Il Codice del Terzo Settore banco di prova per gli enti religiosi
Entrerà a regime con l'inizio del 2026 e sarà occasione di confronto tra due Ordini, quello religioso e quello civile, in cerca di equilibrio tra riconoscimento e autonomia

L’entrata a regime del Codice del Terzo Settore prevista con l’inizio del 2026 sta provocando presso molti enti religiosi riflessioni e discussioni complesse e talvolta faticose, spesso centrate su dettagli di natura fiscale, organizzativa e giuridica. Si tratta di un approccio comprensibile, ma che sarebbe opportuno inquadrare in uno scenario ampio, partendo dalle originarie intuizioni carismatiche, e ragionando sull’evoluzione del contesto storico in cui esse si sono sviluppate, così da orientare al meglio valutazioni e scelte.
Il tema dell’adeguamento al Codice del Terzo Settore non è altro che l’ultima tappa (per ora) di una lunghissima storia che ha visto l’Ordine religioso confrontarsi con l’Ordine civile, e che affonda la propria radice nell’evangelico “dare a Cesare quel che è di Cesare, dare a Dio quel che è di Dio”: un confronto che ha visto vicende storiche altalenanti, a tratti drammatiche, che abbiamo appreso già sui banchi di scuola. Basti pensare alla Lotta per le Investiture o alla lunga vicenda legata alla nascita e all’affermarsi dello Stato italiano, sino al Concordato, e poi ancora alla genesi dello Stato democratico, unitamente alle numerose vicende legislative che hanno visto le istituzioni religiose confrontarsi con la nascita di istituzioni civili regolate da leggi ad hoc (ad esempio quella fiscale dell’8 per mille).
Il dato costante del confronto tra i due Ordini è sempre stato quello dell’equilibrio da trovare tra riconoscimento e autonomia, a fronte dell’inevitabile introduzione, da parte dell’apparato civile, di normative ad un tempo abilitanti e cogenti. Questo vale anche per il Codice del Terzo Settore, che riconosce nell’ente religioso un soggetto costitutivo di quell’ampia gamma di organizzazioni private che operano con finalità di interesse generale e, al tempo stesso, ne stabilisce alcune regole di assetto e funzionamento, soprattutto per le attività di produzione di servizi, così da equipararli alle altre forme organizzative.
Credo che questa nuova occasione di confronto vada supportata da due riflessioni. La prima riguarda il principio di Sussidiarietà, in particolare la cosiddetta sussidiarietà orizzontale. Dopo, la sua introduzione nel 2001 nella Carta costituzionale, il Codice del Terzo Settore ne costituisce la prima legge organica di attuazione. Ma se andiamo a ritroso nella storia, sappiano che questo principio trova il proprio fondamento nella Dottrina sociale della Chiesa, nella quale, alla fine dell’800, fu proposto come elemento base di un ordine civile capace di rispettare e valorizzare la libertà e la capacità di solidarietà sociale dei cittadini e delle loro organizzazioni. Dopo quasi 150 anni, attraverso un percorso tortuoso e discontinuo, lo Stato italiano ha sostanziato questo principio in un “codice” di ampio respiro istituzionale: un passaggio a mio parere molto significativo, anche a fronte di tante discussioni storico/teoriche sulle “radici cristiane” delle forme della nostra convivenza civile, a patto che il mondo cattolico e le sue istituzioni lo sappiano vivere e interpretare col dovuto protagonismo culturale e civile, e perché no, anche con una punta di orgoglio.
La seconda considerazione si sostanzia nella domanda se, da parte delle organizzazioni religiose, il “dare a Cesare”, cioè all’Ordine civile, ciò che gli è proprio non costituisca una provvidenziale occasione per meglio “dare a Dio” ciò che sono chiamate a dare, in ragione dei carismi che ne hanno visto la nascita. Il nuovo scenario, infatti, potrebbe costituire un’importante opportunità per definire assetti che aiutino la missione spirituale e pastorale a dispiegarsi, grazie ad una migliore configurazione dei profili organizzativi ed economici che ne caratterizzano l’esercizio. Questione che sollecita alle organizzazioni religiose quell’opera di discernimento per la quale il documento della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica “Economia a servizio del carisma e della missioni” ha fornito preziosi strumenti e criteri, già nel 2018. Forse in questo passaggio complesso determinato dall’avvento del Codice del Terzo Settore è contenuto un elemento provvidenziale che potrebbe fecondare le riflessioni sulla propria identità nel contesto attuale, e sulla strada da prendere per rinnovare la propria azione pastorale, ridimensionando quelle relative agli arbitraggi riguardo a eventuali convenienze fiscali e ai regimi di proprietà e controllo.
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