Incontro di Firenze, Bassetti: la non violenza diventi prassi politica
Davanti ai vescovi giunti da tutto il bacino del Mediterraneo per il forum sulla pace, il presidente Cei constata i venti di guerra. "I popoli spingano gli Stati verso un orizzonte di fraternità&

Cita Salvatore Quasimodo per spiegare le tensioni e gli scontri che segnano il Mediterraneo. È ancora il tempo «della pietra e della fionda», dice il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, davanti ai vescovi arrivati a Firenze da tutto il bacino e di fronte al premier Mario Draghi. Tocca al porporato che ha ideato l’Incontro "Mediterraneo frontiera di pace" aprire la seconda edizione dell’evento. La prima volta era stata a Bari nel 2020. Adesso è l’ora di Firenze, la città del sindaco "santo" Giorgio La Pira che con la sua profezia di riconciliazione fra i popoli ha ispirato l’iniziativa a Bassetti. Nell'infermeria di quello che era stato il convento domenicano di Santa Maria Novella è cominciato il forum ecclesiale che si intreccia con la Conferenza dei primi cittadini dell’area invitati da Palazzo Vecchio. Cinquantotto vescovi e sessantacinque sindaci insieme per un «cammino straordinario», come lo definisce il presidente della Cei, che intende «riflettere sul ruolo delle nostre città e delle nostre Chiese nella costruzione di un Mediterraneo della solidarietà, capace di superare le sue crisi e i suoi drammi».
All’Incontro Cei era atteso l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk, ma l’acuirsi della crisi con la Russia non gli ha permesso di lasciare Kiev. E Bassetti legge in apertura dei lavori un suo messaggio in cui Shevchuk avverte che l’Ucraina «rischia di diventare un campo di morte». Parla di «momento drammatico» per la nazione e spiega di sentirsi «in dovere di stare con il mio popolo in veglia e in preghiera per la pace». Poi ringrazia la Chiesa italiana «per la costante vicinanza con il popolo ucraino, per il suo forte appello alla pace».

Anche il cardinale presidente fa riferimento agli «inquietanti venti di guerra dall’Ucraina» che mostrano come gli Stati non abbiano «la forza, a fronte dell’eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza». Ecco perché tocca ai «nostri popoli, alle nostre città e alle nostre comunità religiose» svolgere «un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di fraternità». Proprio le città sono protagoniste del doppio forum ecclesiale e civile «per raggiungere la pace mondiale», sottolinea Bassetti.
Città dove le comunità cristiane intendono esserci. E, dice il presidente della Cei, hanno «il dovere morale e il compito missionario di favorire e promuovere, con fede e coraggio, nuovi equilibri internazionali basati, prima di tutto, sulla difesa e la valorizzazione della persona umana, oltre che su una solidarietà fattiva e concreta». Bassetti ricorda che dalla fine della Guerra fredda e negli ultimi trent’anni è emerso un nuovo «disordine internazionale in cui le ferite dei popoli si sono moltiplicate». Accenna alla crisi delle democrazie, a intere generazioni «cresciute con la violenza», all’«ecatombe nucleare» che ancora incombe sul pianeta. Ricorda che il Covid ha aumentato le disuguaglianze e afferma che «la prossima pandemia ci troverà ancora impreparati se non garantiremo una sanità equa e giusta per tutte le persone della terra». Poi la denuncia affidata a una domanda: «Come non pensare che per una sanità universale basterebbe una cifra molto inferiore a quanto costa la sciagurata corsa al riarmo?».

Alle Chiese del Mediterraneo il presidente della Cei indica il compito di farsi «coscienza pubblica della fraternità» e di contribuire a dare vita a città dove si realizzi la «civiltà del pane e della grazia». Una missione che chiama in causa tutte le comunità cristiane «per quanto piccole possano essere». Cinque le vie che propone all’attenzione dei vescovi. La prima è quella della «testimonianza della resurrezione di Cristo» che è «cosa ben diversa dal proselitismo» e implica la «mitezza» che consente di «trasformare la nonviolenza in prassi politica». E aggiunge che tutto ciò deve tradursi in «prassi di liberazione dall’oppressione della miseria, della violenza, della guerra, del fondamentalismo» per i «nostri fratelli schiacciati dalle guerre, dalla fame, dal cambiamento climatico, alcuni dei quali muoiono di freddo ai confini di Europa o annegano nel Mediterraneo». La seconda via è la «comunione» fra le Chiese che necessita di una spinta al dialogo fra le confessioni cristiane e con le altre fedi. Terza dimensione è la contemplazione perché la «preghiera è la nostra arma». Quarta è «l’intelligenza della fede» che deve produrre una «teologia del Mediterraneo». Quinta dinamica è la sinodalità mediterranea. E cita un’intervista ad Avvenire dell’arcivescovo di Marsiglia. «Lasciatemi confidare – riflette Bassetti – che alla soglia degli 80 anni mi riempie di entusiasmo e di gratitudine la prospettiva di un Sinodo mediterraneo di cui l’arcivescovo Jean-Marc (Aveline, ndr) ha parlato al Papa e scritto pubblicamente».

Allora che cosa sarà l’iniziativa di Firenze per le Chiese del bacino? «Un’autentica azione di contemplazione e azione», auspica il presidente della Cei. Preghiera e nuove strade scandiranno le giornate di lavoro e il percorso che porterà a una sorta di "Carta delle nazioni" del Mediterraneo condivisa da vescovi e sindaci che domenica verrà consegnata a papa Francesco durante la sua visita a Firenze a conclusione del doppio summit sui passi di La Pira.
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