sabato 6 agosto 2022
Il nuovo martire dopo l’invasione sovietica rifiutò di passare alla Chiesa russo ortodossa. Venne colpito a morte da un soldato che lo aveva fermato in una stazione. Venerabili 4 preti e una suora
Piazza San Pietro durante una canonizzazione

Piazza San Pietro durante una canonizzazione - Ansa

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Ucciso da un soldato sovietico mentre nella stazione ferroviaria nel villaggio di Sil’ze (Unione Sovietica) cercava di allontanarsi dal paese. Contro di lui era stato spiccato un mandato di arresto. Ucciso in odio alla fede da un regime comunista che dopo aver invaso i territori della Transcarpazia (territorio della Cecoslovacchia poi annesso all'Urss e oggi provincia dell’Ucraina) nel 1944, aveva iniziato anche un persecuzione contro il clero dell’eparchia greco-cattolica di Mukacevo, che aveva competenza su Ucraina, Ungheria, Slovacchia e Romania.

E nel mirino delle autorità era finito anche don Pietro Paolo Oros, sacerdote celibatario dell’eparchia dal 18 giugno 1942 quando venne ordinato. Ora il suo martirio è stato riconosciuto e papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del relativo decreto dopo l’udienza avuta ieri mattina con il prefetto del Dicastero delle cause dei santi, il cardinale Marcello Semeraro. Dunque il servo di Dio Pietro Paolo Oros, nato il 14 luglio 1917 nel villaggio di Biri (Ungheria), diventerà beato.

Nella stessa udienza il Papa ha autorizzato la pubblicazione dei decreti relativi al riconoscimento delle virtù eroiche di cinque servi di Dio, che diventano così venerabili: sono quattro sacerdoti e una suora.

Tra loro anche un italiano, fra’ Umile da Genova (al secolo Giovanni Giuseppe Bonzi) , sacerdote professo dell’Ordine dei frati minori cappuccini. Nato a Genova il 21 aprile 1898, entra nel noviziato dei cappuccini nel 1918 e l’anno successivo emette la professione temporanea. Il 17 settembre 1922 farà quella solenne e il 25 gennaio 1925 viene ordinato sacerdote. Docente e teologo, dopo aver svolto anche molti incarichi nella provincia religiosa e nell’arcidiocesi di Genova, al termine della Seconda guerra mondiale, «si fece promotore di un’opera di assistenza dei bambini poveri ed abbandonati, a cui diede il nome di “Sorriso francescano” – si legge nella sua biografia – e per la quale andava quotidianamente mendicando per raccogliere il denaro necessario. Per provvedere meglio al servizio di tale Opera, diede vita all’Istituto delle Piccole Ancelle del Bambino Gesù, eretto canonicamente nel 1957». Muore a Genova il 9 febbraio 1969.

Era invece un sacerdote diocesano, il venerabile colombiano Jesús Antonio Gómez Gómez. Nato a El Santuario il 26 marzo 1895, nel 1914 entrò nel Seminario di Medellín e, l’11 marzo 1922, venne ordinato presbitero. Svolse vari servizi pastorali fra cui confessore di alcune Congregazioni religiose femminili e rettore del Collegio nazionale “San José” di Marinilla. Nel suo ministero si dedicò, con particolare impegno e disponibilità, alle confessioni e alla direzione spirituale. Venne definito “La lampada del Santissimo”, per le molte ore che passava in preghiera e adorazione davanti al Santissimo. Malato, vive la sofferenza offrendola per gli altri, in particolare i poveri. Muore a Medellín (Colombia) il 23 marzo 1971, all’età di 76 anni.

Un ministero svolto interamente nei Seminari è quello che ha caratterizzato la vita del venerabile spagnolo Giovanni Sánchez Hernández, presbitero del Sodalizio dei sacerdoti operai diocesani del Cuore di Gesù, in cui entrò nel 1924. Nato il 9 novembre 1902 a Villanueva del Campillo (Ávila, Spagna), entrò in Seminario nel 1913. Divenne sacerdote nel 1925. Da subito viene nominato prefetto degli alunni del Seminario di Toledo, per poi passare a Burgos, Plasencia, Pontificio collegio spagnolo a Roma e Madrid. Fondò nel 1954 l’Istituto Secolare delle «Siervas Seglares de Jesucristo Sacerdote» con la finalità di aiutare i sacerdoti nel ministero. Con lo stesso intento fondò la «Pía Unión de Familiares y cooperadoras del sacerdote». Muore a Madrid il 18 luglio 1975.

Animato da uno straordinario spirito missionario e capace di utilizzare “Radio Aparecida” come strumento di evangelizzazione, è stato il venerabile brasiliano padre Vittorio Coelho de Almeida, redentorista, nella cui Congregazione entrò nel 1911. Nato a Sacramento (Brasile) il 22 settembre 1899, emise la professione perpetua tra i religiosi liguorini il 9 settembre 1921 e il 5 agosto 1923 divenne sacerdote. Nel 1948 dopo un periodo di malattia viene assegnato al Santuario di Aparecida, dove partecipò alla crescita di “Radio Aparecida” sin dall’inizio delle trasmissioni nel 1951, diventandone vicedirettore nel 1958 e poi direttore generale nel 1965. Il regime farà tacere questa voce nel 1969. Muore a Guaratinguetá (São Paulo) il 21 luglio 1987.

È una suora indiana professa della Congregazione delle suore orsoline di Maria Immacolata, l’unica donna inserita nei decreti di ieri: si chiama Maria Celina Kannanaikal ed è nata il 13 febbraio 1931 a Kundannur (India). Entrò nel noviziato nel 1954, ma fu un periodo caratterizzato da esperienze mistiche e vessazioni diaboliche, che «creavano dubbi nelle superiori e turbamento nelle altre novizie». «Durante quei momenti, seppe conservarsi sempre fedele e generosa, poggiando la sua vita nelle mani del Signore». Fu ammessa alla prima professione religiosa il 20 giugno 1957, ma colpita da febbri, cefalea e vomito morirà soltanto 35 giorni dopo, il 26 luglio 1957 a 26 anni.

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