venerdì 30 dicembre 2011
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BOLOGNA. A Recuperandia il vecchio torna nuovo. E si riusa Una bottega per lo “shopping” dei più poveri. È questa la sfida lanciata a Carpi da “Recuperandia”, un centro operativo dell’Associazione Porta Aperta che nasce da una collaborazione con la Caritas diocesana (apertura martedì e giovedì dalle 9 alle 12 e dalle 16.30 alle 19 in via Montecassino 10/h). L’idea di base è quella di donare dignità nuova alle persone in condizione di disagio economico permettendo loro di acquistare oggetti, abiti, mobili e quello di cui necessitano a un prezzo sostenibile dai loro portafogli. Secondo obiettivo è la divulgazione di una cultura del riuso quale strumento eticamente corretto. A “Recuperandia” è possibile portare oggetti di tutti i tipi, mobili, abiti che non vengono più usati e che altre persone potranno utilizzare dando loro nuova vita. Se invece si ha necessità di “qualsiasi cosa” per un “qualsiasi utilizzo” qui sarà possibile trovarlo. Questa idea è rivolta non solo al privato cittadino ma a enti, associazioni, parrocchie, circoli. Il ricavato delle vendite viene utilizzato per sviluppare attività e progetti a favore dei più poveri, oltre all’autofinanziamento del progetto. Nel centro è attivo un laboratorio socio-occupazionale, luogo di collaborazione e condivisione tra persone, nel rispetto delle diversità soggettive e culturali, valorizzando le competenze e le risorse individuali. “Recuperandia” offre inoltre occasioni formative dedicate a bambini e ragazzi di scuole elementari, medie e superiori, oltre che per gruppi e movimenti, con l’intento di promuovere una cultura pedagogica attenta al riutilizzo di materiali di recupero. Stefano Andrini

FIRENZE. A fianco di chi si mette in gioco: il lavoro si può reinventareHanno visto fallire l’azienda di ceramiche in cui lavoravano. E si sono ritrovati senza stipendio con le famiglie sulle spalle e i figli alle prese con la scuola. Che cosa fare quando la crisi cancella il lavoro? Due operai di Signa, appena fuori Firenze, hanno cercato la risposta in una sfida: rilevare un ramo della ditta chiusa per far ripartire la produzione. E una mano per affrontare il mercato l’hanno trovata nel «Fondo di garanzia per l’avvio di una nuova impresa» voluto dall’arcidiocesi. A lanciare l’iniziativa era stato l’arcivescovo Giuseppe Betori con il «Patto per Firenze» annunciato nell’aprile 2009. Da allora il Fondo ha dato «frutti importanti», spiega Alessandro Martini, direttore della Caritas diocesana. Ne è un esempio la rinascita di quelle calcomanie per maioliche che i due ex dipendenti di 41 e 46 anni hanno potuto realizzare con l’aiuto della Chiesa locale e delle banche di credito cooperativo. In tutto sono già stati messi a disposizione oltre 165mila euro che hanno «permesso di favorire la scelta imprenditoriale dell’autoimpiego come concreta possibilità per continuare a far parte del mondo del lavoro», afferma Stefano Ciappelli, membro del gruppo di ex bancari volontari che si occupano del Fondo. Così una 38enne di Pontassieve, che ha perso il lavoro per la gravidanza, ha potuto creare un studio di contabilità; un dirigente di un’azienda farmaceutica, licenziato di punto in bianco, si è «reinventato» agente di abbigliamento con la figlia; un ragazzo, che non riusciva a trovare un’occupazione, è riuscito a impiantare una «toilettatura per cani»; due immigrate senegalesi hanno aperto i loro negozi di parrucchiera; due sorelle tunisine si sono tuffate nel commercio con una rosticceria; e un giovane brasiliano ha la sua pelletteria nel centro di Firenze, a due passi dalla Basilica di San Lorenzo. Tutto grazie all’arcidiocesi che ha coinvolto nel percorso sia la finanziaria della Regione Toscana, sia la Camera di Commercio. Un’alleanza nel segno della speranza. Giacomo GambassiCOSENZA. Così il microcredito ha soccorso gli "elfi del bosco"Ora pensano a un allevamento di suini neri di Calabria, magari a installare le serre e ad avviare una produzione agricola in proprio. Ma se non avessero avuto l’appoggio dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, avrebbero fatto fatica ad affrontare i tempi della crisi. Nel 2009, a 29 anni, Daniele Zanfino assieme a 4 persone aveva fondato la cooperativa sociale "Gli elfi del bosco", nella quale, oltre ai soci, hanno trovato lavoro a giornata tre persone. Fra loro, un ragazzo disoccupato da 80 mesi. Si occupavano di lavori rurali per conto terzi. «Ma senza attrezzi non si può fare granché», spiega Daniele. Gli attrezzi però costano e le banche non erano disposte a concedere prestiti perché la cooperativa non poteva provare la propria stabilità finanziaria. L’aiuto, allora, è arrivato dall’arcidiocesi, tramite un bando per il microcredito che ha dato ossigeno a più di 20 imprese. Agli "elfi" sono stati erogati 13.000 euro che hanno permesso di acquistare un trattore e di rendere agibili alcuni locali, sede della cooperativa. È stato concesso anche il fitto di un terreno di proprietà della curia: due ettari pagati una cifra simbolica. Ed è lì che prenderanno forma i sogni di Daniele Zanfino e dei suoi soci. «Ma l’aiuto non è stato solo finanziario», dicono i ragazzi, raccontando dei contatti offerti con docenti accademici e con centri di sperimentazione, ma soprattutto dei seminari dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro sulla dottrina della Chiesa: «È quella – confida Daniele – che nei momenti difficili ci dà la forza di resistere». Andrea GualtieriMONTECASSINO. Al centro dell'impegno le famiglie dei carceratiGettare ponti tra il territorio e il mondo del carcere: è l’obiettivo che muove uno dei tanti progetti di solidarietà della diocesi di Montecassino che, attraverso la Caritas diocesana, diretta da Maria Rosaria Lauro, va accrescendo la sua presenza, ormai decennale, nella Casa circondariale "San Domenico" di Cassino. Un impegno reso possibile dal consenso della direzione del carcere e che, oltre a rivolgersi agli attuali trecento detenuti, offre un servizio anche per l’accompagnamento delle loro famiglie all’esterno. Per esse la diocesi da cinque anni ha aperto un casa di accoglienza in prossimità del carcere, dove trovano ospitalità e ascolto familiari e parenti che si recano in visita ai detenuti, provenienti soprattutto dal territorio della Campania. Il centro offre l’opportunità di creare relazioni e, tra l’altro, comprende uno spazio per i giochi dei più piccoli. Le famiglie in particolari difficoltà economiche trovano poi un sostegno finanziario, a volte necessario pure per sostenere i viaggi e la permanenza a Cassino. Per alimentare i fondi destinati al progetto, i volontari Caritas, con l’associazione dei cuochi del Golfo del basso Lazio, di recente hanno organizzato una cena di solidarietà con detenuti e famiglie nel carcere. Il 14 gennaio, invece, si terrà la "Befana con papà", iniziativa  che permetterà anche ai figli più piccoli di entrare nella casa circondariale per fare festa accanto ai papà che scontano la pena. Augusto CinelliCAGLIARI Nel Poliambulatorio visita ed esami gratisUn Centro Medico polispecialistico a disposizione di bisognosi ed immigrati è attivo nel Centro “Giovanni Paolo II” di Cagliari. Gestito dalla Caritas diocesana il Centro si trova sotto il colle di Buoncammino e a pochi passi dall’Anfiteatro Romano in pieno centro cittadino: qui ha sede tutta una serie di servizi a favore dei poveri e degli indigenti. Nel Centro polispecilialistico operano una quarantina di medici di cui, 25 in sede ed altri 15 che hanno messo a disposizione i loro studi per accogliere pazienti indigenti segnalati dal Centro. Aperto da lunedì al venerdì, il Centro offre la possibilità di sottoporsi a visite specialistiche di ogni branca della medicina, compresa l’odontoiatria, con la possibilità di avere gratuitamente protesi mobili. È possibile fare esami di laboratorio, radiografie ed ecografie presso gli studi medici che, rinunciando al loro guadagno, si mettono a disposizione delle persone segnalate dai volontari del Centro.  La crisi economica ha incrementato il numero dei poveri e delle persone che si rivolgono ai medici del Centro: non sono rari i casi di famiglie che non riescono a pagare farmaci da banco per curare i propri figli.Grazie ad un accordo con la ASL 8 di Cagliari il Centro medico della Caritas ha effettuato lo screening sanitario dei  profughi giunti in Sardegna nei mesi scorsi. Sono stati effettuati i controlli sanitari, assicurata l’assistenza alle donne in attesa di una figlio, ai minori è stata data assistenza pediatrica. Alcuni adulti poi sono stati inviati presso strutture pubbliche per brevi ricoveri dovuti a patologie che necessitavano di ospedalizzazione. Sono stati inoltre portati avanti screening per la tubercolosi, l’Hiv, l’epatite B e C, con relative vaccinazioni. Il Centro offre anche assistenza per il rimpatrio di migranti malati allo stadio terminale.Roberto ComparettiVICENZA. Adotta una famiglia: il sostegno di vicinanzaA Vicenza i “sostegni di vicinanza”, tra famiglie abbienti e famiglie nel disagio – coordinati dalla Caritas che ha coinvolto le categorie imprenditoriali, i sindacati, le banche – hanno già visto collaborare, per tutto il 2011, una centinaio di famiglie, 50 che donano, altrettante che ricevono, in una relazione che garantisce l’anonimato per assicurare la dignità degli assistiti. «Quando si scopre una situazione di bisogno, in parrocchia o in calle, o ancora in quartiere – spiega monsignor Dino Pistolato, direttore della Caritas di Venezia – la si segnala ai nostri centri. Noi la verifichiamo e con discrezione aggreghiamo le famiglie che hanno la possibilità di condividere qualcosa, non superando mai la somma di 50 euro per nucleo familiare al mese, e raggiungendo quanto necessario per alcune spese fondamentali: utenze, scuola dei figli, mutuo. L’aiuto va dai 500 ai mille euro al mese mentre la continuità del sostegno può variare, in base alle circostanze, anche fino ad un anno o due». In diocesi di Vicenza il vescovo monsignor Beniamino Pizziol ha chiesto, al riguardo, un impegno costante per almeno sei mesi. L’aiuto va soprattutto ai disoccupati, ai cassaintegrati, ai lavoratori in mobilità, con carichi familiari.  «Vorremmo che il sostegno incentivasse la persona a cercare un impiego – insiste Pistolato – e quindi si concluderà quando l’obiettivo sarà raggiunto». A Venezia come in altre diocesi vige da tempo l’esperienza del microcredito. Anche questa, però, è in via di superamento, attraverso appunto i nuovi gemellaggi tra famiglie. «Il microcredito aveva lo scopo di responsabilizzare la persona che lo riceveva, ma in tanti casi – ammette monsignor Ferruccio Sant, direttore della Caritas diocesana di Vittorio Veneto – la restituzione di quanto ricevuto purtroppo non c’è stata. Ecco perché siamo costretti a programmare nuove iniziative». Francesco Dal MasBENEVENTO. Al Sud la cooperativa è giovane. Ma crescerà La crisi finanziaria, economica, sociale, si ripercuote anche nel Sannio, che tra le province campane sembrava la più attrezzata a resistere grazie al comparto agricolo. Una situazione che coinvolge in particolare i giovani, sprofonda nello sconforto le famiglie e interroga la Chiesa di Benevento, la quale ha messo in campo le sue forze, collaudate e nuove: il Progetto Policoro, lo Sportello del microcredito, il Market della solidarietà. Il modello del Progetto Policoro, attivo in diocesi da oltre cinque anni, ha raggiunto risultati positivi grazie alla Fondazione Ettore Cotroneo, nata dalla locale Banca del Lavoro e del Piccolo Risparmio. Nel corso del 2011 sono stati approvati e sostenuti due progetti di cooperative giovanili – nel settore della digitalizzazione dei documenti e delle attività di animazione dei bambini – mentre altre proposte sono in corso di accompagnamento in vista di una loro valutazione. Una solidarietà nata dal documento “Il lavoro ed i giovani prima di tutto. Riflessioni sul lavoro quale fonte di prosperità per le persone e per il territorio”, preparato dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, segno dell’impegno propositivo e progettuale sollecitato dal vescovo monsignor Andrea Mugione. «Seppur su piccoli numeri – spiega il direttore Ettore Rossi – grazie al contributo finanziario della Fondazione Cotroneo si incentiva l’intrapresa personale e associata da parte di nostri giovani motivati, che sono esempi da imitare. È inoltre un’opportunità per diffondere una nuova cultura del lavoro nel tessuto sociale del Sud». Valeria Chianese

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