giovedì 6 agosto 2020
Il presidente della Cei: la Chiesa italiana è accanto a questo amato Paese, dove si declina la cultura dell'incontro, esempio di fraternità per il mondo intero
Le macerie di Beirut

Le macerie di Beirut - Ansa

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Sono profondamente turbato per la tragedia che ha colpito la capitale del Libano, Beirut. La mia preghiera va alle vittime, ai loro famigliari e alle migliaia di feriti. La Chiesa italiana è accanto al Libano anche in questo frangente così drammatico. Lo è da anni con interventi di carità e di sviluppo socio-economico che hanno voluto sostenere questo amato Paese dove si custodisce un luminoso “segreto” che lo rende unico agli occhi dell’Occidente e dell’Oriente: il “segreto” del vivere insieme.

Vedere vivere insieme cristiani, musulmani, drusi è fonte di speranza perché la diversità non sia qualcosa che divide ma un elemento imprescindibile che ci permette di crescere reciprocamente. Non solo.

Il Libano ci insegna anche come declinare nel concreto la “cultura dell’incontro” avendo accolto in questi anni milioni di persone, uomini, donne e bambini, fuggite dalla guerra in Siria e in Iraq. E ci ripete che nel cuore di Dio nessuno è straniero o nemico.

Il Libano è una nazione che mi è particolarmente cara: l’ho visitata nel 2018 ed è stata uno dei protagonisti dell’Incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” che si è svolto a Bari lo scorso febbraio. L’appuntamento che ha riunito i vescovi di tutti Paesi affacciati sul grande mare ha testimoniato che il Mediterraneo è un’unica grande famiglia e che le sue sponde sono unite l’una con l’altra da vincoli storici, culturali, religiosi.

È proprio questo spirito di fraternità al centro dell’incontro in Puglia che deve manifestarsi in questo momento di prova tremenda. Ci sentiamo vicini ai nostri fratelli libanesi che negli ultimi mesi hanno sperimentato una preoccupante instabilità politica e una profonda crisi economica. Una lunga storia unisce l’Italia e il Libano.

Una storia di relazioni nel campo dell’arte, dell’architettura, dell’educazione e della vita religiosa. Questa collaborazione deve farsi più intensa e concreta adesso perché l’immagine di concordia che questo Paese mostra possa continuare ad essere un esempio per il mondo intero e possa ispirare cammini di fraternità in un momento storico come l’attuale in cui le tenebre sembrano prendere il posto della luce e nelle zone dove le tensioni di natura politica e religiosa sono purtroppo all’ordine del giorno.

Cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Presidente della Cei

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