L'effimera bellezza dei Presepi di sabbia

di Lucia Bellaspiga
Artisti da tutto il mondo a Jesolo per la rassegna quest'anno dedicata agli 800 anni del Cantico delle Creature
December 20, 2025
L'effimera bellezza dei Presepi di sabbia
L'immagine della natività nell'edizione 2025 dei presepi di sabbia a Jesolo
«Non esiste un’arte più contemporanea di questa: sculture meravigliose, che fino a tre mesi fa non esistevano, tra poche settimane non esisteranno più, sgretolate…». Il critico d’arte Phil Mer (batterista notissimo, ricercato dai più importanti gruppi musicali) dà un senso profondo alle monumentali sculture di sabbia del tradizionale Jesolo Sand Nativity (JSN) – quest’anno dedicato al Cantico delle Creature che san Francesco compose 800 anni fa – realizzate da quindici artisti internazionali: «La Cappella degli Scrovegni di Giotto magari non l’abbiamo ancora vista perché sappiamo che è lì da 700 anni e presumibilmente tra 700 anni ci sarà ancora, ma qui di tempo non ce n’è, dobbiamo accorrere. Questo in fondo è anche un monito per noi a vivere intensamente l’ora, il qui, l’adesso».
Per creare le scene, gli artisti hanno utilizzato 1.500 tonnellate della speciale sabbia adriatica di origine dolomitica, prima bagnata e pressata, poi scolpita come si fa con i blocchi di marmo, infine cesellata nei minimi dettagli (tessuti, visi, mani, vene, rocce, architetture, animali, persino il vento e la luce). Il risultato è la tentazione di toccare per credere che davvero tutto questo sia sabbia e acqua, non una goccia di colla. «È un presepe che non ha eguali, è il più bello del mondo», aveva esclamato papa Francesco nel 2018, quando la scena della Natività fu installata anche in piazza San Pietro. E i 2 milioni di persone che lo hanno visitato a Jesolo nelle 23 edizioni complessive raccontano di un successo in continua crescita, dovuto anche a quello che Phil Mer definisce «l’impressionante contrasto tra la monumentalità delle scene e l’effimero della sabbia che le compone». Ma c’è dell’altro: «Sono opere in cui l’abilità tecnica di lavorare la materia torna ad essere centrale – rileva il critico –, chi davanti alla ormai celebre “Banana” di Cattelan ironizza e dice “saprei farla anch’io”, beh, qui trova pane per i suoi denti, queste opere escono dal genio di grandissimi artisti».
Caposquadra è lo scultore canadese David Ducharme, che ha coordinato colleghi provenienti da Paesi Bassi, Russia, Repubblica Ceca, Italia, Ucraina, Inghilterra, Portogallo, Belgio e Lettonia. «È un concetto d’arte che discende direttamente dal Rinascimento – nota Mer –, c’è un committente mecenate, che è il Comune di Jesolo, c’è un significato, che è quello universale discendente dal Cantico delle Creature e dalla Natività di Gesù, e poi c’è il genio dell’artista che si fa veicolo del messaggio». La prima scultura all’ingresso della mostra, intitolata “Contesto storico” (Ucraina), immette il visitatore nell’epoca di Francesco, con le sue tensioni politiche e religiose. La Chiesa, troppo ricca e potente, era attraversata da un desiderio di rinnovamento spirituale, dunque l’imponente statua di papa Innocenzo III è circondata da architetture gotiche che stilizzano la Croce di Cristo, bellissima ma incurvata sotto il peso della frattura tra fede e potere. Ne consegue la seconda scena, “La scelta radicale di San Francesco” (Repubblica Ceca), con un Francesco già povero, seduto tra rocce dal sapore giottesco mentre accarezza il lupo e il cervo, metafora del superamento del conflitto attraverso la fede, la compassione, l’armonia del creato.
Impressiona poi “La creazione ferita” (Belgio), che fa tutt’uno nella stessa montagna di sabbia con “Un mondo nuovo è possibile” (Italia): a sinistra una foresta uccisa dalla bramosia umana che ha spezzato l’armonia tra uomo, Dio e creato. Ma a destra una ragazza corre a cavallo sotto il ginko biloba rifiorito e la foresta palpita di vita. In “Fratello sole”, invece, lo scultore portoghese riesce ad abbagliarci come se la sabbia si incendiasse e la statua di Francesco emerge potente al centro della luce che è amore universale. “Fratello vento” (Repubblica Ceca) è il respiro vitale che unisce cielo e terra, mentre grazie a “Sorella acqua e Fratello fuoco” (Paesi Bassi) – ossimoro per eccellenza – la vita trionfa (su una foglia di loto una rana sembra vera, pronta a spiccare il salto). “Madre Terra” (Inghilterra) è una gigantesca maternità che allatta, dal cui corpo sgorgano fonti e sbocciano turgide infiorescenze. “Sorella morte” (Paesi Bassi) non incute timore, lo scheletro e la fanciulla Vita si tengono per mano contemplando insieme l’esistenza di cui fanno parte. “Meraviglia” (Belgio) ritrae, in un fanciullo a bocca aperta di fronte alla natura, il bambino che è in tutti noi. Ma la più fotografata, insieme alla Natività finale, è la scultura “Sorella Luna e stelle” (Russia), “in celu l’ai formate clarite et pretiose et belle”, scrive Francesco nel Cantico: la Luna è una madre dormiente, le stelle i suoi due figli addormentati sotto di lei e le tre figure sono unite circolarmente dall’intreccio di mani, piedi e capelli, nella sinuosità delle stoffe e delle chiome. Infine il Presepe vero e proprio (Lettonia, Russia, Paesi Bassi), maestoso e tradizionale, la grotta illuminata dalla luce divina dello Spirito Santo e da quella terrena della lanterna in mano a san Giuseppe. I re Magi depongono non i soliti doni, ma tre saggezze dettate dal Cantico: la pace, la cura del creato, la protezione del clima. Nell’imponenza della scena, non sfugge la perfezione dei particolari, come le stoffe damascate dei Magi o il vello delle pecore, così realistico da sembrare vero.
“Si prega di toccare” è scritto solo di fronte a una statua creata apposta per i visitatori ciechi: «Per la scultura tattile è stato scelto significativamente un lupo, non un agnello – spiega Massimo Ambrosin, ideatore dell’evento –, la sfida è farci vicini a ciò che consideriamo più lontano da noi”. Una sfida ardita a se stesso e alla fragilità della sabbia anche per lo scultore canadese.
Dal 2002 lo Jesolo Sand Nativity (ingresso gratuito, aperto fino all’8 febbraio) ha raccolto offerte per 1 milione di euro, devoluto a opere di solidarietà in tutti i continenti. Perché l’evento fin dalle sue origini non punta solo al livello artistico, ma a un pensiero forte, che quest’anno unisce la cura della Casa comune, ispirata anche alla “Laudato si’” di papa Francesco, e il dialogo interreligioso di cui san Francesco fu grande anticipatore in Egitto, nell’incontro con il sultano Malik al-Kamil.
Non a caso l’inaugurazione della mostra, affidata agli studenti del Liceo classico “Montale” di San Donà di Piave, si è svolta con l’ascolto di testimoni di cultura ebraica, musulmana, cattolica, induista e buddista, e il ricordo di personaggi che hanno saputo ricostruire la relazione spezzata tra l’uomo e il creato: da La Pira a Gandhi, dal cardinale Martini a Rabin ad Arafat.

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