sabato 23 maggio 2020
Tutti hanno visto i gesti e ascoltato le parole del Papa durante il tempo della quarantena: un esempio di narrazione che le parrocchie, pure attivissime, possono cogliere per raccontare se stesse.
Pier Cesare Rivoltella, pedagogista e direttore del Cremit all'Università Cattolica di Milano

Pier Cesare Rivoltella, pedagogista e direttore del Cremit all'Università Cattolica di Milano - Foto Siciliani

COMMENTA E CONDIVIDI

Raccontare è sempre un po’ raccontarsi. Passano nel racconto i nostri pensieri, le nostre aspirazioni profonde, vi si rivelano le pieghe della nostra anima. Raccontare significa materializzare il respiro del tempo pensato come ciò che ci costituisce. Distensio animi, diceva Agostino: vale per il tempo, vale per la narrazione. Cosa ha raccontato in queste settimane la Chiesa? Che volto di Chiesa è emerso dalle narrazioni che ci hanno raggiunto nelle nostre abitazioni? E cosa ci ha comunicato, questo volto, dell’anima della Chiesa? La risposta passa da tre ordini di riflessioni.
Anzitutto, la Chiesa non ci ha consegnato un solo racconto, ma tanti racconti. Sono i racconti della liturgia, della Parola, mani tese verso la comunità dispersa per tenerla unita. Un concerto a più voci nel quale l’immagine del Santo Padre e la sua voce sono arrivati da Santa Marta come quelle di un parroco: un racconto essenziale, colloquiale, sussurrato. Uno fra i tanti. Quello che ci siamo visti consegnare è un Papa ancora più compagno di strada, fratello maggiore. A suggerire che il “suo” racconto liturgico è come gli altri, perché trova senso nella Parola di cui è racconto. È l’anima sacramentale della Chiesa.
La seconda riflessione è che il racconto della liturgia, forse, ha rubato tutta la scena. E ha finito per spingere sullo sfondo il racconto delle comunità, della loro vita, la semantica dell’azione di una Chiesa capace di consolare e accogliere, di curare e infondere speranza. Questo racconto, che pure è passato dalla testimonianza di molti uomini e donne di fede, non ha trovato particolari spazi. Eppure la comunicazione contemporanea, i social media come gli ambienti di videocomunicazione interattivi, avrebbero potuto e ancora potrebbero offrirgli spazio. Un racconto partecipato, in cui non c’è qualcuno che narra e altri che ascoltano, ma una comunità che si ritrova. È l’anima sinodale della Chiesa.
La terza riflessione riguarda la retorica del racconto della Chiesa, i suoi registri comunicativi, le sue scelte di linguaggio. In questa prospettiva, forse, è ancora il Papa ad avere compreso meglio e più in profondità il significato del narrare. Lo ha fatto costruendo un racconto capace di mettere al centro la semantica dell’azione in tutta la sua nuda essenzialità per rivelare la vocazione della Chiesa per il mondo, la sua anima di testimonianza e sollecitudine per l’uomo. È la sua immagine, solo, in piazza San Pietro, davanti al crocifisso di San Maurizio, mentre la sirena di un’ambulanza fende l’aria. Un’istantanea, uno scatto d’autore. Una parola che si fa gesto senza dire nulla, un’azione che racconta in modo esemplare proprio nella sua rarefatta materialità. Come lo spezzare del pane per i discepoli di Emmaus.
Direttore del Cremit (Centro di ricerca per l’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia). Università Cattolica di Milano

In vista della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali Avvenire ha pubblicato (su carta e online) i contributi di Vincenzo Corrado, Vania De Luca, Adriano Fabris e Pier Cesare Rivoltella che si sono confrontati con la realtà della pandemia e il modo in cui la Chiesa sta raccontando se stessa, in linea con i contenuti del messaggio del Papa per la Giornata pubblicato un mese prima dell'emergenza coronavirus.

Il libro «La vita si fa storia. Commenti al Messaggio di papa Francesco per la 54esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali» (Scholé, 190 pagine, 15 euro) è il sussidio di riflessione che esce – come ogni anno – nei giorni attorno all’evento ecclesiale in calendario domenica 24 maggio, solennità dell’Ascensione, pubblicazione promossa dall’Ufficio Cei e curata dal suo direttore Vincenzo Corrado insieme allo stesso Rivoltella, pedagogista e studioso dell’impatto delle nuove tecnologie sulla vita e l’apprendimento. Al contributo («Memoria: le cose e le parole») che la senatrice Liliana Segre propone al Messaggio del Papa si aggiungno le riflessioni di Marko Ivan Rupnik, Paolo Ruffini, Fausto Colombo, Adriano Fabris e Vania De Luca, oltre a quelli di Rivoltella e Corrado. Il sussidio si completa con schede per educatori e famiglie e per animatori della comunicazione. Quest’anno il tema del Messaggio «”Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia», scritto prima della pandemia, si rivela di imprevedibile attualità per la Chiesa e il suo modo di raccontare se stessa in un mondo che ne ha cercato e ascoltato la voce come forse non accadeva da tempo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI