giovedì 19 maggio 2016
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Le parole di papa Francesco sono la verità, «mi trovo molto in sintonia, anche perché la mia vocazione è nata in un contesto di povertà e ho cercato di mantenere sempre questo stile». Don Francesco Di Pasquale ha 40 anni e da un anno e mezzo è parroco di Sant’Antonio all’Arenella, una delle borgate marinare più belle e più abbandonate di Palermo. La sua esperienza di dieci anni alla guida della parrocchia di Santa Chiara alle Stimmate, nel difficile quartiere Noce, l’impegno nell’oratorio per i ragazzi a rischio di devianza finanziato con i fondi dell’8xmille lo hanno fortificato. Per questo l’invito del Papa a essere preti 'scalzi', lo riempie di gioia e lo «tocca nell’animo ». «Sono originario del rione storico del Capo, dove vivevamo genitori e tre figli in una casa di due stanze – racconta –. La precarietà è stata una caratteristica della mia vita, il perno era mia madre. L’essere scalzi, destrutturati dalle sicurezze del mondo è una situazione che ho vissuto in prima persona. E in questi anni di ministero ho cercato di continuare a sperimentarla nella vita parrocchiale e personale. Ho una utilitaria da dodici anni e non ho alcuna intenzione di cambiarla». Don Francesco è stato particolarmente colpito dall’esortazione a considerarsi un «paralitico guarito»: «È questo che ci fa mettere sullo stesso piano degli altri. Non dobbiamo ergerci come se fossimo superiori, perché abbiamo ferite come gli altri. Allora io cerco di mettermi accanto, come compagno di viaggio, cercando di non essere rigorista, ma nemmeno lassista». Il pericolo di trasformarsi in burocrati seduti alla scrivania, senza mai tempo per gli altri, è sempre in agguato: «Direi che è una triste constatazione. Ma quando il Papa dice di non avere un’agenda da difendere, non va frainteso. È importante avere il proprio tempo per ricaricarsi attraverso la preghiera, la lettura, per poi consumarsi per gli altri». Non è difficile vedere confratelli a bordo di auto costosissime o circondarsi di oggetti lussuosi: «Provo molto dolore, e mi interrogo se nel Seminario c’è stata una formazione idonea. Poi, nei primi anni di ministero sacerdotale, c’è stata una timida attenzione a ciascuno di noi, siamo stati buttati nel mondo allo sbaraglio. Io ho fatto tesoro della testimonianza dei preti che ho incontrato nella mia vita». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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