C'è un legame tra questi giovani e il cammino sinodale: ecco qual è

Abbiamo assistito al primo coraggioso tentativo di ascolto delle nuove generazioni, non solo di quelle legate a parrocchie ed associazioni. È il segnale che i 20-30enni ci sono, basta cercarli
August 3, 2025
C'è un legame tra questi giovani e il cammino sinodale: ecco qual è
Agenzia Romano Siciliani | Una coppia di giovani al Giubileo, la mattina di domenica a Tor Vergata
L’entusiasmo e la partecipazione da ogni parte del mondo al Giubileo dei giovani vissuto a Roma nei giorni scorsi rappresenta senza dubbio un segnale di vitalità e fiducia. Giustamente don Alberto Ravagnani ha definito questa partecipazione un grido, rivolto alla Chiesa e all’umanità, da parte di una consistente porzione di giovani che desidera essere ascoltata nella novità che custodisce dentro. Tuttavia desidero sottolineare lo stretto legame tra il Giubileo e il cammino sinodale vissuto dalla Chiesa italiana in questi ultimi anni. Mi sembra sia stato il primo coraggioso tentativo di ascolto del mondo giovanile, non solo di quello collegato alle parrocchie e alle associazioni, poiché in diverse diocesi sono state molteplici le opportunità realizzate per raggiungere i “luoghi” più svariati abitati dai giovani. Ma ascoltare è sufficiente? No! A volte questo ascolto sinodale si è trasformato in ascolto del silenzio. Non perché il mondo giovanile non abbia nulla da dire, ma perché nel frattempo abbiamo perduto molti giovani (in particolare la fascia 20-35) dalle nostre comunità; in questo senso siamo in ritardo come ripeteva il cardinale Carlo Maria Martini. Quello che consola è sapere che i giovani che abbiamo smarrito non si sono persi. Li ha persi la Chiesa, ma loro trovano sé stessi e il loro futuro altrove: basta cercare nei luoghi più impensabili, in quelli meno religiosi o strutturati, lì dove i sogni diventano realtà e l’immaginazione ha piena cittadinanza.
Questo grido si è trasferito altrove, dove è la comunità cristiana a latitare. È quest’ultima, infatti, che è chiamata a vivere nuovi e faticosi esodi: perché non c’è Giubileo senza transiti. Ce lo ricorda il libro del Levitico al capitolo 25, che è stato proclamato nella liturgia qualche giorno fa (sabato 2 agosto): una Chiesa che non si schiera nei diversi processi di liberazione e riscatto (sociale, economico, affettivo, antropologico) non è più fedele al suo Maestro. Anzitutto liberazione dall’abitudine e dal conformismo che, a volte, si annidano anche nel cuore dei cristiani tiepidi come li chiamava papa Francesco. Talvolta questo anno giubilare ha rischiato di prendere la piega delle proposte e delle mode del momento, sorvolando l’appello urgente alla liberazione, perché ogni vita umana – non solo la terra – appartiene al Signore e in Lui trova felicità. Si diventa liberi solo quando ci si slega dalle idolatrie che schiavizzano, incarnate nelle diverse logiche competitive che non fanno mai gustare la gioia di essere amati per ciò che si è, per i desideri che si coltivano e per i legami che si costruiscono. Fino a quando faticheremo ad interpretare l’allarme impellente che proviene dal numero crescente dei suicidi tra i giovani? Il Giubileo è l’occasione per la Chiesa di ascoltare anzitutto il suono del corno che ci riporta all’unico alleato della nostra vita, Dio. Gli idoli ci promettono tutto mentre rendono schiavi, la relazione con il Signore ci costa sacrifici (penso al martirio del giudice ragazzino, il beato Rosario Livatino) ma rende liberi.

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