sabato 5 agosto 2023
Tra le iniziative collaterali della Giornata mondiale della gioventù l'esposizione dedicata al giovane milanese morto nel 1990 a 19 anni, lasciando tra i suoi coetanei una traccia profonda
Andrea Mandelli

Andrea Mandelli

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Ci sono vite che durano poco ma segnano l’esistenza di chi le ha incontrate. Lasciano tracce indelebili, e rimandano a qualcosa di infinitamente più grande, diventando segno della presenza misteriosa che la ha abitate. La vita di Andrea Mandelli è stata proprio così, e da questa evidenza è nata l’idea di raccontarla in una mostra che si è svolta a Lisbona nel cuore della Giornata mondiale della gioventù.
Andrea muore nel 1990 a 19 anni per un osteosarcoma, una forma aggressiva di tumore osseo, dopo 2 anni di terapie. Un giovane amante della vita: alpinista, sciatore, impegnato nella politica studentesca, promotore di iniziative culturali, tessitore di amicizie con tutti. La diagnosi infausta che lo raggiunge all’età di 17 anni e le limitazioni imposte dalla malattia e dai ricoveri in ospedale non frenano la sua vitalità: canta in un coro polifonico, fonda con alcuni compagni dell’Istituto Sacro Cuore di Milano un giornale studentesco che già nel titolo comunica la curiosità e la passione per la realtà – «Attenzione! Pericolo di vita e di morte. Sempre» –, crea la “Studenti Card” per facilitare l’acquisto di libri, promuove corsi gratuiti di aiuto allo studio e l’uso di spazi sociali e ricreativi, realizza insieme agli amici una sede per gli incontri di Gioventù Studentesca, dove l’educazione cristiana ricevuta in famiglia si misura con le sfide dell’esistenza.
Non siamo in presenza di un enfant prodige, di un piccolo superuomo particolarmente dotato. Da dove viene questa energia per affrontare con passione l’esistenza? C’è un’amicizia che determina il suo sguardo e orienta le sue scelte: l’amicizia con Gesù, coltivata come un fiore prezioso fin da bambino dopo averla ricevuta in dono dai genitori Sofia e Antonio e condivisa con i sei fratelli. È da questa amicizia che nasce, in una sorta di contagio, quella con tanti giovani e che si esprime anche con gesti semplici, come il regalo natalizio fatto all’amica Angela un anno prima di morire. Nel biglietto che lo accompagna, scrive: «Sai qual è il valore di un amico? Quello di ricordare all’altro il fatto che, come una molla, lo ha spinto a cambiare la propria vita rendendolo veramente felice!! Ecco la mia molla». Angela apre il regalo e trova la molla di una biro dentro una scatola di cerini. È questo episodio che ha dato il titolo a un libro pubblicato da Itaca e alla mostra che viene proposta a Lisbona – in italiano e inglese, ma anche in altre lingue inquadrando un QRcode – e successivamente potrà essere allestita su richiesta (antonio@mandelli.org, 3488708795).
Quella di Andrea è una storia di dedizione totale e appassionata a Cristo che non viene meno nel tempo della prova, anzi, lo rende capace di viverla come occasione per scoprire la forza di un Amore che non smette di accompagnarlo, di dare significato alla sofferenza, al dolore, alla morte. Scrive così in una lettera agli amici, due mesi prima di morire: «Carissimi, a cosa serve la vita se non per essere data? Io adesso sono a completa disposizione. Non devo più decidere. Chiedere al Signore la forza di sopportare ancora un po’ di fatica, questo sì, lo chiedo e devo chiederlo tutti gli istanti. Ma a questo punto è tutto nelle sue mani. Forse per i dolori che ormai si fanno insistenti, mi sembra che si sia arrivati a un momento decisivo, se non alla fine. Anch’io voglio essere pronto in ogni istante. Ci tengo a essere ordinato e lavato (ieri mi sono persino fatto la barba). Ho messo a posto i miei libri di scuola e da parte quelli non miei da rendere agli amici. La scuola è appena cominciata (e io ho già cominciato a saltarla), eppure voglio tutti i libri per poter seguire. Adesso leggerò Hard Times. Voglio concludere ogni cosa per poter non fa altro che aspettare».
Non sarà lunga, l’attesa: il 29 novembre 1990 Andrea nasce al Cielo e raggiunge l’Amato. «Ok, va bene, andiamo», sono le ultime parole che la madre annota sul suo quaderno. La sua febbre di vita ha trovato il compimento nella vita che mai finisce.

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