martedì 30 giugno 2020
Nella parrocchia bolognese che guidava dal 2009 i funerali dell’ex rettore del Seminario morto a 55 anni. L’arcivescovo Zuppi: un uomo intelligente e libero. capace di parlare con tutti
Don Lino Goriup

Don Lino Goriup

COMMENTA E CONDIVIDI

In Gesù vivo. «Così chiudevi le tue lettere, salutando. Non pensavamo che la tua “lettera” finisse così presto, ma in Gesù vivo ti salutiamo e ti affidiamo a Lui perché vivi con Lui, sei per sempre in Gesù che è morto ed è risorto per te e per noi.». Con queste commosse e commoventi parole il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ieri ha concluso l’omelia nella Messa esequiale per monsignor Lino Goriup, scomparso improvvisamente giovedì scorso a 55 anni: un infarto, probabilmente, che lo ha colto all’ingresso della canonica della parrocchia cittadina di Santa Caterina di Strada Maggiore, che guidava dal 2009.

I funerali sono stati celebrati nel parco del Seminario arcivescovile e regionale, all’aperto, perché questo, ha ricordato Zuppi all’inizio, è «uno dei luoghi più cari a don Lino, che lo ha visto entrare giovane, brillante, per iniziare la formazione e poi accompagnare quella di altri ragazzi» alla presenza di centinaia di persone.

Goriup infatti era molto conosciuto, stimato ed amato in tutta la diocesi e anche al di fuori. Laureato in Filosofia e in Teologia, era stato nominato ad appena 35 anni rettore del Seminario regionale Flaminio, e aveva poi sempre continuato ad insegnare alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, pubblicando anche numerosi volumi.

Un legame molto forte, quello con i suoi alunni, come del resto era stato forte quello con i giovani del Seminario che aveva guidato per 5 anni. Di questa esperienza, ha ricordato Zuppi, don Lino diceva: «L’unica cosa che ho saputo indicare senza posa era quello che stava succedendo a me: dare la vita a Cristo significa ricevere se stessi e il mondo in dono da Lui. I preti non sono freddi burocrati pronti al comando, ma persone diventate, nell’amore di Gesù, “genitori di se stessi”, padri liberi e responsabili di un popolo di figli». Era stato anche vicario episcopale degli arcivescovi Biffi e Caffarra per il Settore Cultura e Comunicazione per poi diventarlo per il Settore Cultura, Università e Scuola.

Il dolore e anche l’incredulità dei presenti e di tanti per una perdita così improvvisa e inaspettata sono stati raccolti dall’arcivescovo e posti nell’ottica cristiana: «Abbiamo davvero tanto bisogno del Signore – ha detto Zuppi – come gli antichi naviganti lo avevano delle stelle e in realtà, quando avviene come per Lino, capiamo che i nostri passi non vagano perché sono contati da Dio e le nostre lacrime, anche quelle segrete, non sono perdute e senza risposta».

E ancora: «Resta solo Gesù, inizio e fine di tutto, come è stato nella vita breve di Lino, nella sua fede profonda e indiscussa, ereditata dalla sua famiglia». A proposito delle sue radici familiari il cardinale ha fatto riferimento alla «vicenda, fiera e dolorosa» della gente dell’Istria. La mamma era infatti italiana (originaria dell'isola di Lussino) e aveva vissuto il dramma dell'Esodo. Il ramo paterno della famiglia, Goriup, appartiene invece alla comunità slovena in Italia e durante il ventennio subì le persecuzioni anti-slave fasciste. Lui era e si sentiva anche un bisiaco, perché nato nell'area geografico-culturale della Bisiacaria (posta nella parte meridionale della provincia di Gorizia). Anche questo aiuta a capire un connotato del suo carattere esaltato dalla sua fede e sottolineato infine da Zuppi: «Ricordiamo Lino come uomo intelligente e libero, capace di parlare con tutti e di trovarsi a suo agio con storie e sensibilità diverse perché aveva Cristo nel cuore. Sempre con gentilezza e col sorriso. Lino ha atteso la sua manifestazione e l’ha vista e indicata predicando il Vangelo, con leggerezza e profondità, sempre con tanta umanità».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: