venerdì 13 marzo 2020
Rimangono però chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto. Il nuovo decreto del cardinale De Donatis
Una chiesa di Roma

Una chiesa di Roma - Ansa

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Le chiese di Roma non chiudono tutte. Quelle parrocchiali rimangono aperte. Cambiano, in parte, le disposizioni che ieri sera avevano imposto la serrata di tutti i luoghi di culto dell’Urbe. Nella giornata di oggi infatti il cardinale vicario Angelo De Donatis ha emanato nuovo decreto che precisa e modifica in alcuni punti quello diffuso meno di 24 ore fa.

In esso il porporato ricorda che la Chiesa di Roma, “in piena comunione con il suo vescovo, Supremo Pastore della Chiesa Universale, è consapevole del significato simbolico della decisione presa” col decreto di eri. “L’infezione da Coronavirus – scrive il porporato – si sta diffondendo in maniera esponenziale: in pochissimi giorni il numero dei contagiati è raddoppiato, e di questo passo non è difficile prevedere che in pochissimo tempo raggiunga l’ordine delle decine di migliaia di persone solo in Italia”. Con l’“evidente” rischio “di collasso delle strutture sanitarie, già ventilato da molti, soprattutto per la sproporzione tra le risorse di terapia intensiva disponibili e il crescente numero di malati”, soprattutto “anziani e soggetti vulnerabili”. Per De Donatis “possiamo arginare questa tragica eventualità solo applicando misure per
frenare il contagio e permettendo al Servizio sanitario nazionale di riorganizzarsi”. E gli stessi italiani “crescono nella consapevolezza che dietro l’invito di non uscire di casa c’è un’esigenza improcrastinabile di tutelare il bene comune”.

Il cardinale Vicario aggiunge però che “ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tener conto non soltanto del bene comune della società civile ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli”. Di qui la scelta di porre “in capo ai sacerdoti e a tutti i fedeli la responsabilità ultima dell’ingresso nei luoghi di culto, in modo tale da non esporre ad alcun pericolo di contagio la popolazione e nel contempo evitare il segno dell’interdizione fisica dell’accesso al luogo di culto attraverso la chiusura del medesimo, la quale potrebbe creare disorientamento e maggior senso di
insicurezza”.

Così nella parte dispositiva del decreto rimane rinnovato, “fino a venerdì 3 aprile”, l’invito ad attenersi “con matura coscienza e con senso di responsabilità” alle direttive dei decreti della presidenza del
Consiglio dei ministri di questi ultimi giorni, «in particolare quelle del cosiddetto decreto #Io resto a casa#”. Pertanto, “i fedeli sono dispensati dall’obbligo di soddisfare al precetto festivo”. In concreto poi “rimangono chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere; restano invece aperte le chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura d’anime ed equiparate”. Allo stesso modo, “restano altresì accessibili gli oratori di comunità stabilmente costituite (religiose, monastiche, ecc.), limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto in loco residenti e conviventi, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono
membri stabili delle predette comunità”.

Nella lettera ai fedeli che accompagna il nuovo decreto il cardinale Vicario spiega che la decisione di ieri, presa dopo aver “consultato il nostro Vescovo Papa Francesco”, non era frutto di “una paura irrazionale o, peggio, un pragmatismo privo di speranza evangelica”. Ma voleva essere “l’obbedienza alla volontà di Dio”, che “ci si è manifestata attraverso la realtà del momento storico che stiamo vivendo”. Cioè una “obbedienza alla vita, che è forse il modo più esigente con cui il Signore ci chiede di obbedirgli”.

Un’ulteriore confronto con Papa Francesco, questa mattina, - specifica poi De Donatis - ci ha spinto
però a prendere in considerazione un’altra esigenza: che dalla chiusura delle nostre chiese altri ‘piccoli’, questa volta di un tipo diverso, non trovino motivo di disorientamento e di confusione”. Con il rischio per le persone “di sentirsi ancora di più isolate”. Di qui la scelta di emanare nuovo decreto.

Nella Messa mattutina a Santa Marta Papa Francesco aveva in qualche modo anticipato il cambio di rotta sottolineando che “le misure drastiche non sempre sono buone”, e pregando perché “lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio”. In modo “che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera”.

Sempre questa mattina il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski si è recato nella chiesa romana di Santa Maria Immacolata all’Esquilino, della quale ha il titolo, aprendo le sue porte. “Nel pieno rispetto delle norme di sicurezza – ha dichiarato il porporato – è mio diritto assicurare ai poveri una chiesa aperta. Stamattina alle 8, sono venuto qui e ho spalancato il portone. Così i poveri potranno adorare il Santissimo Sacramento che è la consolazione per tutti in questo momento di grave difficoltà”.

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