martedì 4 febbraio 2020
Un anno fa, negli Emirati Arabi, il Papa e il grande imam di Al-Azhar firmavano lo storico documento per realizzare «la pace mondiale e la convivenza comune» al di là delle appartenenze religiose
Il Papa e il grande imam di Al-Azhar firmano il Documento sulla fratellanza

Il Papa e il grande imam di Al-Azhar firmano il Documento sulla fratellanza - Fotogramma

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Tante volte le ricorrenze sono solo un’occasione per sterili nostalgie. Non è questo il caso. Anzi, il primo anniversario del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” testimonia l’attualità e insieme lo sguardo profetico del testo firmato ad Abu Dhabi. Era il 4 febbraio 2019. Una data che, almeno nelle intenzioni dei suoi protagonisti, dovrebbe segnare l’inizio di un diverso modo di avvicinarsi reciprocamente, di dialogare, di confrontarsi. Il Papa e il grande imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib, lo scrivono chiaramente nella prefazione: il documento vuol essere un invito a tutte le persone «che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli». Ecco allora la richiesta che il testo faccia breccia nelle pur differenti culture, diventi menta-lità, venga letto e studiato nelle scuole. Cosa che, a varie latitudini, si è effettivamente verificato.

L’esempio più evidente, l’eredità più concreta di questo impegno sarà la “Casa della famiglia di Abramo” che dovrebbe essere completata nel 2022 sull’isola di Saadiyat a venti minuti dall’aeroporto Abu Dhabi, e che prevede una accanto all’altra una chiesa, una sinagoga e una moschea. Segno tangibile dell’incontro che diventa vita vissuta, coesistenza, comunità. «Quando abbiamo l’opportunità di riconoscerci e di apprezzarci, anche nelle nostre differenze (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 250) – ha detto il Papa a Bangkok il 21 novembre scorso –, offriamo al mondo una parola di speranza capace di incoraggiare e sostenere quanti si trovano sempre maggiormente danneggiati dalla divisione. Possibilità come queste ci ricordano quanto sia importante che le religioni si manifestino sempre più quali fari di speranza, in quanto promotrici e garanti di fraternità». La memoria della visita in Thailandia non è casuale. Durante il viaggio che l’avrebbe portato anche in Giappone infatti, Francesco non ha mancato di fare dono del Documento di Abu Dhabi al patriarca supremo dei buddisti, a documentare che il testo è indirizzato a tutti, al di là delle differenze religiose, dei diversi “credo”. Uomini e donne, che la dichiarazione firmata negli Emirati Arabi invita ad «assumere la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio». E a vigilare che ciò accada davvero, il 19 agosto 2019, ancora ad Abu Dhabi, è stato istituito un “Comitato superiore per l’attuazione del Documento sulla fratellanza umana” che dopo essersi riunito, per la prima volta, e ovviamente non a caso, l’11 settembre, e poi nove giorni dopo all’apertura della plenaria delle Nazioni Unite, il 5 dicembre scorso ha presentato al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, la richiesta che il 4 febbraio sia proclamata “Giornata mondiale della fratellanza umana”.


Il primo anniversario del 4 febbraio 2019 diventa occasione per vedere se e come una dichiarazione pensata
per entrare nelle scuole nelle università e nei centri di formazione è stata recepita. Un impegno per le generazioni future

Un gesto simbolico, l’occasione per ribadire come non sia più procrastinabile l’obiettivo che è alla base del documento di Abu Dhabi, cioè l’impegno a unire l’umanità nella costruzione della pace. L’invito a guardare insieme oltre l’immediato, per lasciare in eredità alle generazioni future una società in cui metta radice la pianticella del rispetto reciproco e cresca rigoglioso l’albero della sana convivenza. Un patrimonio da innaffiare con la linfa vitale della preghiera e della fatica quotidiana, da sostenere con la volontà di incontrarsi e di superare i pregiudizi, da rafforzare con la volontà di costruire insieme un domani diverso. Perché il dialogo è importante ma da solo non basta, bisogna raggiungere vette più alte, che si chiamano unità, comunione, fratellanza. In questo, il Documento è molto concreto, passa in rassegna tutti i campi, politici, sociali e, ovviamente religiosi, in cui deve intervenire il cambiamento. Dalla fede bestemmiata per giustificare la violenza al deterioramento dell’etica, dal bisogno di restituire centralità alla famiglia alla promozione della donna, da un’economia che oggi è solo profitto a una scuola e più in generale a un impegno nella formazione che bandisca ogni discriminazione sbandierata come cultura e promuova la pace. Anche per questo sbaglia chi riduce il testo di Abu Dhabi a un’ennesima dichiarazione islamo-cristiana. Il documento è di più, molto di più. Negli Emirati Arabi il Papa e il grande imam di Al-Azhar hanno firmato una profezia, hanno dato cielo nuovo a un sogno, hanno indicato la strada che apre le porte del cuore alla grazia divina. Quella che rende tutti gli esseri umani fratelli.

A otto secoli dall’incontro di Francesco col sultano

Il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” è stato firmato durante il viaggio compiuto dal 3 al 5 febbraio 2019 negli Emirati Arabi. Visita, la prima di un Pontefice nella penisola arabica, contrassegnata dal richiamo all’ottavo centenario dell’incontro tra san Francesco di Assisi e il sultano al-Malik al-Kamil, avvenuto a Damietta in Egitto, nel pieno della V crociata.


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