sabato 22 aprile 2017
Pubblichiamo il discorso di saluto di Andrea Riccardi al Papa in visita alla basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina, dedicata ai cristiani che hanno offerto la vita per Cristo
(Siciliani)

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Padre Santo,
grazie di venire pellegrino al santuario dei nuovi martiri. L’incontro con lei ci riporta sempre al Vangelo e ai poveri. Ricordo che, a Santa Maria in Trastevere, parlò di tre “P”: preghiera, poveri, pace. Oggi, per significativa coincidenza, è il quarto anniversario del rapimento dei vescovi di Aleppo, Boulos Yazigi e Gregorios Ibrahim, che ha pregato in questa chiesa. Per loro, chiediamo sempre la liberazione assieme a Paolo Dall’Oglio.


Oggi lei ci aiuta a sintonizzarci con il messaggio di questo luogo: santo, perché custodisce le memorie di martiri, cattolici, ortodossi, anglicani e evangelici, già uniti nel sangue sparso per Gesù. San Giovanni Paolo II, nel 2000, volle questo santuario per non dimenticare. Ebbe ragione, perché è diventato un luogo di memoria e pellegrinaggio per tanti di varie Chiese.


Devo dirle francamente che, di fronte ai nuovi martiri, c’è un po’ di vergogna in noi: sono nostri contemporanei, qualche volta anche amici e commensali. Come Christian de Chergé, ucciso nel 1996 quando –con i fratelli- restò in Algeria a vivere con i musulmani. Come Shahbaz Bhatti… Siamo stati loro amici, ma non ci siamo liberati dalla volontà tenace di salvare noi stessi. Non si può restare centrati sull’amore della propria vita, in un mondo, in cui la guerra è madre di dolori e povertà, in cui si gioca con le armi, in cui i cristiani sono uccisi. Bisogna imparare la lingua dei testimoni del Vangelo, che non hanno salvato se stessi. Diceva uno scrittore ebraico: “chi parla la lingua dei martiri… erige anche una muraglia contro la malvagità, e passa la fiaccola della fede alle generazioni successive”.


I martiri ricordano che i cristiani non sono vincenti per potere, armi, denaro, consenso. Loro non sono eroi, ma gente abitata da una sola forza: quella umile della fede e dell’amore. Non rubano la vita, ma la donano, come Gesù, che non salvò se stesso, non fuggì da Gerusalemme nonostante la minaccia. La gratuità è il senso della vita e della morte dei martiri. Così i martiri richiamano a una Chiesa povera, umile e umana. Scrive Giovanni Crisostomo: i cristiani arrivano alla vittoria, accettando di essere uccisi.


C’è bisogno, in questo tempo, di vittoria: ma non dell’una o l’altra parte, ma della pace e dell’umanità. Troppa gente toglie la vita con terrorismo, sfruttamento, abbandono. Troppi esodi del dolore come i profughi e i migranti. Ma non siamo condannati a essere spettatori spaventati di questa scena dolorosa. I poveri e i martiri ci aiutano a sperare. Mostrano che, con la fede, l’aiuto di Dio, la parola, l’amore, l’incontro, si può cambiare il mondo.


Grazie, Padre Santo, di essere qui con noi: di fronte a questo grande affresco delle Beatitudini che sono i martiri. Chiediamo a loro di intercedere per lei. Sentiamo, in qualche modo, che la nostra preghiera stasera accompagna e prepara il suo prossimo viaggio in Egitto, terra di martiri e del dialogo.


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