle Palme del 1984, Anno san­to straordinario della Redenzione, quando Giovanni Paolo II consegnò ai giovani la Croce che sarebbe diventata il simbolo delle Giornate mondiali della gioventù. Trent’anni dopo, domani nel­la celebrazione delle Palme del 2014, quella Croce verrà consegnata dai gio­vani di Rio de Janeiro, sede della Gmg 2013, a quelli di Cracovia, dove la Gior­nata approderà nel 2016. «È il segno che la staffetta della fede inaugurata allora non si ferma – afferma il cardinale Sta­nislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici –. Anche perché i gio­vani hanno preso sul serio la consegna di papa Wojtyla».Rylko ha aperto in questo giorni a Sas­sone  di Ciampino, presso Roma, l’in­contro internazionale sulle Gmg, che ve­de riuniti 250 ragazzi in rappresentanza di 90 Paesi e 45 movimenti ecclesiali, nuove comunità e associazioni giovani­li internazionali. Un’occasione per ri­flettere su questi trent’anni e proiettarsi nel futuro. «Giovanni Paolo II – sottoli­nea il porporato –, all’atto della conse­gna, disse: 'Portatela nel mondo come segno dell’amore di Dio per l’umanità e annunciate a tutti che solo in Cristo c’è salvezza'. I giovani in questi trent’anni lo hanno fatto. La Croce delle Gmg è di­ventata una specie di aratro che smuo­ve il terreno e lo predispone alla semina che avviene ad ogni Gmg. Ho ancora ne­gli occhi l’immagine del passaggio della Croce nel carcere minorile di Rio de Ja­neiro con le mani dei giovani detenuti che si protendevano a toccarla. Ma o­vunque è passata c’è stata una rinascita di fede e di vita cristiana». Nell’incontro di questi giorni si parla di Rio de Janeiro. Qual è il suo bilancio del­la Gmg dello scorso anno? Abbiamo avuto la conferma che le Gmg non sono fuochi d’artificio fini a se stes­se, ma appartengono ormai al cammi­no ordinario della Chiesa. Esse mettono in luce il rapporto dei giovani con Cristo, manifestando una fede gioiosa che non ha timore di mostrarsi pubblicamente e respinge perciò la privatizzazione del credere, come vorrebbe la cultura con­temporanea. Quindi contribuiscono ad alimentare il rapporto dei giovani con la Chiesa, non più vista come estranea, ma anzi come amica. Infine le Gmg suscita­no scelte vocazionali sia per il matrimo­nio sia per la speciale consacrazione. Sta avvenendo anche dopo Rio.Qual è stato lo specifico apporto di pa­pa  Francesco? A Rio de Janeiro il Papa ha dimostrato di avere un vero e proprio carisma nel co­municare con i giovani e non ha nasco­sto di essere veramente felice di stare con loro. Per lui la Gmg costituisce una spin­ta missionaria di straordinaria forza per tutta la Chiesa, e in particolare, per le gio­vani generazioni. Quindi anche per Fran­cesco, come per i suoi predecessori, le Gmg sono un grande dono e una gigan­tesca semina del Vangelo nel cuore dei ragazzi di tutto il modo. E ora si riparte per Cracovia. Si può già dare un volto alla Gmg del 2016? Torneremo in Polonia a distanza di 25 anni dalla Gmg di Czestochowa del 1991. Nel frattempo è cambiata l’Europa, è cambiata la Polonia ed è cambiata la Chiesa che ci ospiterà. Io penso che do­vremo aiutare i giovani dell’Est e dell’O­vest a ritornare all’essenziale della fede, senza lasciarsi fuorviare dalle lusinghe indotte da un modo sbagliato di vivere la libertà. Il tema della Giornata, tratto dalle beatitudini, va proprio in questo senso. Inoltre, la Gmg di Cracovia sarà un modo per ringraziare il Signore della canonizzazione di Giovanni Paolo II, an­dando nella città in cui ha vissuto e fat­to il vescovo per molti anni. La Gmg ha attraversato tre pontificati. Tratti comuni e differenze di approccio dei tre Pontefici rispetto ai giovani? In estrema sintesi si potrebbe dire che per tutti e tre le Gmg sono laboratori del­la fede. Benedetto XVI ha aggiunto l’idea della bellezza della fede e Francesco quella della gioia. Il loro insegnamento dunque è perfettamente complementa­re a quello di Giovanni Paolo II.
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