venerdì 13 settembre 2013
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Più di un secolo di storia. Grandi contributi alla vita del Paese (un esempio per tutti: le idee poi confluite nella Costituente repubblicana) e qualche dolorosa interruzione. Poi la ripresa del cammino per una nuova stagione di impegno a partire dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Questa in estrema sintesi la vicenda delle Settimane sociali dei Cattolici italiani. Un appuntamento che ha dimostrato in tutta la sua storia di essere un eccezionale laboratorio di proposte per il bene comune. Lavoro, scuola, condizione della donna, famiglia, riforme istituzionali e ruolo dell’Italia sullo scenario internazionale. I temi, a passare in rassegna le diverse edizioni, si ripropongono in maniera più o meno ciclica. E creano dunque quella continuità che dal 1907, anno della prima Settimana di Pistoia, giunge fino ai nostri giorni.
L’iniziativa di Giuseppe Toniolo, ora beato, prese infatti ben presto piede ed ebbe luogo ogni anno fino alla Prima guerra mondiale. Poi, a partire dal 1927, un ruolo importante nell’organizzazione delle Settimane Sociali fu assunto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. La prima interruzione arrivò nel 1935 a causa degli attriti con il regime fascista, e si protrasse, anche per la guerra, fino al 1945. Da quell’anno le Settimane Sociali continuarono ad accompagnare l’evoluzione della società e della Chiesa italiana fino al 1970, quando si arrivò alla seconda e più lunga sospensione. Ci sarebbero voluti ben 21 anni prima che si ricominciasse, sulla scia del Convegno ecclesiale di Loreto (1985). Tre anni dopo la Cei pubblicò la nota pastorale dal titolo “Ripristino e rinnovamento delle Settimane Sociali dei cattolici italiani” e avviò così il concreto iter che avrebbe portato alla ripresa della celebrazione delle Settimane. Da allora il Comitato scientifico e organizzatore, appositamente costituito e più volte rinnovato, ha sempre proposto temi di grande attualità.
Nel 1991 a Roma, a due anni di distanza dalla caduta del muro di Berlino, si parlò de “I cattolici italiani e la nuova giovinezza dell’Europa”; nel 1993 a Torino (in pieno passaggio dalla prima a alla cosiddetta “seconda Repubblica”) di “Identità nazionale, democrazia e bene comune” e nel 1999 a Napoli (sull’onda di una transizione mai completata del tutto) di “Quale società civile per l’Italia di domani?”. Cambia tutto con il nuovo millennio. La prima edizione post giubilare fu infatti quella del 2004 a Bologna, in un contesto interno e internazionale segnato dall’irrompere su scala planetaria del terrorismo di matrice islamica e delle conseguenti misure di forza per reprimerlo. “Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”, fu dunque il tema dell’appuntamento bolognese, in cui non mancò un aperto confronto tra punti di vista anche legittimamente diversi. Si arriva così alla 45ª Settimana Sociale del 2007, data evidentemente non scelta a caso.
L’edizione apertasi il 18 ottobre di quell’anno nella Cattedrale di Pistoia visse infatti da una parte sulla commemorazione dei cento anni della prima edizione svoltasi come già detto nella stessa città toscana, e dall’altra vide gli oltre mille delegati confrontarsi nei giorni seguenti a Pisa sul tema “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”. «Il bene comune - affermò Giuseppe Dalla Torre nelle conclusioni - non può essere perseguito attraverso una parcellizzazione di interventi settoriali né solo destinati alla persona avulsa dal suo ambiente, dalle formazioni sociali di cui fa parte». Inoltre la necessità «della società civile quale protagonista ineliminabile di ogni azione realmente tendente al bene comune non significa proporre irragionevoli visioni antistatalistiche.
La società civile si pone come terzo ambito tra Stato e mercato: ma questi due debbono sussistere e godere di buona salute. Lo stesso dicasi per la politica che è - o dovrebbe essere - azione di coordinamento e di promozione del perseguimento del bene comune». Notazioni, queste, che hanno fatto in un certo senso da apripista alla successiva edizione, quella di Reggio Calabria del 2010 sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. E in quell’agenda, come ricorda il documento finale, «c’è la convinzione che in Italia esistono imprese e lavoratori disposti a intraprendere senza timore del mercato ma anzi promuovendolo; ci sono adulti capaci di svolgere la funzione di autorità che serve all’educare». E soprattutto «ci sono energie che possono sviluppare il loro impulso» positivo. Ora l’eredità di Reggio Calabria si trasmette a Torino. E l’agenda sarà riscritta a partire dalla famiglia.
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