giovedì 26 maggio 2022
Dopo la nomina di Zuppi a nuovo presidente, al centro dei lavori della plenaria dei vescovi italiani la tutela di minori e adulti vulnerabili. O’Malley: saremo giudicati su come rispondiamo
Il cardinale O'Malley

Il cardinale O'Malley - Ansa

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Dopo la giornata di martedì che ha visto la nomina, da parte del Papa, del nuovo presidente della Cei nella persona del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna (al quale anche il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha fatto gli auguri «per l’inizio del suo mandato che – ha detto – immagino non sarà una passeggiata, perché ci sono tanti problemi da affrontare», dichiarandosi comunque fiducioso che saprà «condurre la Cei secondo le indicazioni che il Papa gli ha offerto»), i lavori dell’assemblea dei vescovi italiani sono proseguiti anche ieri. In particolare con una sessione, ieri pomeriggio, in cui si parlato delle attività e sulle proposte di contrasto agli abusi promosse dal Servizio nazionale per la tutela dei minori. All’inizio è stato proiettato in aula il videomessaggio inviato dal cardinale Sean Patrick O’Malley, il cui testo è stato diffuso ai giornalisti dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori di cui l’arcivescovo di Boston è presidente.

Il porporato offre così, anche sulla base della sua esperienza personale, alcune indicazioni per affrontare la grave piaga. Sette consigli pratici, innanzitutto, accompagnati da una raccomandazione: «Non dobbiamo temere di riconoscere il male che è stato fatto a moltissimi nostri fratelli e sorelle». E «laddove gli individui hanno fallito nel loro dovere, dobbiamo compiere passi decisi per renderli responsabili dei loro errori». «È una realtà che saremo giudicati sulla base della nostra risposta alla crisi di abuso nella Chiesa», ammonisce.

Quanto ai consigli pratici, con molta chiarezza, il cardinale statunitense annota: «Abbiamo bisogno di una conversione pastorale che includa i seguenti aspetti. Offrire una cura pastorale efficace alle vittime; dare indicazioni chiare (e vigilare) sui corsi di formazione per il personale nella diocesi; fare uno screening adeguato e accurato; rimuovere i colpevoli; cooperare con le autorità civili; valutare attentamente i rischi esistenti per i preti colpevoli di abuso (per se stessi e per la comunità) una volta che sono stati ridotti allo stato laicale; dimostrare l’applicazione dei protocolli in atto, così che le persone sappiano che le politiche funzionano. Un audit e un rapporto di verifica dell’implementazione delle politiche sono molto utili». «La buona notizia – aggiunge – è che laddove vengono adottate politiche effettive e attuate con efficacia, il numero dei casi si riduce drasticamente.

Più in generale, O’Malley esorta a non assumere subito, in questi casi, «un atteggiamento di difesa della Chiesa». L’abuso sessuale, sottolinea, è stato sempre sbagliato». Ma «sono state sbagliate anche le risposte dei leader ecclesiastici e civili. Abbiamo imparato tanto in questi ultimi quarant’anni. È solo con il tempo che siamo arrivati a vedere e comprendere le vite rovinate, le dipendenze dalle sostanze e anche il tragico fenomeno dei suicidi conosciuti e nascosti. C’è un mare di sofferenza che siamo chiamati ad affrontare». Occorre farlo «rispondendo con giustizia alle vittime». Solo così «si potrà arrivare alla guarigione». Invece «se le vittime sono private della giustizia, sarà difficile trovare una soluzione al problema».

Secondo il presidente della Commissione Pontificia «nessun luogo può esimersi dal dovere di affrontare tali questioni». Di qui il suo invito alla Cei: «Considerando la profondità con cui la Chiesa che è in Italia è radicata e la vostra grande esperienza, sono convinto che abbiate un’opportunità straordinaria per sviluppare un dialogo onesto e non difensivo con tutte le persone coinvolte, a livello nazionale e locale, e che sono disposte a dare inizio a un processo costruttivo di revisione, di riforma, e di riconciliazione».
In sostanza la ricetta proposta da O’Malley si può sintetizzare così. «Non abbiamo nulla da temere nel dire la verità. La verità ci renderà liberi. Non è affatto facile riconoscere le storie di abuso delle persone, offrire ascolto ai sopravvissuti e impegnarci a lavorare insieme per la giustizia, ma dopo quarant’anni vi posso dire che è la sola via».

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