venerdì 22 maggio 2020
Sono i gesti del Papa durante in tempo della pandemia a mostrare l'opportunità per le comunità cristiane. Una riflessione alla vigilia della Giornata mondiale delle comunicazioni di domenica 24 maggio
Il filosofo Adriano Fabris

Il filosofo Adriano Fabris

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Che ruolo possono giocare le comunicazioni sociali all’epoca del coronavirus? Il Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale a esse dedicata, pur se diffuso a gennaio, ci dà una serie d’indicazioni preziose. Si concentra sul tema della narrazione e della memoria. Ci dice, già nel titolo, che «la vita si fa storia». Che cosa c’entra questo tema con l’emergenza che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo? La pandemia ci ha mostrato, a ben vedere, che siamo esseri che hanno bisogno di raccontare e di raccontarsi, d’inserire la propria vita in una storia più ampia, in cui la vicenda di ciascuno s’intreccia con quelle degli altri e si sviluppa insieme a esse.

Certo: ci sono storie belle e storie brutte, storie feconde e storie sterili. Nei mesi passati di storie belle da raccontare ce sono state molte. Parlo ad esempio di quelle dei medici e degli infermieri impegnati a rischio della vita nei reparti Covid degli ospedali, del personale delle case di cura che ha deciso di isolarsi insieme agli anziani ospiti, dei volontari che non hanno abbandonato le persone più fragili. Queste narrazioni ci dicono che la solidarietà prende il sopravvento sull’egoismo individuale. Ci ricordano che abbiamo bisogno gli uni degli altri, perché dalle difficoltà si esce solo insieme.

Ma in questi mesi c’è stato spazio anche per storie di altro tipo, raccontate attraverso immagini emblematiche. Sono le immagini di papa Francesco che percorre a piedi via del Corso, per pregare davanti al Crocifisso della “Grande Peste” di Roma. Sono quelle dei riti della Via Crucis celebrata in una piazza San Pietro deserta, e della benedizione Urbi et Orbi senza la folla. Proprio in questo vuoto, in quest’astinenza dal contatto umano si è fatto chiaro, nelle parole ma soprattutto nei gesti del Papa, che c’è una dimensione che trascende quanto è dato sperimentare. Il suo significato e la sua portata si rivelano proprio quando l’esperienza quotidiana appare mortificata.

L’ultima cosa che ci ricorda il Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale, applicato alla situazione in cui ci troviamo all’epoca del coronavirus, è che le nostre storie, belle o brutte che siano, si trovano inquadrate in una storia più ampia, che dà senso alle nostre esperienze. È la storia narrata nella Bibbia, è quella presentata nei Vangeli. Al suo interno il dolore, le difficoltà, la stessa morte non hanno l’ultima parola. Come viene detto nel Messaggio, infatti, Dio stesso incarnandosi «si è personalmente intessuto nella nostra umanità, dandoci così un nuovo modo di tessere le nostre storie».

Il filo della narrazione, insomma, non solo lega passato, presente e futuro, ma permette di comprendere e di motivare ciò che facciamo. Ecco perché vale la pena raccontare e raccontarsi. Ecco perché bisogna conservare il ricordo del bene e lasciarne memoria agli altri.

Professore di Filosofia morale all’Università di Pisa

C’è anche un contributo di Adriano Fabris nel libro «La vita si fa storia. Commenti al Messaggio di papa Francesco per la 54esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali» (Scholé, 190 pagine, 15 euro) che esce – come ogni anno – alla vigilia dell’evento ecclesiale in calendario domenica, solennità dell’Ascensione, pubblicazione promossa dall’Ufficio Cei e curata dal suo direttore Vincenzo Corrado insieme al pedagogista Pier Cesare Rivoltella, studioso dell’impatto delle nuove tecnologie sulla vita e l’apprendimento. Al contributo («Memoria: le cose e le parole») che la senatrice Liliana Segre propone al Messaggio del Papa si aggiungno le riflessioni di Marko Ivan Rupnik, Paolo Ruffini, Fausto Colombo, Adriano Fabris e Vania De Luca, oltre a quelli degli stessi Rivoltella e Corrado. Il sussidio si completa con schede per educatori e famiglie e per animatori della comunicazione. Quest’anno il tema del Messaggio «”Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia», scritto prima della pandemia, si rivela di imprevedibile attualità per la Chiesa e il suo modo di raccontare se stessa in un mondo che ne ha cercato e ascoltato la voce come forse non accadeva da tempo.

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