sabato 31 luglio 2021
La decisione dell’arcidiocesi dopo l’addio dei Servi di Maria. L'arcivescovo Nosiglia: la sfida di garantire un servizio che sia religioso ma anche umano e culturale
La Basilica di Superga

La Basilica di Superga - Ansa

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Vittorio Amedeo II di Savoia e suo cugino il principe Eugenio, sulla cima della collina di Superga, osservano la pianura e i fiumi che circondano Torino. La città è assediata dai Francesi, si prepara la battaglia decisiva. Il sovrano e il principe hanno appena fatto il voto: se i piemontesi e gli imperiali saranno vittoriosi qui, sulla cima più alta della collina torinese, sorgerà una chiesa dedicata alla Vergine. La vittoria arriverà alla vigilia della festa della Natività di Maria, il 7 settembre 1706. E Filippo Juvarra costruirà la grandiosa Basilica di Superga che è entrata nell’orizzonte della città.

Dopo tre secoli sono ora i giovani del Sermig a salire la collina. Tocca a loro continuare il servizio di liturgia, accoglienza e memoria che i Servi di Maria devono lasciare per motivi legati al riordino delle loro presenze in Piemonte. La Basilica è un punto fermo non solo nelle cartoline e per ammirare il panorama («Da Superga nel festante coro de le grandi Alpi la regal Torino incoronata di vittoria», come cantava Carducci…). Ogni anno migliaia di persone salgono per pregare e anche per andare a onorare la memoria del Grande Torino, la squadra di calcio “invincibile” che nel pomeriggio del 4 maggio 1949, mentre stava rientrando da Lisbona, si schiantò con l’aereo contro le fondamenta sul retro della Basilica a causa della nebbia fittissima e del malfunzionamento dell’altimetro di bordo. Il luogo di quel disastro – 31 i morti – è diventato un “santuario”, un’occasione anche di dialogo pastorale e di incontro fra comunità di tutta Italia.

Del ruolo di Superga è ben consapevole l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, che ha proposto al Sermig di gestire il complesso. «Ritengo che possa assumere tale impiego e promuovere un utilizzo della chiesa come degli edifici che la circondano con una capacità di servizio culturale, umano e religioso insieme, di grande qualità e ricco di prospettive positive. La presenza e gestione del Sermig è anche un bel segnale per tutta la cittadinanza e le istituzioni».

Nell’amministrazione della Basilica, infatti, sono coinvolte anche l’Agenzia del demanio e il Ministero dei beni culturali, per l’enorme patrimonio presente. «Saranno i preti provenienti dal Sermig – chiarisce Nosiglia – ad assumere la cura pastorale della basilica». Sono sacerdoti diocesani di Torino cresciuti nella Fraternità dell’Arsenale e che già svolgono il proprio servizio in diocesi, come la gestione della parrocchia di San Gioacchino, nell’area di Porta Palazzo che comprende anche l’Arsenale. Nel giugno scorso altri due giovani del Sermig sono diventati preti per l’arcidiocesi di Torino.

L’appuntamento per lo scambio delle consegne con i Servi di Maria è per questo lunedì. A Superga ci saranno l’arcivescovo, il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero, i preti e i membri della Fraternità, le autorità cittadine. È lo stesso giorno in cui, nel 1983, Olivero e i suoi giovani entrarono nell’Arsenale di Borgo Dora. Era un cumulo di macerie abbandonato fin dalla guerra. Con milioni di ore di lavoro e miliardi di “valore aggiunto” è diventato un gioiello di accoglienza; e si è moltiplicato nel mondo. Gli Arsenali ora sono quattro: Pace (a Torino), Speranza (a San Paolo del Brasile), Incontro (a Madaba in Giordania), Armonia (sulla collina torinese dell’eremo). Intorno e dentro di essi lavorano migliaia di persone, giovani e meno giovani, inventando servizi ai poveri, offrendo scuole e formazione, animando varie forme di carità. Il Sermig è presente non solo negli Arsenali ma in 155 Paesi del mondo, con 3.700 progetti di sviluppo e di educazione.

L’avvio del servizio del Sermig a Superga è un segno importante per la città intera, sia per il significato che la Basilica e quella collina hanno nella storia subalpina sia perché viene indicata un’importante “direzione di futuro”: la comunità ecclesiale qualifica la propria presenza con un servizio che è aperto e offerto a tutti, torinesi, pellegrini e visitatori. Per una città che deve ancora trovare un nuovo modello di sviluppo dopo la conclusione della stagione della fabbrica automobilistica, non è cosa da poco.

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