Trentini recluso da un anno senza un perché

Lo sforzo diplomatico non è servito a liberare il cooperante veneziano arrestato il 15 novembre del 2025 in Venezuela, Caracas lo usa come arma negoziale
November 14, 2025
Trentini recluso da un anno senza un perché
Militanti del Comitato Alberto Trentini Libero, durante il flash mod per chiedere la liberazione del cooperante veneziano detenuto nel carcere di Caracas, Venezia 11 maggio 2025. © ANDREA MEROLA
«Il meno implicato di tutti». La frase coniata da Leonardo Sciascia – citando Pier Paolo Pasolini – per denunciare la contraddizione dietro il tragico epilogo del sequestro Moro, aiuta a fare chiarezza nell'intricata vicenda di Alberto Trentini, recluso da un anno, senza accuse, nel maxi-carcere venezuelano de El Rodeo I, dove è privo di comunicazioni, tranne per quelle tre chiamate di eccezione, dilazionate in dodici mesi, ai familiari. Alberto è stato arrestato il 15 novembre 2024 in Venezuela, mentre aiutava persone disabili.
Erano passati pochi mesi dopo la controversa elezione presidenziale di fine luglio 2024, e Maduro, pur avendo consolidato il proprio potere, temeva l'eventuale piano B delle opposizioni: incursioni, rivolte militari, colpi di Stato. I loro possibili complici, stando alla narrazione di Caracas: gli Stati Uniti e i ventisette Paesi dell'Ue, colpevoli di non riconoscere la rielezione del delfino di Chávez, finora mai dimostrata con i verbali di scrutinio. Parte così un ciclo di detenzioni arbitrarie negli aeroporti, nei confini e in altri punti nevralgici del Venezuela. Molti dei detenuti sono stranieri: statunitensi – ora liberi –, svizzeri, spagnoli, colombiani e anche italiani. Tutte pedine di scambio con i loro relativi governi.
Questa sorte è toccata anche a Trentini, preso di mira perché - a differenza di altri connazionali reclusi da Maduro – non è implicato, per nulla, nella confusa vicenda politica che da anni flagella il Paese. Questione di stile: mai scambiare repressione politica, come fanno in tanti, e diplomazia degli ostaggi, che viaggiano su binari di trattativa paralleli. Trentini è quindi diventato ostaggio di Caracas, che ha colto l'occasione per ridisegnare i rapporti di forza con Palazzo Chigi.
Tant'è che nell'ultimo mese l’Italia ha ricevuto un paio di delegazioni provenienti dal Venezuela – grazie anche alla mediazione dell’inviato speciale, il diplomatico Luigi Maria Vignali – chiudendo un occhio in materia di sanzioni Ue e sulla contestata legittimità di Maduro come presidente del Paese sudamericano. Prima al vertice Italia-America Latina. Poi alla canonizzazione di José Gregorio Hernández e di madre Carmen Rendiles. Lo scopo, lo sapevano tutti: riportare a casa il cooperante. Ma anche ottenere il rilascio di altri italiani trattenuti da Caracas, tra cui il giornalista con doppio passaporto Biagio Pilieri.
Persino il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, aveva esortato le autorità venezuelane a «non lasciar passare il kairos» rappresentato dalle canonizzazioni dei primi santi venezuelani, ad «aprire le prigioni ingiuste» e «liberare gli oppressi».
Le delegazioni sono però rientrate a Caracas «a pancia piena», senza rilasciare Alberto. Eppure, dal Venezuela ne avevano ipotizzato la scarcerazione, anche in tempi brevi. Ma al momento l'accordo non è stato rispettato.
L'operatore umanitario resta in cella. I genitori, Armanda Colusso ed Ezio Trentini e la loro legale, Alessandra Ballerini, lo aspettano, ma è tutto sotto stallo. Fonti consultate da Avvenire hanno poi constatato le responsabilità dei negoziatori, anche italiani, che sono entrati in campo accreditandosi come interlocutori di Maduro senza però portare a casa il cooperante. Spuntano anche faccendieri che, dall'altra parte dell'Oceano, dicono di rappresentarlo legalmente.
Trattasi di persone vicine ad ambienti di Intelligence venezuelana e soggetti affini ai circuiti di affari del Chavismo, che sono arrivati persino a introdurre un ricorso non autorizzato dalla famiglia Trentini alla Commissione interamericana dei diritti umani, al fine di politicizzare la vicenda. E magari di guadagnarci sopra.
Nessuna trama comune, nella vicenda Trentini, bensì un'accozzaglia di interessi che tiene prigioniero il cooperante, anche attraverso operazioni di depistaggio, con tanto di articoli pilotati, come la falsa pista dell'ex-magnate di Pdvsa Rafael Ramírez, che lui stesso ha smentito ad Avvenire, poiché non è oggetto di interesse né di vendette da parte di Caracas.
A questo punto lo scandalo va ben oltre la diplomazia degli ostaggi, su cui l'Italia pare abbia già fatto la propria parte, e trasforma la vicenda Trentini – con la sua vita di mezzo, e due Stati coinvolti – in un affare prettamente privato. Nel frattempo, Armanda strappa, anche oggi, un altro foglio dal calendario: Alberto non c'è, e non si sa quando torna.

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