martedì 22 gennaio 2013
​Il presidente della Cei Angelo Bagnasco in una intervista a Famiglia Cristiana invita a battere la tentazione del disimpegno. «I valori sociali tengono se a monte c'è il rispetto della dignità della persona».
CHI SONO Cattolici in lista, determinati a incidere | «Anche nel Pdl un impegno che continua» (Angelo Picariello)
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La disoccupazione è oggi «la grave urgenza del nostro Paese», col rischio che, se irrisolta, «il rischio è di sacrificare intere generazioni». E, insieme, la famiglia, da difendere sempre più in un’Italia in cui «è vistosa, specie a confronto con altri Paesi europei, l’assenza di politiche familiari adeguate e durature». Emergenze, l’una e l’altra – ma non le sole – che costituiscono «un banco di prova su cui la politica dopo le elezioni sarà costretta a cimentarsi». Perché «la crisi economica e sociale è il sintomo drammatico di uno spaesamento più profondo. L’effetto è un ripiegamento sul privato e una fuga nella demagogia che allontana la possibilità di un cambiamento. Ma a un cattolico quest’atmosfera di disimpegno non è consentita e partecipare con il voto è già un modo concreto per non disertare la scena pubblica».Alla vigilia della presentazione del suo libro La porta stretta, in programma domani a Roma con la partecipazione del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone e del professor Joseph H.H. Weiler, della New York University School of Law, il presidente della Conferenza episcopale italiana Angelo Bagnasco, risponde in un’intervista a Famiglia Cristiana alle domande di Antonio Sciortino, direttore del settimanale, sul momento che il Paese sta vivendo. Compreso, ovviamente, il tema della prossima tornata elettorale, quando, per il presidente dei vescovi italiani, «la presenza di esponenti cattolici in schieramenti differenti dovrà accompagnarsi a una concreta convergenza sulle questioni eticamente sensibili», perché «non si possono affrontare problemi come la crisi del mondo del lavoro, le disuguaglianze sociali, la questione ambientale, mettendo tra parentesi i valori di partenza, come il rispetto per la vita, il sostegno alla famiglia, la libertà di educazione».Infatti, aggiunge, «è falso ritenere che i valori non negoziabili siano "divisivi" mentre quelli sociali sarebbero unitivi. In realtà stanno o cadono insieme. E questo per una semplice ragione: perché i valori sociali stanno in piedi se a monte c’è il rispetto della dignità inviolabile della persona». E, quindi, «in concreto, un cattolico che sta a destra dovrà farsi riconoscere proprio quando si tratta di fare pressione per i valori della solidarietà. E se sta a sinistra, verrà allo scoperto proprio quando sono in gioco i temi della bioetica. Così entrambi diventano coscienza critica all’interno del loro mondo di riferimento e il Vangelo più che essere diluito diventa fermento».Delle emergenze più acute del momento Bagnasco, come accennato, mette in evidenza in primis la disoccupazione, in particolare quella giovanile, perché, osserva, «se si pensa ai giovani che sono in larga misura condannati a questa situazione si capisce che la fragilità dei legami è dovuta pure a questo stato di cose. La Chiesa fa tutto ciò che può inventandosi anche canali nuovi di aiuto, ma è ovviamente troppo poco rispetto ai bisogni. Se non si riuscirà a trovare una risposta concreta a questa emergenza il rischio è di sacrificare intere generazioni». Insieme a questo, ci sono poi la difesa della vita, le politiche a tutela della famiglia, gli immigrati, la questione delle unioni omosessuali, le tasse. Su quest’ultimo punto il porporato risponde anche alle ricorrenti polemiche sull’Imu. «La Chiesa le tasse finora le ha pagate, contrariamente a ciò che si dice e si scrive», anche perché - ricorda Bagnasco - «evadere le tasse è peccato».E ancora, ovviamente, c’è la questione della Chiesa, che «è tale – afferma – se è profetica. Il profeta guarda le cose con lo sguardo di Dio, ne coglie la verità interna e ne intravede l’esito. Per questo appare spesso poco "diplomatica", perché invece di assecondare certe tendenze che più facilmente le darebbero consenso e prestigio, non esita a contestare i miti dominanti che non portano alla felicità, ma a deserti tristi e disumani». Perché «solo in questo modo la fede non è destinata a restare un fatto puramente emotivo, sentimentale, irrilevante per la vita concreta». Si assiste, infatti, spiega il porporato nell’esordio del colloquio, a una «crisi della fede» che è «la questione delle questioni». Una «sfida» che «è sotto gli occhi di tutti». Ma che non si vince «con semplici strategie pastorali o affinando i linguaggi della comunicazione diffusa. Il punto di partenza è che i credenti vivano di fede nella vita concreta». Quando «la nostalgia di Dio rinasce e con essa la gioia di viverlo e testimoniarlo, l’evangelizzazione diventa possibile. Il relativismo etico è, in realtà, l’effetto della perdita di orientamento che si produce quando Dio sparisce dall’orizzonte e l’uomo finisce per credersi misura di tutte le cose», conclude il porporato.
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