lunedì 18 giugno 2012
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Dieci anni fa in piazza San Pietro gremita, sotto a un sole torrido, la voce profonda ma già incrinata di Giovanni Paolo II: «Beatum Pium a Pietrelcina esse decernimus»... Chi c’era non può dimenticare il boato di esultanza, di incontenibile gioia di popolo che colmò il Colonnato; esultanza come, in questi tempi, se ne ascolta solo quando la Nazionale segna ai mondiali. Perché Padre Pio era, ed è, un santo popolare, amato anche da chi nulla sa di dottrina se non il Rosario. E dai camionisti che ne appendono l’immagine in cabina, e perfino dai carcerati, che lo portano con sé in cella, compagno. Il 16 giugno del 2002 lo si vide, in San Pietro, questo gran popolo, sbarcato da treni e pullman stracarichi arrivati dalle più remote province. Si boccheggiava dal caldo, e il cronista che, stanco, abbassava lo sguardo, si ritrovava a osservare quelle centinaia di migliaia di piedi stanchi e gonfi, piedi di madri e nonne del Sud, che cercavano un po’ di refrigerio, tolte le scarpe, sul porfido del sagrato. Anche i piedi sfiniti in San Pietro raccontavano, quel giorno, di Padre Pio e del suo popolo.Di un santo di cui dotti e colti sorridevano, ma così amato dai semplici. «Ti benedico, Padre, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli...» Le parole del Vangelo di Matteo evocate dal Papa toccavano profondamente la folla. E: «Senti, senti come fatica a parlare!» gemevano fra loro le donne, temendo che il gran vecchio non reggesse il caldo del mezzogiorno. Ma lui, Karol, dentro la debolezza sembrava misteriosamente più leonino. Già era evidente come la folla lo venerava, e era divisa in sé: se acclamare più forte Padre Pio, o il Papa.Due che poi, e in piazza lo sapevano, da gran tempo si erano incontrati e capiti; dal 1948, quando un giovanissimo Wojtyla a San Giovanni Rotondo era andato, pellegrino, a confessarsi. E al cappuccino aveva più avanti scritto lettere accorate, per chiedere che intercedesse per amici e malati; e ancora, poi, per testimoniare la grazia ottenuta alla sua amica Wanda Poltawska. La folla in San Pietro il 16 giugno del 2002 esultò al definitivo sigillo che la proclamazione del Papa apponeva a una santità, che già istintivamente quel popolo sapeva e amava; all’abbraccio che accoglieva sugli altari un frate mai uscito dal suo convento del Sud, uno che passava i giorni a ascoltare i peccati degli uomini in confessionale - e continuava tuttavia testardamente a amarli. Padre Pio santo, e la gran voce di Giovanni Paolo II tremante, e sotto al sole di Roma la moltitudine di donne, vecchi, bambini. C’era nell’aria, quel giorno, un compimento, e insieme come già un annuncio; lo si respirava nelle parole, negli sguardi dei fedeli. Il commendatore Angelo Battista, il messaggero che nel 1962 recapitò a Padre Pio la supplica di un allora oscuro vescovo polacco, testimoniò che il frate quel giorno lesse, e commentò: «Angiolì, a questo non gli si può dir di no». Come se già ben sapesse chi era, quello straniero. E nella piazza di dieci anni fa si avvertiva che quei due erano già considerati amici, e quasi fratelli: nell’accento comune di una misericordia grande, come di rado la si incontra fra noi uomini.
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