martedì 10 novembre 2009
I presuli, riuniti nella sessantesima assemblea generale nella città di San Francesco, chiamati ad approvare il documento su Chiesa e Mezzogiorno. Crociata: «Non c'è bisogno di esplicite scomuniche per i mafiosi, sono già fuori dalla comunione della Chiesa». E per quanto riguarda l'allarme influenza A: «Le chiese non sono luoghi di contagio».
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I presuli, riuniti nella loro sessantesima assemblea generale nella città di San Francesco, sono chiamati oggi pomeriggio ad approvare il documento su Chiesa e Mezzogiorno. "È evidente - ha spiegato a questo proposito mons. Crociata - che il tema della criminalità organizzata è ben presente nel documento; una realtà drammatica ma non disperata e non invincibile". Per quanto riguarda i mafiosi o gli affiliati alle organizzazioni criminali, il segretario della Cei quanto già disse Giovanni Paolo II in una visita ad Agrigento nel 1993 sul giudizio di Dio che si sarebbe abbattuto sui criminali. "Non c'è bisogno - ha aggiunto mons. Crociata -  di comminare esplicite scomuniche perché chi vive nelle organizzazioni criminali è fuori dalla comunione anche se si ammanta di religiosità". "Piuttosto - ha aggiunto - non si risolve questo dramma sociale che si estende a tutta l'Italia, e non solo al Sud, solo richiamando l'esclusione dalla Chiesa, ma si risolve con un impegno di tutti, della istituzioni, della magistratura".Influenza A: «La chiese non sono luoghi di contagio». "Tra gli ambienti in cui si può contrarre l'influenza non sembra che le chiese siano quelli più esposti". Lo sottolinea il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata che spiega così la non necessità di misure particolari. "Per quello che le autorità ci fanno capire - dice - non abbiamo motivo di allarmarci, e quindi non abbiamo indicato misure particolari, se ci fossero misure da prendere ci sarebbe stato chiesto". Quanto alla comunione nelle mani, al segno della pace sostituito da un inchino e alle acquasantere asciutte, il presule ricorda che "esiste nella prassi liturgica la possibilità di esprimere in manera diversificata questi gesti, e non c'è qualcosa di assolutamente prescrittivo: dunque possono essere gestiti in maniera ragionevole e sensata dalle persone stesse". Insomma, dalla Cei, "non c'è nessuna indicazione", ai parroci, salvo la raccomandazione personale di mons. Crociata a utilizzare "le cautele che tutti abbiamo sempre in questa stagione".Il significato della morte e la cremazione. "L'ammissione della cremazione non è in discussione, ma con un'attenzione che sarà tenuta ferma: non assecondare quella mentalità che lascia pensare che cremandosi un corpo va nel nulla". Il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, anticipa così le riserve dei vescovi italiani sulla pratica della dispersione delle ceneri. "La cremazione - spiega in riferimento al nuovo rito delle esequie attualmente in discussione da parte dei vescovi riuniti ad Assisi - si ammette nella convinzzione che come la Chiesa celebra e canta, 'questa mia carne risorgera", anche se subito o in un processo di naturale dissoluzione prende la forma di cenere".I vescovi, rileva Crociata, ritengono che si debba attirare l'attenzione sul significato della morte, mentre si assiste oggi alla sua rimozione da un lato e alla sua spettacolarizzazione dall'altro, come affermazione di sé perfino nella morte. Una mentalità che sfocia in due estremi e che necessità di una mediazione: è triste non sapersi rapportare in maniera consapevole e positiva con l'unica cosa certa della vita". Per la Chiesa, ricorda il presule, "la Luce della Fede sulla morte deve portare a vivere con responsabilità questa vita". In questo senso, aggiunge, "l'attualizzazione del rito delle esequie è un fatto importante e ci ricorda che bisogna celebrare in maniera significativa questo rito che ha bisogno di essere accompaganto e seguito dalla catechesi".
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