sabato 30 aprile 2016
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Nell’attuale scenario internazionale, gli ordinariati militari sparsi nel mondo devono essere sempre più «scuole di formazione religiosa, etica e morale». A sottolinearlo è stato il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, intervenuto alla prima giornata del Giubileo della famiglia militare e di polizia che oggi ha il suo clou nell’udienza con papa Francesco e nel passaggio della Porta Santa. A trent’anni dalla promulgazione della costituzione apostolica Spirituali Militum Curae, infatti, la missione degli ordinariati è per il porporato quanto mai strategica «nella difesa della pace, nella protezione della vita e nella garanzia della giustizia». Soprattutto in un momento in cui «gravi instabilità e ingiustizie provocano interventi militari che suscitano grandi interrogativi morali e politici ». La presenza dell’ordinariato che, ha ricordato Ouel-let, «trova la sua ragion d’essere nella necessità di svolgere una pastorale specifica e specializzata», assume dunque un ruolo centrale sia nei contesti nazionali che nelle missioni internazionali, dove «non mancano i contatti con altre confessioni e altre religioni». Ci sono poi «170 cappellani appartenenti al clero secolare e una quarantina di religiose a servizio dei militari che operano negli ordinariati della Corea del Sud, dell’Indonesia, del Kenya, del Sudafrica, dell’Uganda e della Nuova Zelanda, cioè in Paesi in cui non vi è un accordo formale con i governi per l’assistenza alla forze armate», ha spiegato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Si tratta, ha aggiunto, «di strutture quasi embrionali, dove non c’è un inquadramento militare e dove la maggior parte dei cappellani è impegnata a tempo parziale». In ogni contesto, tuttavia, i cappellani sono chiamati «ad una specifica attenzione pastorale e ad offrire la grazia dell’Eucaristia e della Riconciliazione», ha osservato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, evidenziando al contempo l’importanza della formazione al diritto umanitario, ambito in cui la Santa sede è impegnata dal 2000. In caso di conflitto armato non bisogna infatti mai dimenticare di «salvaguardare i principi essenziali di umanità» e di «proteggere coloro che partecipano alla guerra, come i civili, il personale sanitario e religioso, i feriti e i prigionieri». «Le immagini che in questi mesi mostrano mani che stringono altre mani, raccontando di forze dell’ordine che in mezzo alle onde del mare tirano a sé vittime innocenti che fuggono dalla guerra, dalla violenza e dalla fame, sono espressione concreta della misericordia come incontro», ha rilevato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Ai cappellani che «vivono la prossimità in situazioni di distanza», ha concluso monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione, «è consegnata la straordinaria opportunità evangelica, non scontata né accomodante, di vivere la relazione come luogo di vicinanza agli uomini che incontrano». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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