mercoledì 5 agosto 2020
La capitale libanese devastata da 2.750 tonnellate di nitrato sequestrato da una nave nel 2014 e incustodito. I morti sono saliti a 135, 5.000 i feriti. La preghiera del Papa e la vicinanza della Cei
Il porto di Beirut distrutto

Il porto di Beirut distrutto - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

Dopo un giorno e mezzo dalla terribile esplosione che, martedì pomeriggio, ha fatto saltare metà Beirut, provocando un assordante boato udito fino a Nicosia, sull'isola di Cipro, distante più di 240 chilometri e un urto pari a quello di un terremoto di magnitudo 4,5 nella capitale libanese, il conto dei morti e dei feriti peggiora ogni ora. Sono almeno 135 i cittadini scomparsi e altrettanti i dispersi e 5000, per ora almeno, i feriti. I soccorritori sono ancora al lavoro tra le macerie, gli abitanti si sono rimboccati le maniche per ripulire le strade dai detriti.

Intanto, cresce la rabbia degli abitanti contro lo Stato libanese, in quella che viene vista come l'ennesima, tragica, dimostrazione di un governo corrotto e inefficiente. Qualche funzionario in giro a valutare i danni c'è, ma i giovani sono molti di piu, organizzati in piccoli gruppi per liberare le strade da detriti e vetri rotti, ma anche impegnati a sostegno di anziani e disabili che hanno avuto le case danneggiate. Nel Paese si sono moltiplicate le offerte di ospitare famiglie di Beirut e il patriarcato maronita ha annunciato l'apertura dei suoi monasteri e scuole religiose come rifugi. Sono stati allestiti tavoli con cibo e bottiglie d'acqua donate e imprese si sono offerte di sistemare i danni a porte e finestre a prezzi scontati e addirittura gratis. Nel mondo la diaspora libanese - quasi tre volte il numero di abitanti del Paese dei Cedri - si è attivata per inviare aiuti e fornire assistenza a chi è rimasto ferito o ha perso la casa.

L'Organizzazione mondiale della sanità ha fatto sapere che sono arrivate a Beirut 20 tonnellate di materiale sanitario per l'assistenza medica alle migliaia di persone rimaste ferite dalla devastante esplosione di martedì. Il materiale, sufficente per 1.000 interventi di traumatologia e altrettanti chirurgici, verrà distribuito negli ospedali del Libano dove sono ricoverati i pazienti rimasti feriti a Beirut. "La leggendaria resilienza del popolo libanese è stata raramente messa a così dura prova", afferma una nota dell'Oms.

Tre ospedali della capitale libanese, infatti, sono stati messi fuori uso dalla potente esplosione e due sono parzialmente danneggiati. Anche dall'Italia sono arrivati soccorsi. Dall'aeroporto militare di Pisa, nell'ambito del Meccanismo europeo di protezione civile, è partito un team di 14 esperti dei vigili del fuoco che è atterrato alle 5 (ora locale) a Beirut. Trasportati personale e mezzi con un C-130 dell'Aeronautica Militare.

Il team a è a disposizione delle autorità locali per l'inizio delle operazioni di aiuto. In Libano i tecnici del Corpo nazionale assicureranno supporto tecnico sul fronte del rischio chimico, mediante speciali dotazioni in possesso dei nuclei NBCR avanzati di Roma, Torino, Venezia e Milano."Quasi la metà di Beirut è distrutta o danneggiata", ha affermato il governatore della capitale libanese, Marwan Abboud. Una catastrofe paragonabile a un terremoto di magnitudo 3.3, secondo i dati forniti dal servizio geologico statunitense Usgs, che ha provocato danni per un valore di 3-5 miliardi di dollari e almeno 300.000 sfollati.

Distrutto anche l'edificio dove erano conservate le riserve strategiche di grano per tutto il Libano che sono andate perdute. La gran parte del porto è distrutta. Non esiste più l'infrastruttura attraverso cui transitava il 70% delle derrate per il Paese. Nella città è stato proclamato lo stato d'emergenza per due settimane.

La Farnesina sta monitorando l'eventuale coinvolgimento di altri italiani che, per il momento, non risulta. E' rimasto ferito, infatti, a un braccio, durante l'esplosione, Roberto Caldarulo, il caporalmaggiore dell'Esercito del contingente Unifil, Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite. Il militare non è in condizioni gravi. Di Bari e residente a Palombaio, frazione di Bitonto, Caldarulo era in servizio dal 2013 ed era stato assegnato ai servizi logistici di trasporto per le missioni all'estero per il cosiddetto "Battaglione Gestione Transitò".

Ferita gravemente anche, secondo quanto riportato dalla Bbc, la moglie dell'ambasciatore olandese. L'Onu ha confermato che 100 membri del suo staff sono stati feriti.Gli ospedali di Beirut sono entrati immediatamente in crisi, investiti dall'ondata immane di feriti. In uno solo di questi, l'Hotel Dieu, sono giunte 500 persone bisognose di cure urgenti.

Anche se il presidente, Michel Aoun, ha definito "inaccettabile" il fatto che 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio siano rimaste immagazzinate per sei anni nel porto di Beirut senza misure di sicurezza pochi credono alla tesi dell'incidente. Secondo l'emittente libanese Mtv l'esplosivo sarebbe stato sequestrato nel 2014 da una nave che avrebbe dovuto dirigersi verso lo Zambia. Da allora l'ex direttore della dogana Shafiq Marei e l'attuale Badri Daher avevano più volte sollecitato la rimozione del materiale per il pericolo che rappresentava, ma senza ricevere una risposta.

Il magazzino in questione si trovava a pochi minuti a piedi dai quartieri dello shopping e della vita notturna di Beirut, tanto che alcuni parlavano del deposito come di una "bomba a orologeria". Fonti israeliane hanno anche suggerito che quel magazzino venisse utilizzato da Hezbollah, facendo balenare l'ipotesi di un attentato. Il partito dell'ex premier Saad Hariri ha chiesto una partecipazione internazionale all'indagine sulle cause dell'esplosione. "Affinché i libanesi possano arrivare a un'indagine trasparente è necessaria una partecipazione internazionale e di esperti in grado di scoprire la verità e rendere giustizia a Beirut e ai suoi cittadini", scrive il partito sunnita.

Diab ha chiesto sostegno alle nazioni amiche, e tra i primi a rispondere è stato il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte che ha promesso il sostegno dell'Italia. Anche Israele ha offerto aiuti umanitari e l'Ue si è detta pronta a fornire assistenza così come Germania e Francia. Nella città di Beirut sono in corso scontri, durante i quali vi sono stati feriti, tra i sostenitori di Saad Hariri e altri manifestanti dopo la visita dell'ex primo ministro nel luogo dove ieri sono avvenute le esplosioni. I sostenitori di Hariri, infatti, avrebbero preso d'assalto un centro di assistenza messo in piedi da alcuni cittadini per raccogliere vestiti e coperte da destinare alle persone colpite dalle esplosioni.

UN APPELLO DEL PATRIARCA D'ANTIOCHIA PER GLI AIUTI

A lanciare "un appello agli Stati del mondo"​ perché aiutino il Libano è stato il cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca d'Antiochia e di tutto l'Oriente, presidente dell'Assemblea dei patriarchi e vescovi cattolici del Libano. "Beirut è una città devastata- scrive il cardinale nel suo appello inviato all'agenzia 'Sir'- è una catastrofe. Beirut, la sposa dell'Est e il faro dell'Ovest, è ferita". Anche la Chiesa, viene sottolineato nell'appello, nonostante abbia creato "una rete di soccorso" in tutto il territorio libanese, "oggi si trova di fronte a un nuovo grande impegno che non è in grado di assumere da sola, pur essendo totalmente solidale con gli afflitti, le famiglie delle vittime, dei feriti e degli sfollati, che è pronta ad accogliere nelle proprie strutture".

Oltre alla profonda crisi economica che ha devastato il paese il Libano è alle prese con un ritorno dei contagi da coronavirus che hanno indotto il governo a reintrodurre misure restrittive. Venerdì inoltre è attesa la sentenza del Tribunale speciale per il Libano (Tsl), con sede all'Aja, sull'omicidio dell'ex premier Rafiq Hariri, ucciso il 14 febbraio del 2005 con altre 21 persone. Intanto il Consiglio supremo della difesa libanese ha chiesto l'apertura di un'indagine sulle circostanze delle esplosioni.

Anche il ministro dell'economia libanese Raoul Nehme ha lanciato una richiesta di aiuto. "La capacità dello Stato è molto limitata, così come quella della Banca centrale e delle banche", ha detto.

A ricordare la tragedia del Libano, durante l'udienza generale di mercoledi scorso, è stato papa Francesco che ha detto: "Ieri a Beirut, nella zona del porto, delle fortissime esplosioni hanno causato decine di morti, migliaia di feriti e molte gravi distruzioni. Preghiamo per le vittime e per i loro familiari, e preghiamo per il Libano, perché con l'impegno di tutte le sue componenti sociali politiche e religiose possa affrontare questo momento così tragico e doloroso, e con l'aiuto della comunità internazionale superare la grave crisi che sta attraversando".

In un messaggio invitato al Presidente della Repubblica Libanese Michel Aoun il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scritto di: "aver appreso e seguire con profonda tristezza la notizia delle esplosioni verificatesi a Beirut nelle ultime ore. Nel farmi interprete dei sentimenti di vicinanza e solidarietà del popolo italiano, desidero far pervenire le espressioni del più sentito cordoglio dell'Italia tutta e porgere, anche a nome mio personale, le più sincere condoglianze". "In questa dolorosa circostanza ci stringiamo con affetto all'amico popolo libanese", dice ancora il capo dello Stato," il nostro pensiero va alle numerosissime vittime della terribile tragedia e alle loro famiglie, mentre con viva speranza auguriamo ai feriti un pronto e completo ristabilimento". La Cei ha espresso cordoglio e vicinanza alla popolazione libanese.

LA FRANCIA CORRE IN AIUTO

iL presidente francese, Emmanuel Macron, è arrivato a Beirut dove incontrerà l'omologo libanese Michel Aoun e il primo ministro Hassan Diab. La Francia, ieri, ha inviato tre aerei con aiuti umanitari.

IL RISCHIO DI UNA SECONDA ESPLOSIONE AD HAIFA

Il ministro israeliano per la Protezione dell'ambiente Gila Gamliel ha avvertito del rischio che anche nei depositi chimici del porto di Haifa si possa verificare "un evento catastrofico" simile a quello di ieri a Beirut. "Il problema è che c'è una popolazione che vive molto concentrata nella zona dove si trovano fabbriche che lavorano sostanze pericolose che potrebbero
essere potenzialmente letali", ha dichiarato Gamliel.

IL CORDOGLIO DI CARITAS ITALIANA E DI CARITAS INTERNATIONALIS

Caritas Italiana ha espresso "profondo cordoglio e solidarietà per la popolazione colpita dalla tremenda esplosione", avvenuta a Beirut, e. ha espresso vicinanza e solidarietà a Caritas Libano, con cui collabora attivamente da molti anni, e che è pronta a "sostenere per assistere nei bisogni più urgenti la popolazione colpita da questa nuova catastrofe".

"Nelle ultime ore a preoccupare maggiormente è l'emergenza sanitaria, già aggravata dal Covid-19. Sono almeno quattro gli ospedali colpiti tra cui il più grande della città gravemente danneggiato", ha dichiarato ancora Caritas. La Caritas Internationalis in poche ore si è mobilitata e ha messo in piedi un piano immediato di emergenza per aiutare i sopravvissuti alle esplosioni avvenute ieri pomeriggio a Beirut, in Libano.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: