sabato 25 settembre 2021
Compie 50 anni l’istituto Effetà che ha restituito la parola a più di 800 studenti non-udenti. L’amarezza per le pesanti difficoltà economiche. Parla la religiosa italiana che aveva aperto il plesso
Uno degli alunni sordi che ritrovano la parola all'istituto Effetà di Betlemme

Uno degli alunni sordi che ritrovano la parola all'istituto Effetà di Betlemme - Fondazione Giovanni Paolo II

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Ricorda la data perfettamente. «Era il 6 settembre 1971. Come dimenticarla...». Perché suor Lucia Maule c’era sulla soglia dell’istituto Effetà a Betlemme quando, proprio cinquant’anni fa, entrarono i primi alunni. «Erano in ventidue. Avevano dai 3 ai 7 anni. Oggi come allora erano poverissimi». E tutti sordi. «In mezzo secolo abbiamo aiutato più di ottocento ragazzi a nascere una seconda volta. E lo abbiamo fatto con il Vangelo in mano. Infatti è Cristo la Parola per eccellenza che ci ha trasformati in strumenti per ridare la parola ai bambini che non l’avevano». Quella di suor Lucia è una vita “in missione” accanto ai più fragili. Originaria di Monticello di Fara, in provincia di Vicenza, ha 79 anni. E appartiene alla congregazione delle Maestre di Santa Dorotea. «È parte del nostro carisma l’attenzione ai non-udenti – racconta –. Il fondatore, san Giovanni Antonio Farina, ricordava che le scuole per i sordomuti erano una delle sue prime opere. Chiamava i bambini che le frequentavano la “pupilla dei miei occhi”, tanto amava i piccoli abbandonati, disabili e analfabeti». Un po’ come lo sono ancora i ragazzi palestinesi che ogni mattina si immergono nel plesso affacciato in via Arafat. Tutti protagonisti di quel miracolo dell’“effatà”, di quell’“apriti” pronunciato da Gesù lungo le strade della Palestina con cui diede la parola a un sordomuto. Un miracolo che si ripete da mezzo secolo nelle aule dove viene abbattuto il muro del silenzio totale e si realizza un’insperata apertura agli altri e al mondo che, partendo dall’udito, coinvolge l’intera persona. E da quel “grido” taumaturgico l’istituto pontificio prende il nome. All’ingresso si legge che è una scuola «per la rieducazione audiofonetica». E poi compare un altro nome: quello di Paolo VI, cui la struttura è dedicata.

I primi alunni all'apertura dell'istituto Effetà a Betlemme 50 anni fa

I primi alunni all'apertura dell'istituto Effetà a Betlemme 50 anni fa - Istituto Effetà

L’anniversario di Effetà cade mentre sono ancora evidenti gli effetti della pandemia che ha «colpito duramente l’istituto», spiega la religiosa. «Durante le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, si è cercato in tutti i modi di mantenere i legami con i ragazzi – prosegue – e si è passati anche alle lezioni online che però sono di difficile comprensione per uno studente sordo che necessita di un rapporto diretto e visibile con l’insegnante». Ma c’è dell’altro. Il cinquantesimo della scuola viene celebrato in un clima d’amarezza. «Incombono problemi economici dovuti a molteplici fattori, non ultimo quello del Covid» che rischiano di minare il futuro dell’istituto, ammette suor Lucia. «La povertà è in aumento; le famiglie cristiane sono obbligate a emigrare; le rappresaglie riducono le risorse; e anche i nostri benefattori sono in difficoltà e gli aiuti si stanno diradando». A fronte delle risorse che scarseggiano, le spese non possono essere compresse se si vuole assicurare un’elevata qualità educativa. Costa mantenere il corpo docenti che comprende anche tutor per le lezioni personalizzate di logopedia. Costa avere un convitto per i ragazzi che ogni sera non possono rientrare nelle case distanti decine di chilometri. Impossibile contare sulle rette di famiglie così indigenti.

Gli studenti dell'istituto Effetà di Betlemme nei mesi della pandemia

Gli studenti dell'istituto Effetà di Betlemme nei mesi della pandemia - Fondazione Giovanni Paolo II

Accanto a Effetà c’è la Fondazione Giovanni Paolo II, la onlus per la cooperazione e lo sviluppo nata da un’intuizione delle diocesi della Toscana e sostenuta anche dalla Cei che da anni è in prima linea fra i cristiani del Medio Oriente. «L’istituto è stato uno dei nostri primi e fondamentali impegni – spiega il vescovo emerito di Fiesole, Luciano Giovannetti, “padre” della Fondazione –. Non abbiamo mai mancato di far sentire la sua voce anche in sedi istituzionali o vaticane quando certe fonti di finanziamento hanno ridotto il proprio contributo. La passione verso Effetà ha una ragione semplice: nei Territori palestinesi è un caso unico, un luogo che con la sua azione, senza inutili proclami, promuove le ragioni del dialogo e della tolleranza. E per migliaia di famiglie, in questo mezzo secolo, è stato un aiuto e un sollievo insostituibile».

Gli studenti del liceo all'istituto Effetà di Betlemme nei mesi della pandemia

Gli studenti del liceo all'istituto Effetà di Betlemme nei mesi della pandemia - Fondazione Giovanni Paolo II

Suor Lucia, arrivata nel 1969 con una specializzazione per l’insegnamento ai ragazzi sordi, ha visto sorgere l’istituto voluto da Paolo VI che lo concepì come un segno di carità concreta dopo il suo viaggio in Terra Santa del 1964 dove rimase colpito dall’alta incidenza della sordità fra i piccoli della Palestina. «La congregazione stava realizzando una sua casa a Betlemme e intendeva affiancarla a un’opera: pensavamo a una scuola o a una casa di preghiera per i giovani». Poi ecco il progetto del Papa. Le suore donarono la struttura a Montini che a sua volta la riconsegnò alle religiose incaricandole di realizzare il suo sogno. Niente lingua dei segni, però. «Al centro c’era e c’è la lettura labiale – dice suor Lucia –. È un percorso più faticoso ma favorisce l’inserimento dei ragazzi nella società, perché hanno la possibilità di comprendere chi hanno accanto. Comunque ritengo che sia il metodo dell’amore il principale motore».

Paolo VI incontra i primi alunni dell'Istituto Effetà da lui voluto a Betlemme

Paolo VI incontra i primi alunni dell'Istituto Effetà da lui voluto a Betlemme - Istituto Effetà

Quei ventidue bambini degli esordi sono diventati centottanta nel 2021 che frequentano dal nido al liceo. «Ricordo ancora – confida suor Maule – quando i primi ragazzi hanno concluso gli studi e sono tornati in famiglia. Adesso sono padri e madri. Hanno un lavoro: alcuni di loro anche in aziende e società ebraiche». Eppure, a distanza di cinquant’anni, i bambini di Effetà arrivano sempre da enclave “dimenticate”, da villaggi isolati fra Betlemme, Hebron e Ramallah dov’è tradizione sposarsi fra cugini per non disperdere il patrimonio. «Hanno bisogno anche di tre ore di viaggio per raggiungere la scuola. E spesso i tempi si allungano a causa dei posti di blocco», osserva la consacrata. La maggior parte è figlio di consanguinei. «Ed è questa probabilmente la causa della sordità», sottolinea la religiosa. Una pausa. «Tutti gli studenti sono musulmani. Nei villaggi le unioni fra parenti sono viste come una via per rafforzare il ceppo familiare. Molto abbiamo fatto a livello culturale per provare a scalfire una mentalità atavica».

I primi alunni all'apertura dell'istituto Effetà a Betlemme 50 anni fa

I primi alunni all'apertura dell'istituto Effetà a Betlemme 50 anni fa - Istituto Effetà

Quando a suor Maule si chiede quale sia stato il momento più toccante in classe, lei non ha dubbi: «Ogni volta che un bambino, dopo tanti esercizi e sforzi, riesce a far uscire la voce e a pronunciare le lettere dell’alfabeto arabo che hanno ardui suoni gutturali... È una vittoria: per il ragazzo e per tutti noi». Qualche genitore all’inizio malignava: come possono quelle suore italiane far parlare i nostri figli? «Avevano ragione a essere scettici. È stato un prodigio che ancora si ripete». E suor Lucia lancia un appello: «Aiutateci a far sopravvivere un laboratorio di speranza e di riscatto che contribuisce a costruire un domani migliore, a partire da chi è ai margini».


Avvenire in campo per aiutare l'istituto Effetà: ecco come contribuire


Ascoltare, parlare, vivere. Da cinquant’anni l’istituto pontificio Effetà di Betlemme voluto da Paolo VI dopo il suo viaggio in Terra Santa contribuisce a costruire un futuro nuovo per i bambini sordi della Palestina. Nella scuola i piccoli entrano a tre anni muti, isolati, destinati all’emarginazione, ed escono a diciotto anni, al termine del liceo, autonomi, consapevoli, in grado di parlare e dialogare, capaci di affrontare le sfide quotidiane. Eppure l’istituto è in gravi difficoltà economiche. Avvenire, insieme con la Fondazione Giovanni Paolo II, invita i lettori a sostenere l’opera in Terra Santa.

Ecco alcune proposte: con 25 euro un “dono per l’istruzione”, ossia per libri e quaderni destinati a un alunno; con 50 euro un “dono per cibo e cure” che assicura a una bambina una settimana di permanenza nel convitto; con 100 euro un “dono per l’udito”, cioè per la manutenzione degli apparecchi acustici a dieci bambini; con 200 euro il “dono della parola”, ossia per le sedute logopediche di riabilitazione a un bambino per tutto l’anno scolastico.

Si può aiutare Effetà tramite:

- bonifico bancario: Iban IT27Y0538705458000042116084
- bollettino o bonifico postale: conto corrente postale n° 95695854 - Iban IT11V0760114100000095695854
- carta di credito o Paypal: sul sito www.sostienieffeta.org

I contributi devono avere come intestazione “Fondazione Giovanni Paolo II - via Roma 3 - 52015 Pratovecchio Stia (Ar)” e come causale “Avvenire per 50 anni scuola Effetà”. Inoltre si può adottare a distanza un bambino di Effetà con 25 euro al mese, vale a dire donando meno di 1 euro al giorno. Per informazioni scrivere a info@sostienieffeta.org o visitare il sito www.sostienieffeta.org.

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