sabato 16 aprile 2022
Durante quella che sant’Agostino definiva «la madre di tutte le veglie» tante persone, soprattutto adulte ricevono il Battesimo. Alle spalle, spesso storie non facili
Fedeli nigeriani nella parrocchia di San Giuseppe Cafasso, di Torino

Fedeli nigeriani nella parrocchia di San Giuseppe Cafasso, di Torino - Collaboratori

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La veglia pasquale, quella che sant’Agostino chiamava «la madre di tutte le veglie» è ricca di gesti e di significati. E molto spesso al suo interno viene amministrato uno o più Battesimi, soprattutto, tradizionalmente, di adulti. Sin dalle origini, infatti, la comunità cristiana sottolinea come in questo sacramento ogni credente venga unito indissolubilmente alla morte e risurrezione di Cristo. Quale momento migliore della Pasqua, della festa del Risorto, dunque, per celebrare l’iniziazione cristiana?. Scrive san Paolo ai Romani: «Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova».

Vicenza

Douglas faceva il badante, dopo essere fuggito dal Camerun. Oggi è operatore socio sanitario e ieri sera ha ricevuto i primi sacramenti. Ha 36 anni.

E così pure Adil, che ammette: «Dal luglio del 2013, ovvero dall’ultima volta in cui mi definii un ateo convinto, sono passati quasi dieci anni. Non so dire se sembra passato un secolo o un giorno solo, ma il percorso che compiuto è sorprendente, anzi meraviglioso».

Gabriele, dal canto suo, ha scoperto la fede studiando filosofia all’università.

Sono tre dei 15 catecumeni che don Giovanni Casarotto della diocesi di Vicenza ha accompagnato ieri sera a ricevere il Battesimo dal vescovo Beniamino Pizziol.

Douglas Tchabo lavora in una residenza per minori disabili. «Nel mio Paese sono stato arrestato e minacciato di morte perché manifestavo per chiedere lavoro dopo la laurea. Sono stato rinchiuso in una cella di cui nessun civile conosceva l’esistenza e alla fine ne sono uscito grazie all’intervento economico di mia mamma. Nel mio Paese la corruzione è molto diffusa». Fuggito in Niger, è stato colpito dalla febbre gialla, per quaranta giorni, senza poter recarsi in ospedale, perché clandestino. Ripreso il viaggio a piedi, attraverso il deserto del Sahara, arriva in Algeria dove racimola, lavorando, i soldi per pagarsi il barcone verso l’Europa.

«Venni a sapere che 800 persone erano decedute in mare in sole due settimane, al pensiero mi tremavano le vene ai polsi: potevo essere uno di loro. Così decisi di farmi tatuare il nome e cognome sul braccio. Durante l’attesa di imbarcarmi – aggiunge – in una casa a Zabrata, cinque ragazzi che erano bloccati lì da sei mesi provarono a fuggire: furono presi, portati in mezzo a noi, e uccisi in modo che capissimo cosa ci aspettava se fossimo scappati».

«Da quel momento ho messo la mia vita “nelle mani di Dio” e mi sono proprio abbandonato a Lui con una fede mai provata prima. In Italia sono approdato il 25 dicembre, nel giorno della nascita di Gesù: un segnale forte». Il percorso di catecumenato ha preso avvio nella casa di Antonio dove Douglas ha iniziato a prestare assistenza. «Ho approfondito la mia fede, ho imparato a pregare, ad affidarmi completamente a Lui».

Adil Dal Santo, ateo professo fino a nove anni fa, ammette di sorprendersi ancora del cammino compiuto. «Stento a credere come un tale radicale cambiamento possa compiersi all’interno di una persona, ed è proprio ciò che oggi costituisce le fondamenta della mia fede: se ha cambiato persino me, Lui è degno di lode».

«A pensare al Battesimo cominciai forse una dozzina d’anni fa, durante i miei studi di filosofia all’università – ricorda, dal canto suo Gabriele, un altro dei battezzati ieri in Cattedrale a Vicenza –. Mi trovai a frequentare persone nuove: alcuni compagni di corso erano praticanti e mi piaceva discutere o anche semplicemente stare in loro compagnia. Riconobbi in alcune di queste persone una positività e un modo di esperire la quotidianità che ammiravo».

«Il tempo che viviamo apre interrogativi e necessità di cammino e di appartenenza – riflette don Casarotto –. Ciascuna delle storie di vita è unica. Abbiamo anche giovani vicentini di famiglie del nostro territorio che autonomamente stanno scegliendo la fede stimolati dall’incontro con qualche persona o da un bisogno personale di ricerca. Lo stupore di questo cammino è anche di chi li accompagna». (Francesco Dal Mas)

Rimini​

Daniel aspettava questo momento da anni. «In Nigeria vivevo in un ambiente cristiano, ma non c’è mai stata la concreta possibilità di intraprendere un vero cammino». Ventisette anni da compiere, è in Italia da sette stagioni, con il fratello, fa il commesso in un supermercato di Riccione e da un anno ha frequentato il percorso di iniziazione cristiana con l’équipe della Zona pastorale Flaminia.

Zilda ed Herges sono due fratelli di origine albanese, 24 anni lei, 22 lui. Lavorano entrambi come camerieri. «E per seguire i riti preparatori abbiamo dovuto fare i salti mortali», confidano.

Daniel, Zilda ed Herges sono esempi di come la porta della fede sia sempre aperta. Non c’è età né esperienze ordinarie per intraprendere un percorso di fede e di iniziazione cristiana. Lo dimostrano gli altri undici catecumeni che a Rimini hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana dal vescovo Francesco Lambiasi in occasione della Veglia pasquale, in una Cattedrale a Rimini stracolma di fedeli, amici e parenti, e presso la comunità di Montetauro.

Sono bambini, ragazzi e giovani fino a 35 anni, di diverse nazionalità: Albania, Cina, Nigeria e Italia. Ai quattordici che riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana, si aggiungono quattro cresime. T. arriva da Riccione e proviene da famiglia di testimoni di Geova. A causa di un incidente ha avuto la necessità di una trasfusione di sangue, e la scelta ha causato la rottura dei rapporti con i familiari e soprattutto con la moglie che è fuggita a Roma con i figli. Ora T., trentenne, sta cercando di ricostruire una vita e la scelta del Battesimo è un punto fermo. Mamma e figlia di origine albanese vengono dall’islam e ora abbracciano la fede cattolica.

Vincenzo, 70 anni, della Zona pastorale Flaminia, insieme a don Gabriele e Gianluca, fa parte dell’équipe che prepara da anni gli adulti al Battesimo. «Sono circa 90 le persone accompagnate ai riti di iniziazione cristiana in questi anni – racconta Vincenzo –. Non siamo catechisti ma fratelli più adulti nella fede e facciamo con loro, e non per loro, questo percorso di circa quaranta incontri l’anno».

Una sfida che prosegue anche dopo la Pasqua. «È quella dell’accompagnamento dei catecumeni e degli adulti che riscoprono la fede da parte di comunità vive, rappresentate da catechisti laici – è il responsabile diocesano del catecumenato per adulti, don Giuseppe Vaccarini, a parlare –. Essi si coinvolgono in prima persona nel cammino delle persone loro affidate anche oltre il tempo del catecumenato». Tra i momenti che accompagnano il “post” Veglia pasquale, ci sono ritiri, pellegrinaggi, ma anche più semplicemente un gruppo WhatsApp per condividere domande ed esperienze vissute nel quotidiano. I neofiti torneranno in Cattedrale nel pomeriggio della Domenica in Albis e sempre con il vescovo per una Messa di ringraziamento. (Paolo Guiducci)

Torino

Ieri sera durante la Veglia di Pasqua nella parrocchia di San Giuseppe Cafasso, a nord di Torino al confine con la Barriera di Milano nella periferia più difficile della città, si è vissuta una pagina dell’enciclica Fratelli tutti. In questa comunità «laboratorio e modello di integrazione», come l’ha definita l’arcivescovo Cesare Nosiglia domenica 20 marzo quando ha voluto a sorpresa presiedere qui una delle sue ultime Messe alla guida della diocesi, è ospitato da 14 anni il Gruppo ecumenico di preghiera seguito dai Missionari della Consolata, l’unica esperienza nella Chiesa subalpina con 60 famiglie nigeriane cattoliche e pentecostali.

E la Veglia, in cui sono stati battezzati tre adolescentiCourage con Maxwell e Angel figli di Merit (che si sta preparando al Battesimo per l’anno prossimo) – e il neonato Kelvin, è stato il coronamento di un cammino iniziato lo scorso anno insieme ai genitori del piccolo Emanuele, che hanno chiesto al parroco don Angelo Zucchi di battezzare il figlio.

E così padre John NKinhga, missionario della Consolata originario del Kenya e cappellano del Gruppo ecumenico, ha proposto di inserire nel cammino di catecumenato anche Merit con i suoi figli e Courage. Strada facendo si è unita anche la famiglia del nuovo arrivato Kevin e, dopo il Battesimo di Emanuele l’8 dicembre scorso, don Angelo, padre John e Samantha, catechista del Gruppo ecumenico con i catechisti della parrocchia, hanno proseguito la preparazione al battesimo con i catecumeni nigeriani.

E si è arrivati alla Veglia, animata dai canti africani e italiani dove, fra la commozione di tutta la comunità in una chiesa gremita, il Battesimo dei tre adolescenti e del piccolo Kevin rimarrà scolpito nella storia di questa parrocchia che ha come slogan “Il centro della periferia” perché, con una mensa per chi non ha pane, una casa di accoglienza per senza fissa dimora dove verrà ospitata una famiglia di profughi ucraini e un oratorio “multietnico” è l’esempio che l’accoglienza nel rispetto delle diversità è possibile e arricchisce tutti.

«Il Sinodo avviato da papa Francesco non è solo convegni e riunioni seppur necessari – commenta padre John – ma come dice il Papa è anche mettere insieme voci diverse che fanno una sinfonia. Questo sta succedendo al Cafasso: grazie a don Angelo e ai suoi collaboratori siamo stati accolti e ora dopo tanti anni non siamo più ospiti ma ci sentiamo a casa, siamo una famiglia, italiani e nigeriani, uniti dalla fede e dal Battesimo che abbiamo celebrato e rinnovato questa notte».

«Gesù è il germoglio spuntato dalla radice di Jesse – conclude il parroco –. Queste famiglie nigeriane sono il germoglio che è spuntato dalla radice di san Giuseppe Cafasso: suo nipote, il beato Giuseppe Allamano, ha fondato i Missionari della Consolata che hanno portato il Vangelo ai nonni di padre John che è venuto in Italia a fare il missionario ed è finito proprio nella parrocchia del Cafasso: è donando che si riceve. Questi battesimi sono per la nostra comunità un dono tanto desiderato quanto inaspettato: segno che il Signore non si lascia vincere in fantasia: sa stupire con effetti speciali, sa inventare strade nuove» (Marina Lomunno)






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